L'Europa unita è nata male. Doveva essere prima politica e poi economica. Questo la sapevano benissimo Adenauer, De Gasperi, Spaak che, nel dopoguerra, ebbero quell'idea. Ma sapevano altrettanto bene che gli americani non glielo avrebbero permesso. Del resto Washington si è sempre messa di traverso a ogni tentativo, in qualunque forma fosse espresso, di costituire un'unità europea. Quando a metà degli anni Ottanta Francia e Germania provarono a mettere in piedi un esercito franco-tedesco che doveva essere il primo nucleo di un esercito europeo, senza il quale non sarà mai possibile un'Europa veramente indipendente, gli americani si opposero e mandarono in fumo il progetto.
L'Europa quindi, attraverso lunghe e difficili tappe, si è formata come unione economica e, dal 2002, anche monetaria. E l'unione monetaria, priva di un centro politico formalizzato e legittimato, ha provocato problemi seri in vari Paesi. Ma è grottesco il tentativo dei partiti di scaricare, chi in maggior misura, la cosiddetta destra, chi in minore, la cosiddetta sinistra, il montante disagio italiano sull'euro e sull'Europa. I primi responsabili di quel disagio siamo noi e principalmente proprio quei partiti che oggi se ne lagnano o tentano di cavalcarlo. Deriva da trent'anni di una politica dissennata e malavitosa della nostra classe dirigente. Dalle pensioni di vecchiaia fasulle, dalle pensioni di invalidità false, dalle pensioni baby, dalle pensioni d'oro elargite negli anni Ottanta per ragioni clientelari e di scambio di voti. Dal sistema mafioso delle tangenti che, secondo i calcoli prudenziali di Giuliano Cazzola, ci è costato 630 miliardi, un quarto di quel debito pubblico che oggi è la principale causa delle nostre difficoltà in Europa. Mani Pulite fu l'ultima occasione. Il dernier appel. Ma non fu ascoltato. Al contrario, i magistrati divennero i veri colpevoli e i ladri le vittime. Cosi' le ruberie pubbliche sono continuate nelle forme più vergognose e umilianti e sono all'origine, come ha ammesso lo stesso Napolitano, di una protesta sempre più dilagante (astensione, grillismo, 'forconi').
Lunedi' sera nel salotto di 'Porta a Porta' c'erano Alemanno, Salvini, la Serracchiani oltre a Marcello Sorgi. La solita 'compagnia di giro' di politici e giornalisti complici. Ma Vespa ha avuto l'imprudenza di sentire, sia pur in collegamento, il contadino Danilo Calvani il leader del 'movimento 9 dicembre' il quale a ogni tentativo dell'insetto, come lo chiama Travaglio, di fare il pompiere («Fate proposte concrete. Cosi' non otterrete niente, nemmeno le dimissioni di un usciere») rispondeva invariabilmente: «Tutti a casa. Del resto parleremo dopo»). Ho cambiato canale e ho sentito Nichi Vendola parlare di «un miliardario che sfrutta il disagio della povera gente». Pensavo si riferisse a Berlusconi. Parlava invece di Grillo. Il movimento di Grillo è nato prima della protesta popolare, l'ha semplicemente anticipata e non sfrutta assolutamente nulla perchè ne fa parte. Il 'miliardario' Grillo ha una casa sulle colline di Genova e un'altra sotto Cecina nella parte meno prestigiosa del litorale toscano, belle case indubbiamente ma niente di sesquipedale e comunque frutto di decenni di un lavoro di successo, cosa che non si puo' dire di Vendola che è parlamentare dal 1992. Anche Nichi Vendola è uno di quelli da rottamare. «Tutti a casa».
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 21 dicembre 2013