Caro direttore,
l'attenzione della comunità internazionale si è concentrata sulla strage perpetrata dagli americani all'ospedale di Médecins sans frontières a Kunduz. Giustamente. Ma risulta che in quello stesso giorno, o notte, almeno tre quartieri della città, in mano ai Talebani, siano stati bombardati. Possibile che in questi casi i bombardamenti siano stati talmente 'chirurgici' da colpire solo i guerriglieri e non anche i civili? Ci piacerebbe che qualcuna delle tante pie organizzazioni internazionali desse qualche informazione in proposito.
E qual è ora la situazione a Kunduz? E' ancora occupata dai Talebani o è stata riconquistata dall'esercito 'regolare' afgano o, per meglio dire, dalle forze speciali della Nato dato che il primo è pressoché inesistente (solo quest'anno 40.000 soldati del governo afgano se la sono filata)? Non se ne è saputo più niente. Invece la questione è fondamentale perché dalla presa o meno di Kunduz dipende in buona parte l'esito finale di questa guerra opportunamente 'dimenticata'. Il commentatore del Corriere della Sera, Franco Venturini, solitamente molto ben informato parla di "guerra persa dell'Afghanistan" (Corriere, 7.10.2015).
In realtà non c'è nessuna ragione perché gli americani, e i loro accoliti, restino in Afghanistan. E tantomeno c'è da quando prima il Mullah Omar e poi Mansour hanno dichiarato la loro netta ostilità all'Isis di al Baghdadi (a fine gennaio i Talebani hanno arrestato il sedicente emiro Abdul Rauf Khadim e 45 dei suoi uomini che volevano infiltrarsi in Afghanistan in nome dell'Isis). Nella guerra globale all'Isis i Talebani potrebbero essere, anzi sono, sia pur indirettamente dei nostri alleati.
L'unica ragione per cui gli americani, e i loro accoliti, restano in Afghanistan è per "salvare la faccia", cioè per non ammettere che hanno perso questa guerra vergognosa. E quindi per salvare questa bella faccia si continua ad occupare, a uccidere, a massacrare.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 10 ottobre 2015