Se fossi il Dittatore di questo Paese nel caso di fatti come quello del crollo del ponte sul Polcevera imporrei il silenzio per almeno un mese a tutti gli uomini politici, di qualsiasi specie, senatori, deputati, consiglieri regionali e comunali, ministri eccezion fatta per i titolari dei Dicasteri di volta in volta competenti e, se proprio sente il bisogno di dir qualcosa, per il Presidente del Consiglio.
Se fossi il Dittatore di questo Paese imporrei il silenzio per almeno un mese ai commentatori dei giornali, facendogli oltretutto con ciò un favore perché in casi come questi non si possono scrivere, nell’immediato, che ovvietà e banalità, quasi sempre, per non dir sempre, irritanti.
Se fossi il Dittatore di questo Paese impedirei a cardinali, arcivescovi, vescovi, preti, frati, omelie consolatorie del tutto inutili, in cui del resto da necrofori professionali sono specializzati, e in cui non possono mancare frasi retoriche prive di senso come quella pronunciata dal Cardinal Bagnasco: “la città non si piega”. Se Genova si piegherà o meno lo potremo vedere solo in futuro, come dopo il terrificante terremoto di Gemona del 1976 vedemmo che i friulani in un solo anno e mezzo avevano ricostruito tutto, mentre per quello del Belice stiamo pagando ancora le accise.
Se fossi il Dittatore di questo Paese impedirei la diffusione di filmini pornografici fatti con gli smartphone da persone che erano nelle vicinanze. E individuati i responsabili li farei acciuffare da quattro giannizzeri e portare sulle parti del ponte ancora più o meno agibili perché li buttino di sotto. Infliggerei pene anche peggiori, all’altezza del loro sadismo, della loro completa mancanza di rispetto, della loro sconcia idolatria dell’audience, a quei direttori di telegiornali e a quei giornalisti che, come quelli di Sky, si sono impadroniti di uno smartphone, abbandonato da qualcuno che si era reso evidentemente conto dell’oscenità che stava compiendo e cercava di dare in qualche modo una mano, e ne hanno riproposto, a buio, l’audio.
Se fossi il Dittatore di questo Paese vieterei per tre giorni la pubblicità prima e dopo i telegiornali, che riesce a trasformare, per un contrasto insopportabile, in una farsa grottesca una tragedia. Sarebbe la mia forma di ‘lutto nazionale’. Al posto di inutili e altrettanto grotteschi ‘funerali di Stato’ dove si è trovato il modo di dividersi in fazioni politiche, inneggiando al governo che nulla di bene, fino a quel momento, aveva potuto fare e contestando l’attuale opposizione che di nulla poteva essersi resa responsabile per il crollo di un ponte finito di costruire nel 1967. Si eviterebbe così anche di scimmiottare gli americani citando i nomi di battesimo di perfetti sconosciuti cari solo a chi aveva rapporti con loro. Un’ipocrisia nauseante.
Se fossi il Dittatore di questo Paese proibirei il minuto di silenzio prima delle partite di calcio. Perché il pubblico è incapace di mantenere il silenzio: applaude. Cosa applaude? La morte di 43 persone.
Infine se fossi il Dittatore di questo Paese mi vergognerei di esserlo. Non è ammissibile che ogni volta che accade una tragedia come questa noi italiani si dia, immancabilmente, a noi stessi e al mondo che ci guarda uno spettacolo di scompostezza che ci umilia e ci disonora.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 21 agosto 2018