La proposta di legge del Pd (Zanda/Finocchiaro) di impedire la candidatura alle elezioni e l'accesso ai rimborsi elettorali ai movimenti e a tutte le associazioni senza personalità giuridica e senza uno statuto democratico pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, prima che demenziale è incostituzionale. Ferisce a morte un fondamentale diritto di libertà del cittadino, il diritto cioè di presentarsi alle elezioni (elettorato passivo) senz'altra condizione che quella di averne l'età richiesta. Per fare un esempio limite, io, Massimo Fini, potrei candidarmi alle elezioni senza avere alle spalle nè partiti, nè movimenti, nè associazioni, ma nient'altro che me stesso.
I rappresentanti del Pd affermano di aver avanzato la proposta «per dare piena attuazione all'articolo 49 della Costituzione». E' vero il contrario . L'art.49 recita: «Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». Il costituirsi in partito è una possibilità, un diritto, non un obbligo. Io posso «concorrere a determinare la politica nazionale» in mille altri modi. Potrebbe anzi essere messo in dubbio che i partiti siano autorizzati, in quanto tali, a candidarsi alle elezioni e non invece i singoli individui. Su questo punto l'articolo 49, che è l'unico in cui la Costituzione si occupa dei partiti, non dice assolutamente nulla. Anzi l'articolo 67 farebbe pensare il contrario quando dice: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». Il cittadino-parlamentare esercita le sue funzioni in quanto singolo e non dipende, nelle sue decisioni, da nessun partito o qualsivoglia altra organizzazione. Anche se poi sappiamo benissimo che, di fatto, i partiti si sono appropriati del Parlamento (oltre che di tutte le altre Istituzioni, delle Regioni, delle Province, dei Comuni e anche dell'industria pubblica, del parastato, della Rai Tv, delle Asl, degli ospedali, delle Spa comunali, dei porti, degli enti culturali, delle Mostre, delle Terme, dei Teatri, delle Aziende di soggiorno, dei conservatori, degli acquedotti) realizzando negli anni un 'golpe bianco' che va contro i principi fondanti della democrazia liberale. Non è un caso che i grandi teorici di questo sistema, da Locke a Mill, non parlino mai dei partiti, che fino al 1920 nessuna Costituzione liberal-democratica li prendesse in considerazione e che, come s'è detto, la nostra stessa Carta, pur nascendo dal Cln, cioè da una spartizione, ne faccia cenno in un solo articolo. Perchè il pensiero liberale voleva valorizzare capacità, meriti, potenzialità del singolo e non metterlo alla mercè di gruppi organizzati, inevitabilmente clientelari e spesso mafiosi. In questo senso è decisivo quanto ha detto la cosiddetta 'scuola elitista italiana' dei primi del Novecento (Gaetano Mosca, Vilfredo Pareto, Roberto Michels). Scrive Mosca ne 'La classe politica': «Cento che agiscano sempre di concerto e di intesa gli uni con gli altri trionferanno sempre su mille presi uno a uno che non avranno alcun accordo fra loro».
Non è nemmen vero che, come sostengono Zanda e Finocchiaro, i partiti debbano darsi uno statuto democratico. Sono delle associazioni private, non diverse, in questo, da una bocciofila o da un circolo di giocatori di bridge, che al proprio interno si danno l'organizzazione che preferiscono, che puo' essere anche autoritaria o carismatica o di qualsiasi altro genere non necessariamente democratico. E' all' 'esterno' che devono agire «con metodo democratico» cioè rispettando le leggi e le procedure della democrazia.
Grottesca è poi la motivazione che Anna Finocchiaro dà alla sua proposta: servirebbe a regolamentare il finanziamento pubblico ai partiti. I partiti, in quanto associazioni private, non hanno diritto ad alcun finanziamento pubblico, si autofinanzino da soli. Ma pur di non vedersi privare di questo indebito, e cospicuo, flusso di denaro, Finocchiaro and company sono disposti a varare una legge che metterebbe fuori gioco nove milioni di elettori (ma il discorso varrebbe anche se fosse privato del suo diritto all'elettorato passivo anche un solo cittadino). Questo sarebbe si' un vero colpo di Stato. A cui avremmo diritto di reagire con ogni mezzo. Con ogni mezzo. Chi ha orecchie per intendere intenda.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 23 maggio 2013