Domenica stavo guardando Bologna-Torino dove si sperimentava, come su tutti gli altri campi, il famoso VAR. E mi sono messo a ridere a crepapelle. Su un contropiede del Toro, Destro, del Bologna, tocca la palla che finisce a un giocatore granata, Belotti, che la cicca in modo indecoroso e poi a un altro, Berenguer, che mette in rete. Non può essere fuorigioco perché a lanciare gli attaccanti del Torino è stato un avversario. Una situazione classica. L’arbitro fischia. Ci sono quattro minuti di incertezza. Si può ricorrere al VAR o no? Alla fine l’arbitro annulla il gol. Finirà che a ogni azione incerta ci sarà una sorta di assemblea fra arbitro, guardialinee, quarto uomo, i due arbitri di porta e quelli che stanno nelle catacombe del VAR. Che siano poi questi a dare la sentenza definitiva è una stronzata. Proprio perché giudicano da una posizione asettica, senza sentire la pressione dei tifosi. E allora dove va a finire il fattore campo? Già adesso le tv scrutano il labiale dei giocatori per cui uno che ha preso un tremendo pestone non può nemmeno urlare una sacrosanta bestemmia senza essere in seguito sanzionato, anche se l’arbitro non aveva sentito nulla. E in attesa della moviola in campo (figuriamoci il casino) l’invasione della tecnologia sui campi di calcio, nell’infantile e prometeico tentativo di evitare l’errore, che ci sarà sempre, contribuisce a togliere al calcio la sua magia e il suo incanto. Uno dei gol più memorabili è quello segnato di mano, contro i lentissimi vacconi inglesi, da Diego Armando Maradona.
Questa storia grottesca del VAR fa parte di una tendenza più generale che va ben oltre i campi di calcio: sostituire l’uomo con la tecnica. Farne una semplice appendice. Si tratti di casellanti o di operai di fabbrica, l’uomo a poco a poco scompare. Ci sono robot che badano ai vecchi, una sorta di cyborg terapia, che organizzano tutto nella nostra casa a cominciare da ciò che deve stare in frigorifero, dagli acquisti, dalle temperature. Automobili che si autoguidano. Altre e multiformi specie di replicanti per cui sembra di essere entrati diritto e di filato in Blade Runner.
Ma torniamo al punto. Facciano pure i moderni Frankenstein, piccoli e grandi, ma lascino almeno stare il calcio che era stato l’ultimo luogo, in Occidente, dove si era rifugiato un po’ di quel senso del sacro che abbiamo perduto. Adesso, al posto del sacro c’è la tecno e l’economia. Il VAR e Neymar. E così il nostro grande giocattolo di sempre andrà fatalmente, e sia pur lentamente, a morire. Come avevo previsto nel 1982 quando fu introdotto il terzo straniero. E io le previsioni le sbaglio raramente. Andate a dar via i ciapp, come disen qui a Milan.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 24 agosto 2017