Donato Bruno, uno dei possibili 'papabili', insieme a Luciano Violante, all'incarico di giudice della Corte Costituzionale per completarne la composizione, ma la cui candidatura, come quella del collega, con cui viaggiava in tandem, era stata bloccata per settimane perché in Parlamento, dopo varie tornate, nessuno dei due era riuscito a raggiungere il quorum, aveva dichiarato un paio di giorni fa: «Ritengo doveroso rimettere nelle mani del presidente Silvio Berlusconi la mia candidatura». Che colui che avrebbe potuto diventare un giudice del massimo organo giurisdizionale del nostro Stato, cui spettano decisioni delicatissime, quali giudicare «le controversie relative alla legittimità costituzionale sulle leggi e degli atti, aventi la forza di legge, dello Stato e delle Regioni, sui conflitti di attribuzione fra i poteri dello Stato e su quelli fra lo Stato e le Regioni e tra le Regioni, sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica e i Ministri» (art.134 Cost.), abbia sentito il dovere di 'rimettersi', per la propria nomina, all' 'imprimatur' di un detenuto è una cosa che può avvenire solo in Italia. In qualsiasi altro Paese sarebbe stato considerato un 'joke', uno scherzo di cattivo gusto, un pesce d'aprile. Poi il detenuto Berlusconi, con un sms inviato ai suoi parlamentari, ha deciso di sostituire Bruno con Ignazio Francesco Caramazza. Ma la sostanza del discorso non cambia e il nostro articolo potrebbe fermarsi qui. Ce n'è quanto basta per capire a qual punto di sgangheratezza sono giunte le nostre Istituzioni, quelle Istituzioni nelle quali il Capo dello Stato ci esorta di continuo ad avere rispetto e fiducia. Sarebbe come – l'ex Cavaliere non ce ne voglia per l'accostamento- se uno Parlamento per legiferare in materia di mafia avesse bisogno del benestare del Capo di Cosa Nostra.
Ma l'anomalia Berlusconi fa parte di una sistematica e più grave anomalia: il potere arbitrario e illegittimo assunto nel nostro Paese dai partiti, cioè da quelle che, fino a prova contraria, sono delle associazioni private. Invece hanno debordato dappertutto. Sono i partiti che nominano i parlamentari e non i cittadini che li scelgono (qualche anno fa quando a Milano, la città di Mani Pulite, fu eletto Marcello Dell'Utri, ora in carcere in seguito a una condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, Giuliano Ferrara, in uno dei suoi non rari momenti di brutale sincerità, disse: «in quel collegio avremmo potuto far eleggere chiunque, anche un cavallo»- il sogno di Caligola che diventava realtà), nominano i presidenti di Regione, i consiglieri regionali, i sindaci, i consiglieri comunali e, come si è visto, anche alcuni membri dei massimi organi giurisdizionali dello Stato. I partiti hanno messo le mani sulle aziende di Stato e del parastato, sulla Rai... ovunque.
Ma restiamo alle elezioni dei membri cosiddetti 'laici' (cioè non togati) della Consulta e del Consiglio superiore della magistratura che sono state in ballo in queste settimane. Poiché uscivamo dalla dittatura fascista i nostri Padri costituenti vollero dare alla Magistratura la massima autonomia e indipendenza. Però perchè non diventasse un organo totalmente scollegato dal contesto sociale stabilirono che un terzo dei membri della Consulta e del Csm fossero eletti dal Parlamento scegliendogli fra personaggi illustri della società civile, docenti universitari in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di servizio (Csm) o vent'anni se destinati alla Corte Costituzionale. Ma i partiti hanno completamente distorto, a loro favore, questa saggia norma. In realtà non è il Parlamento a scegliere liberamente i cosiddetti membri 'laici', sono le segreterie dei partiti che, attraverso trattative oscure, vi mandano i loro uomini. E come mi disse alcuni anni fa, in una cena privata, alla presenza di testimoni, Gustavo Zagrebelsky, illustre giurista, entrato alla Consulta per nomina presidenziale e in seguito eletto presidente all'unanimità: «Non c'è questione in cui i membri 'laici' della Corte o del Csm decidano secondo 'scienza e coscienza', come ogni magistrato sempre dovrebbe fare, ma seguendo invece le direttive e gli interessi dei rispettivi partiti». Come abbiamo ben visto in queste settimane non c'è stata designazione per la Consulta o per il Csm che non riguardasse uomini di partito (fa eccezione proprio, e solo, Caramazza, un tecnico e di questo, paradossalmente, dobbiamo dar atto al detenuto Berlusconi).
E allora signor Presidente della Repubblica come possiamo noi cittadini avere fiducia in queste Istituzioni e in questo Stato che, occupato e depredato dai partiti in trent'anni di malversazioni e di grossolani errori, oggi ci chiede, in nome di un' 'unità nazionale' richiamata solo quando fa comodo, i sacrifici più duri?
Massimo Fini
Il Gazzettino, 3 ottobre 2014