Un gigante. «Delinquente naturale», come lo ha definito il Tribunale di Milano, ma un gigante. In un colpo solo, con quella sua secca dichiarazione di fiducia al governo, li ha messi nel sacco tutti. Il buon Enrico Letta che si è quasi commosso alle parole del Cavaliere non aveva capito che gli aveva teso una trappola mortale. Se infatti fino a un minuto prima poteva contare di governare con una maggioranza contenuta ma sufficientemente solida e coesa, adesso governerà con una maggioranza molto più ampia ma avendoci ancora fra le palle Berlusconi, con la spada di Damocle dei suoi prevedibili ricatti. Ha messo nel sacco il Pd che, dopo le bordate indirizzate negli ultimi giorni al Cavaliere, pensandolo finito, adesso è costretto, volente o nolente, a governare con lui e perderà altri consensi della sua base che dell'uomo di Arcore non ne vuole proprio sapere. Ha messo nel sacco i suoi dissidenti, i 'diversamente berlusconiani', che adesso se lo ritrovano addosso pronto a consumare, con la spietatezza che gli è abituale, le proprie vendette (oppure se li ricomprerà ad uno ad uno, questi uomini di forte carattere e di ferrea moralità, con i mezzi persuasivi di cui dispone). Ha messo nel sacco Grillo che sperava di poter lucrare, con elezioni anticipate, sull'indecoroso spettacolo che Pdl e Pd avevano dato con i grotteschi e continui rinfacci di responsabilità. Ha messo nel sacco Napolitano: «Volevi un atto di responsabilità?Eccolo». Dopo aver tenuto in scacco il Paese, massacrandone ogni sorta di Istituzione, arrivando a sfiorare l'aperta eversione, adesso passerà per il 'salvatore della patria' (fra la gente, non per i giornali di regime, di ogni regime, dal Corriere alla Repubblica del nuovo Beato Scalfari, che parlano di 'resa' fingendo di non sapere cio' che ci aspetta). E poco importa se decade da senatore e fra pochi giorni dovrà andare ai servizi sociali o ai domiciliari. Berlusconi è in grado di giudare i suoi anche dal carcere, come i mafiosi.
Avendo capito che con la fiducia al governo Letta dei cosiddetti 'diversamente berlusconiani' sarebbe finito completamente fuori dal gioco, il Cavaliere ci ha messo un attimo a cambiare idea dalla sera alla mattina. Come ha sempre fatto. Il grande vantaggio che Berlusconi ha sempre avuto sui suoi avversari politici, laici e cattolici, è che questi, per quanto annacquati, devono tener conto, almeno in qualche misura, di un passato, di una storia, di una tradizione, di un retaggio, mentre lui non crede assolutamente a nulla tranne che a se stesso ed è spinto solo dal suo paranoico delirio di onnipotenza. Non gliene importa nulla dell'Italia («il mio Paese»), del suo stesso partito e, al limite, anche delle sue aziende. Non gliene potrebbe fregar di meno dell'Imu, dell'Iva, dei disoccupati, della legge di stabilità e di qualunque legge che si frapponga fra la realtà e questo delirio. E cio' gli dà le mani completamente libere e una spregiudicatezza, oltre che una velocità decisionale, che gli altri non si possono permettere, almeno fino ai limiti estremi cui lui la puo' spingere. Après moi le déluge. Il guaio è che sotto il diluvio ci stiamo noi.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 5 ottobre 2013