Il discorso di Trump alle Nazioni Unite è stato, come suo solito, bifido. Era partito bene, America first, “metterò sempre l’America al primo posto, esattamente come ciascuno di voi fa con il proprio Paese”. Bene, direbbe uno, Trump è ritornato al vecchio, anche se ormai molto antico, ‘isolazionismo’ americano. Ma quasi subito ha svoltato bruscamente negando di fatto questa affermazione: gli Stati Uniti hanno il diritto di difendere i propri interessi, gli altri Paesi, se i loro interessi contrastano con quelli yankee, no. Insomma America ‘uber alles’ in nome del loro autoproclamato ‘eccezionalismo’ (ma dove, ma quando?).
Donald Trump è riuscito a superare persino George W. Bush. Ha inserito nella lista nera degli ‘Stati canaglia’ il Venezuela, erede, con Cuba, del “fallimentare socialismo-comunismo” dell’Unione Sovietica, un regime “corrotto e destabilizzante” diretto da “un dittatore socialista” (il lettore ci darà atto che siamo stati i primi ad avvertire che il prossimo obbiettivo Usa sarebbe stato il Paese sudamericano). Adesso uno Stato non può più nemmeno permettersi di essere socialista o, dio non voglia, addirittura comunista. In nome dell’’eccezionalismo’ americano.
Nella minacciosa area degli ‘Stati canaglia’ viene ora reinserito il sempiterno Iran: “una dittatura corrotta travestita da falsa democrazia, uno Stato canaglia che esporta violenza, stragi e caos, che finanzia gli Hezbollah e altri terroristi che attaccano i pacifici Paesi arabi e Israele”. In nome dell’’eccezionalismo’ americano uno Stato non può essere teocratico, ha l’obbligo di essere democratico. Peccato che in Medio Oriente i pasdaran iraniani, sciiti, il cui terrorismo non è mai stato dimostrato, combattano al fianco degli americani contro l’Isis sunnita. Per la verità a combattere sono solo i pasdaran, i reparti speciali Usa se ne stanno ben al coperto (vedi mai che qualcuno si faccia male) limitandosi a indirizzare i bombardieri e i droni.
Corea del Nord. Verrebbe da ridere, se non fosse tragico, vedere un Tale seduto su un arsenale di 7.500 Bombe Atomiche che ne minaccia un altro che ne ha tre e vuole proseguire nel suo armamento nucleare. Se la questione fosse posta sul piano dei rapporti di forza non ci sarebbe nulla da eccepire. Ma gli americani hanno la pretesa di metterla sul piano del diritto e per questo hanno ottenuto dall’Onu nuove, dure, sanzioni contro Kim Jong-un. Sulla base di quale diritto la Corea del Nord non può avere la Bomba e Israele, nel complice silenzio generale, sì, il Pakistan sì, l’India sì, il Sudafrica sì, mentre Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia quest’arma micidiale la posseggono praticamente da quando è stata inventata? E’ chiaro che a Kim Jong-un l’Atomica serve come deterrente perché lui e il suo Paese non facciano la fine dell’Iraq di Saddam Hussein e della Libia di Muhammar Gheddafi. Anche Kim potrebbe dire, legittimamente: “Corea first”.
In realtà i più preoccupati del bellicismo trumpiano, molto apprezzato da Israele, sono proprio gli alleati dell’’amico americano’, in particolare gli abitanti della Corea del Sud. Perché sanno benissimo che se le cose si mettessero male sarebbero i primi ad andarci di mezzo. Anche perché hanno scoperto che gli armamenti e i missili con testata nucleare che gli Stati Uniti stanno ammassando ai confini della Corea del Nord non sono a corto ma a lungo raggio, cioè non hanno lo scopo di difendere la Corea del Sud ma di abbattere un eventuale missile che Kim lanciasse verso Guam o altri territori degli Stati Uniti (‘America first’).
Nelle scorse settimane ci sono state in Corea del Sud imponenti manifestazioni popolari contro il posizionamento di questo nuovo armamentario e anche il tentativo di bloccarne, senza ricorrere alla violenza, i rifornimenti militari. Alla guida di queste manifestazioni c’è la componente buddista, pacifista, della popolazione sudcoreana. In una bella inchiesta di Sky, l’inviato Pio D’Emilia chiede a una donna buddista, sulla quarantina, cosa pensi dei suoi vicini d’oltreconfine. “Non ho una cattiva opinione della Corea del Nord, in fondo siamo tutti coreani. In realtà siamo le vittime del gioco delle grandi potenze”.
Nel suo discorso alle Nazioni Unite Donald Trump ha anche demolito, di fatto, l’Onu e la sua funzione: l’Onu o è americana o non è. Non ne aveva bisogno. Ci avevano già pensato i suoi predecessori. Aveva cominciato il democratico Bill Clinton nel 1999 aggredendo, contro la volontà dell’Onu, la Serbia di Slobodan Milosevic, paracomunista, ma forse sarebbe meglio dire socialista, e comunque cristiana ortodossa, aveva proseguito George W. Bush nel 2003 invadendo e occupando l’Iraq, contro la volontà dell’Onu, e ha completato l’opera, per ora, Barack Obama concorrendo nel 2011, contro la volontà dell’Onu, a eliminare Gheddafi, disarticolando la Libia.
E, allora, chi è lo ‘Stato canaglia’?
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 22 settembre 2017