Che il premier Matteo Renzi si faccia gavettoni a fini pubblicitari e per vellicare il proprio narcisismo, quando per la cura della Sla il governo non ha stanziato un euro, è grave. Ma molto più grave è che vada a esibirsi platealmente a Erbil. Perché mette inutilmente a rischio l’incolumità dei suoi concittadini. E’ evidente infatti che se i caccia americani e i droni continueranno a bombardare i guerriglieri dell’Isis, sottraendogli una vittoria che si stanno conquistando legittimamente sul campo di battaglia, intromettendosi così in una guerra civile senza averne alcun titolo, essendone anzi la causa originaria per la sciagurata aggressione all’Iraq del 2003, l’Isis porterà la guerra in Occidente. Con le armi che, in questo caso, ha a disposizione: il terrorismo. E l’Italia grazie agli infantilismi di Renzi sarà uno dei primi obbiettivi. L’Italia è alleata degli americani, ma non è il caso che il suo premier faccia il ‘sopracciò’, stia al suo posto, defilato.
Peraltro è dal 1989, col crollo dell’Urss, che gli Stati europei avrebbero dovuto prendere le distanze dall’avventurismo americano. Anche perché sono decenni che gli Usa non ne azzeccano una, con effetti boomerang. E’ dal 1980, dalla caduta dello Scia, un dittatore la cui polizia segreta, la Savak, era la più famigerata del Medio Oriente, che è tutto dire, e dall’avvento di Khomeini, che hanno preso di punta l’Iran inserito nell’’Asse del Male’. Nel 1980 l’Iraq aggredì l’Iran. Per cinque anni i Paesi occidentali fornirono armi a entrambi i combattenti perché potessero ammazzarsi meglio (e fra i fornitori c’erano gli italiani, tanto che adesso i nostri sminatori sono reclamati nella regione perché l’Italia è la più grande produttrice di mine al mondo, comprese quelle ‘antiuomo’ che persino il Mullah Omar aveva proibito ai suoi di utilizzare). Ma nel 1985 quando gli iraniani erano davanti a Bassora e stavano per prenderla, intervennero gli americani, per ‘motivi umanitari’ naturalmente: non si poteva permettere alle ‘orde iraniane’ (gli altri sono sempre ‘orde’, solo i nostri sono eserciti) di entrare a Bassora, sarebbe stato un massacro. Risultato dell’intervento ‘umanitario’: la guerra che sarebbe finita nel 1985, con la caduta immediata di Saddam, l’indipendenza del Kurdistan iracheno e che fin lì era costata mezzo milione di morti, durò altri tre anni portando il bilancio a un milione e mezzo. Saddam non solo restò in sella, ma rimpinzato di armi dagli americani, fra cui quelle chimiche con cui aveva ‘gasato’ 5000 curdi ad Halabya, aggredì il Kuwait.
Nel 2003 c’è stata l’occupazione dell’Iraq e la creazione del governo fantoccio e pseudodemocratico di Al Maliki col risultato di consegnare più della metà dell’Iraq all’Iran, che senza sparare un colpo si è preso quello che gli era stato negato nel 1985, perché gli sciiti iracheni, il 62% della popolazione, sono fratelli gemelli di quelli iraniani. A lunga gittata questa intromissione in Iraq, con l’emarginazione dei sunniti, avrebbe posto le premesse per la nascita dell’Isis. Adesso gli americani si trovano nella paradossale situazione di poter contare, oltre che sui loro droni, solo sui pasdaran iraniani, gli unici, per valentia guerriera, a poter contrastare sul campo gli uomini dell’Isis.
Nel 2001 c’era stata l’invasione dell’Afghanistan talebano, del tutto immotivata (Bin Laden in Afghanistan non ce l’avevano portato i Talebani, ma Massud, alleato degli americani) una guerra che va avanti da 14 anni, la più lunga da secoli. Nel 2006/2007 l’invasione, per interposta Etiopia, della Somalia dove le Corti Islamiche avevano sconfitto i ‘signori della guerra’ locali riportando, come i Talebani in Afghanistan, l’ordine e la legge in quel Paese, sia pur un duro ordine e una dura legge. E oggi la Somalia è in piena guerra civile. Nel 2011 l’attacco alla Libia per defenestrare Gheddafi con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
E’ evidente che questo pluriventennale attacco al mondo arabo-musulmano, militare, economico, ideologico e culturale (la donna islamica deve omologarsi a quella occidentale e così via) ne favorisce l’estremismo da cui nasce l’Isis.
Noi occidentali dovremmo riconoscere la realtà del Califfato, o quel che l’è, di al Baghdadi e trattare con lui. Oppure, dopo averlo riconosciuto, dichiarargli formalmente guerra, come si faceva ai vecchi tempi. Eviteremmo perlomeno che ‘vispe Terese’ come Greta Ramelli e Vanessa Marzullo circolino in libertà in quei luoghi, esponendoci a ulteriori ricatti.
Massimo Fini
Il Gazzettino, 29 agosto 2014