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Il caso di Quarto è grottesco. Ammettiamo pure che il sindaco Rosa Capuozzo che pure allo ‘stato’ come avrebbe detto il buon Di Pietro non è indagata (ha però subìto una perquisizione e qui rivolgo una domanda ai giuristi: si può essere oggetto di una perquisizione anche se non si è indagati? Se la risposta è sì entriamo diritto e difilato in uno Stato di polizia) sia responsabile di non aver denunciato alla magistratura dei ricatti che gli sarebbero stati fatti dall’ex consigliere comunale Giovanni De Robbio già espulso dai Cinque Stelle per una trafficata storia di un minimo abuso edilizio che la stessa Capuozzo tentò di sanare con un condono, ma fuori tempo. Il caso Quarto è grottesco per un’altra ragione. Quarto è una cittadina di quarantamila abitanti e chi ha soffiato sul fuoco di questo caso montandolo a dismisura non è Santa Maria Goretti ma, con l’appoggio di quasi tutti i media, il Pd che è totalmente implicato, penalmente, nel malaffare di ‘Roma Capitale’ che oltre a essere capitale ha qualche abitante in più di Quarto e proprio qualche giorno fa un suo esponente di spicco, Daniele Ozzimo, ex assessore alla Casa dei Dem, è stato condannato a 2 anni e 2 mesi di reclusione per un’accertata collusione con la mafia. Condannato quindi, non indagato o in sospetto di poterlo essere. Qui siamo fuori anche dal detto fiorentino “cencio dice male di straccio”. Perché ‘cencio’, alias il Pd, è infinitamente più sporco, in termini quantitativi e qualitativi, di ‘straccio’ vale a dire il sindaco grillino di Quarto Rosa Capuozzo. E’ nota la tecnica dei politici italiani che quando sono coinvolti in un grosso scandalo ne vanno a enfatizzare uno modestissimo per nascondere il primo.

Ma nemmeno l’atteggiamento dei Cinque Stelle in questa vicenda mi ha convinto. Anzi mi ha inquietato in particolare una dichiarazione di Luigi Di Maio per giustificare la richiesta di dimissioni della Capuozzo. Questa: “Il Movimento ha un garante che è Grillo. A decidere come sempre sono coloro che certificano le liste. Sono scelte relative ai comuni e a casi singoli. Solo che quando si dà il simbolo nessuno si chiede chi lo abbia deciso. Quando lo si toglie, nessuno lo ricorda”. Qui si entra in una logica che oserei definire staliniana, parlo proprio di Iosif Vissarionovic Dzugasvili che eliminò tutti i principali protagonisti della Rivoluzione d’Ottobre da Trotsky a Zinoviev, a Kamenev, a Bucharin, col pretesto che facevano “oggettivamente il gioco del nemico”. Siamo su dimensioni storiche incommensurabili, perché la Capuozzo non è Trotsky (sul cui “onore di rivoluzionario” oltretutto, come scrisse lui stesso nel suo testamento, non c’era macchia alcuna) ma la logica espressa in questi giorni da Grillo, Casaleggio, Di Maio e altre frange del movimento grillino mi sembra la stessa. Non è il caso di scomodare la frase, spesso citata a capocchia e male, del vecchio e saggio Pietro Nenni: “Anche il più puro dei puri trova alla fine uno più puro di lui che lo epura”. Basta ricordare una vecchia canzone, mi pare di Carosone, che si intitolava “E la barca tornò sola”.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 13 gennaio 2016