Dopo il discorso di investitura di Matteo Renzi al Senato (quello alla Camera me lo sono risparmiato) autorevoli opinionisti si sono affannati sulla fondamentale questione: quale significato attribuire al fatto che il premier, durante il suo intervento si è messo le mani in tasca? Buon Dio, a questo è ridotta la politica italiana? A questi dettagli è affidato il destino di un Paese? I contenuti non contano più nulla, sono diventati una 'variabile indipendente'? Pare proprio di sì se, fra i tanti, sul Corriere anche Aldo Grasso in modo freddamente asettico e senza trovarvi alcunchè di negativo scrive: «A ben guardare gli argomenti che ha presentato nei suoi due discorsi contano molto poco, sono quasi un accessorio inevitabile quanto in fondo superfluo. La sola cosa che importava era il tono, la forma, la battuta».
Eh già, la 'politica spettacolo'. Di questa robaccia abbiamo fatto indigestione negli ultimi vent'anni, ovunque e soprattutto nei talk show la cui audience si è dimezzata, come dimezzata, o quasi, è la partecipazione al rito fondativo della democrazia, il voto, cosa che dovrebbe far meditare i nostri uomini politici, vecchi e nuovi.
Renzi, 'il nuovo', è la copia sbiadita dell' 'ex nuovo', Silvio Berlusconi. Come lui gioca tutto sull'immagine (ma quale immagine? Assomiglia a 'mister Bean' e ha gli occhi sfuggenti da serpente) come lui è supponente, arrogante, prepotente.
Ma fra 'il nuovo' e l' 'ex nuovo' c'è una fondamentale differenza, almeno all'origine. Anche se era stato il sodale economico di Bettino Craxi, considerato il principale responsabile del marciume della cosiddetta Prima Repubblica, Berlusconi, quando nel 1994 'scese in campo', un fattore di novità effettivamente lo rappresentava: non veniva dalla politica, ma dal mondo imprenditoriale. Io stesso, che pur non l'ho mai amato, scrissi sull'Europeo un articolo che diceva sostanzialmente: invece di fare come gli Agnelli che in Parlamento mandano i loro scherani, per la prima volta un imprenditore ci mette la faccia in prima persona, di economia dovrebbe intendersene, vediamolo alla prova. Poi Berlusconi è diventato l'attore principale di quel 'teatrino della politica' che tanto affettava di disprezzare e la prova è stata disastrosa. Sfido chiunque ad affermare che l'Italia dal 1994 al 2008 (quando interviene una crisi internazionale che rende poco valutabile la responsabilità dei politici italiani), in cui Berlusconi ha governato per una decina d'anni, sia migliorata di un ette.
La carriera di Matteo Renzi, che è in politica dal 1996, da quando aveva 22 anni, è stata tutta interna agli apparati di partito (e che sia il Ds o un'altro ha poca importanza) e si è consumata attraverso le consuete lotte, oscure, feroci, degradanti, a volte truffaldine. Renzi dice: «Siamo all'ultima spiaggia». Ma chi ci ha portato a questa spiaggia se non quella partitocrazia cui lui appartiene a pieno titolo? Ha ragione Grillo quando, nel famoso 'streaming', dice «Tu sei giovane ma sei già un vecchio».
Alla volte qualche lettore mi chiede perchè io prenda tanto a cuore le vicende dei Talebani afgani. Premesso che nei Talebani difendo l'elementare diritto di un popolo, o di parte di esso, a resistere all'occupazione dello straniero, comunque motivata, del loro mondo ciò che mi attrae è che quello che conta è il coraggio, fisico e morale, e che il prestigio si conquista con le azioni, non perchè ci si è messi una mano in tasca.
Massimo Fini
Il Gazzettino, 28 febbraio 2014