Hanno sbagliato due volte i Pd e i grillini a volere a tutti i costi la decadenza da senatore di Berlusconi in base alla legge Severino. Il primo errore è giuridico. La Severino prevede la decadenza del parlamentare condannato a più di due anni e tale decadenza si configura come una pena ulteriore rispetto a quella comminata dalla magistratura che potrebbe benissimo non comprendere l'interdizione dai pubblici uffici. La Severino non è quindi una norma amministrativa, è una legge penale e come tale irretroattiva se più sfavorevole al reo. Il secondo errore è politico. Perchè consente al Cavaliere di «interpretare» come diceva Montanelli «la parte che gli riesce meglio: quella della vittima». Non c'era alcun bisogno di affrettare i tempi dato che fra un paio di settimane la Cassazione non potrà che confermare i due anni di interdizione comminatigli, su indicazione della stessa Cassazione, dalla Corte d'Appello di Milano. In quanto alle famose 'carte americane' che lo scagionerebbero è singolare che Berlusconi le presenti solo ora quando ha avuto dieci anni di tempo per farlo. Ma quand'anche la magistratura decidesse di avviare un procedimento di revisione l'interdizione rimarrebbe fino a una molto eventuale sentenza di assoluzione.
Precisato questo le cose più gravi sono avvenute nei giorni precedenti la decadenza. E sono le dichiarazioni dello stesso Berlusconi. «Il Presidente della Repubblica non deve esitare un attimo a fare, senza che io lo richieda, un provvedimento che cancelli questa ignominia», cioè il suo affido ai servizi sociali (nemmeno Adriano Sofri si era spinto a tali livelli di impudenza). A parte che i servizi sociali se li è scelti lui, se li considera umilianti poteva decidere per i domiciliari, di una gravità inaudita è stata la contemporanea affermazione che la sua decadenza «si chiama colpo di Stato». Qui siamo all'attacco frontale alle Istituzioni dello Stato. Proviamo a seguire l'argomentare, chiamiamolo cosi', di Berlusconi nelle sue conseguenze. Se una sentenza dello Stato italiano, emessa in nome e per conto del popolo italiano, da tre giudici di primo grado, da altri tre d'Appello, di cinque della Cassazione, è, oltre che «criminale» come ha successivamente aggiunto il Cavaliere, «un colpo di Stato» vuol dire che non esiste più una magistratura legittimata ad emettere sentenze (nè vale coprirsi le pudenda affermando che non si è contro tutta la magistratura, ma solo contro una sua parte, bisogna rispettare i giudici che ci giudicano, è troppo facile, e ipocrita, rispettare i giudici che non ci giudicano). Significa la dissoluzione dello Stato, perlomeno dello Stato di diritto. E allora bisognerebbe avere la coerenza di aprire le carceri e liberare tutti i detenuti, perchè non esiste più uno Stato che ha titolo per tenerli dentro.
Il giorno prima della decadenza Berlusconi si era piegato all'umiliazione di chiedere aiuto ai Pd e ai 5 Stelle invocando rispetto per la sua persona, quando in vent'anni di tracotanza e di prepotenze non ha mai avuto rispetto per nessuno, nè per gli avversari politici («i signori della sinistra», «comunisti», «Di Pietro è un uomo che mi fa orrore», eccetera), nè per i suoi ex amici, nè per alcun altro. Quando fu linciato il suo fraterno amico Gheddafi («Raramente ho visto due uomini cosi' legati, cosi' affini, cosi' fratelli» aveva affermato il finanziere tunisino Tarak Ben Ammar) Berlusconi se la cavo' con la cinica frase: «Sic transit gloria mundi». Vale anche per lui.
Massimo Fini
Il Gazzettino, 29 novembre 2013