E’ stato assegnato a Massimo Fini il Premio Acqui Storia “Testimone del Tempo” giunto al suo cinquantesimo anno. In passato il Premio è andato a personaggi prestigiosi come Giovanni Spadolini, Norberto Bobbio, Giorgio Albertazzi, Uto Ughi. Questa la motivazione del Premio:
“Anticonformista, ribelle, antimoderno, bastian contrario per eccellenza, uomo ‘contro’ quasi a prescindere, talvolta anche contro se stesso. E’ uno dei ‘mostri sacri’ della carta stampata del nostro Paese, inviato de L’Europeo, firma di punta de Il Giorno, editorialista e (con Feltri direttore) uno degli artefici del miracolo dell’Indipendente, voce fuori dal coro del Fatto Quotidiano di Marco Travaglio. Penna così brillante da riscattare con penetrante intelligenza Catilina e Nerone da millenni di demonizzazione e da far entrare ogni lettore nella psiche e nelle contraddizioni di Nietzsche.
Fini non è solo un giornalista, è un pensatore, uno dei pochi rimasti con la schiena diritta in quest’Italia, pur talvolta scambiato dal politicamente corretto per una fatale Cassandra, a partire dalla constatazione che il modello di sviluppo dell’Occidente, quello dogmatico e totalizzante concepito dall’Illuminismo e realizzato implacabilmente dalla Rivoluzione Industriale, sta mostrando crepe sempre più vistose. Da qui i suoi libri filosofici, che devono molto a Nietzsche, alla Nouvelle droite francese e alla scuola degli Annales, per mostrare come la Ragione aveva Torto, la guerra tradizionale sia uno dei modi per canalizzare la violenza, la femmina sia da preferire alla donna, il denaro sia “sterco del demonio”, la democrazia contemporanea spesso sostanzialmente un imbroglio”.
Intervistato dalla Libertà di Piacenza Fini ha dichiarato, fra l’ironico e il serio: “Certamente questi premi (compreso il Premio di scrittura Indro Montanelli alla carriera ) mi lusingano perché sono il riconoscimento di una vita. Ma la medaglia ha il suo rovescio: preferirei non averli ottenuti, ma avere vent’anni”.