In un articolo pubblicato l'11 ottobre del 1979 sul Lavoro e intitolato 'Un salotto sinistro', scrivevo: «Basta entrare in un 'salotto' romano per rendersi conto che in Italia non si farà mai la Rivoluzione. Né le riforme. Né nulla di serio. Basta entrare in una di quelle stupende case -belle come solo a Roma possono essere- e vedere prestigiosi uomini politici, comunisti, socialisti, del Manifesto, variamente intrecciati con palazzinari, mafiosi d'alto bordo, giornalisti dall'aria di manutengoli, direttori democristiani di reti televisive, cocottes...e parassiti di tutte le risme, per capire com'è conciata la sinistra in Italia. Quando vedi il parlamentare comunista che, appena lanciate durissime accuse contro la mafia, ammicca complice al palazzinaro notoriamente legato ad ambienti mafiosi, ti rendi conto che le polemiche, gli attacchi, i furibondi scontri, gli scazzi ideologici di cui i giornali quotidianamente ci informano, non sono che lo spettacolo della democrazia, la parodia della democrazia, ma che la realtà è qui...Questo cancro enorme sta terzomondizzando l'Italia. E le sue metastasi, che si chiamano clientelismo, burocratismo, parassitismo, mentalità mafiosa, corruzione, si diramano ormai ovunque».
Il 'mondo di mezzo' esisteva già allora, 35 anni fa. E se in quel articolo puntavo il dito soprattutto sulla sinistra era solo perché in quell'epoca postsessantottina la sinistra era egemone. Ma è bastato che la destra ritornasse sulla scena politica perché si infangasse nella stessa melma.
Da allora e dalla successiva Tangentopoli nulla è cambiato. Se non in peggio. Se prima era la politica corrotta e corruttibile a comandare, adesso deve ubbidire alla criminalità cui si è intrecciata. Siamo governati dalla banda della Magliana.
E non poteva che finire così. Perché una classe dirigente interamente corrotta, se in questo termine facciamo rientrare anche il clientelismo, il parassitismo, la mentalità mafiosa di cui parlavo in quel lontano articolo del 1979, non poteva combattere il sistema del malaffare senza scavarsi la fossa sotto i piedi. Nemmeno l'avvertimento di Mani Pulite è servito. In due balletti i ladri sono diventati le vittime e la Magistratura il bersaglio preferito della classe politica. Ed è inutile oltre che oltraggiosamente ipocrita che adesso esponenti delle Istituzioni, novelle 'Vispe Terese', si facciano prendere da 'sdegno' e affermino che «le inchieste devono andare avanti», perché sappiamo benissimo che, come con Mani Pulite, si riuscirà a innocuizzarle e a far finire il tutto in un nulla di fatto. Dopo Mani Pulite c'è stata la lunga stagione berlusconiana in cui un 'delinquente naturale', come lo ha definito il Tribunale di Milano, ha guidato il Paese autoassolvendosi dai propri reati semplicemente abolendoli con leggi 'ad hoc' e quando alla fine è stato condannato sconta la pena in un modo così grottesco e irridente da far percepire come vittime coloro che in galera ci stanno sul serio.
I cittadini, scandalo dopo scandalo, violenza dopo violenza, avendo finalmente capito, anche perché percossi dalla crisi economica, da che razza di classe dirigente si sono lasciati governare negli ultimi trent'anni, hanno cercato di reagire. Prima puntando sul movimento di Grillo che perlomeno ha portato in Parlamento delle persone oneste. Ma la classe politica, avvertendo il pericolo, l'ha immediatamente demonizzato, come già aveva fatto, per lo stesso motivo, con la prima Lega. Adesso i cittadini si sono rifugiati nell'astensione che ha raggiunto quasi il 70%. Ma non servirà a nulla. Ci vorrebbe uno scatto d' orgoglio, una rivolta popolare, alla tunisina, per spazzar via l'indecenza di un'intera classe politica e poter ricominciare da capo.
Massimo Fini
Il Gazzettino, 5 dicembre 2014