C’è grande sdegno negli Stati Uniti per il ragazzo americano, sospettato dell’uccisione di un carabiniere, fotografato bendato in una nostra questura non si sa se durante un interrogatorio o prima. “Scioccante” (Cnn), “Intollerabile” (Washington Post), “Esposto come un trofeo” (Bloomberg), “Intollerabile, intollerabile, intollerabile” (Los Angeles Times). A noi par chiaro che lo sdegno per la fotografia ne sottintenda, sin quasi a diventarne un pretesto, un altro, il vero nocciolo della questione: che un giovane americano sia stato in qualche modo torturato. Beh, se di tortura si tratta, come sottolinea Sallusti su “il Giornale” (29/7) è di natura psicologica e non fisica. Gli americani, quando gli fa comodo, sembrano avere una memoria molto corta. Dimenticano Guantanamo dove per anni hanno sottoposto, e ancora oggi sottopongono, per estorcere loro confessioni, i prigionieri talebani al waterboarding , alla privazione del sonno, alle scosse elettriche sui genitali e altre torture rispetto alle quali una sciarpa calata sugli occhi è una bagatella. Con la non trascurabile differenza che i talebani erano dei guerriglieri che difendevano la libertà del loro Paese arbitrariamente invaso e occupato, mentre i giovani americani, se le accuse nei loro confronti verranno provate, sono dei delinquenti comuni, dei ragazzi viziati pieni di droga e alcol. Dimenticano che quando invasero l’Afghanistan esposero sotto l’occhio scatenato delle televisioni di tutto il mondo, a cominciare dalle loro, i prigionieri talebani in manette che imploravano: “Uccideteci piuttosto, ma non umiliateci”. Dimenticano Abu Ghraib dove i prigionieri iracheni furono messi nudi a piramide, e debitamente fotografati mentre una soldatessa yankee ne teneva al guinzaglio uno, onta massima per chiunque ma in particolare per un musulmano. Dimenticano il caso Abu Omar, presunto terrorista, catturato illegalmente in Italia dai servizi segreti americani e trasferito via Aviano, con la nostra tacita complicità, nelle galere egiziane perché potesse essere torturato con tutto comodo.
Qualche quotidiano, in particolare il Washington Post, è arrivato a mettere in dubbio la serietà della giustizia italiana ricordando il caso di Amanda Knox, accusata, incarcerata e condannata per l’omicidio di Meredith Kercker ma infine, grazie al nostro sistema di garanzie, assolta. Certo gli americani si sdegnano molto di meno, anzi non si sdegnano affatto, quando di mezzo ci sono loro cittadini. Il pilota americano che per fare il Rambo, volando troppo basso recise i cavi della funivia del Chermis provocando 14 morti è stato estradato in America e di lui non si è saputo più nulla. Stessa riparazione giudiziaria hanno avuto le ragazze partenopee stuprate dai militari americani di stanza a Napoli, anch’essi estradati negli Stati Uniti e di cui, come per il Rambo del Chermis, non si è saputo più nulla. Gli americani godono del principio di extraterritorialità, sia quando ne hanno diritto in base ad accordi stipulati con i Paesi in cui operano i loro militari, come l’Italia, ma anche quando non ne hanno alcun diritto. Al giudizio del Tribunale Internazionale dell’Aia per i “crimini di guerra” sono sottoposti militari e civili di tutti i Paesi del mondo, e infatti vi sono stati condannati serbi, croati, militari guerriglieri di vari paesi africani, ma gli americani negano che questo Tribunale possa valere per loro. Nella loro testa, forse ingenuamente nel popolo yankee, ma certo non nelle classi dirigenti, è impensabile che i loro soldati possano commettere crimini di questo genere. E’ ”intollerabile” solo il pensarlo. Sono o non sono la “cultura superiore”, i grandi giustizieri garanti della pace del mondo?
Ma in quanto a sdegno per quella fotografia nemmeno i giornali italiani e le nostre Istituzioni si sono risparmiati. Il carabiniere sospettato di essere autore del misfatto è stato immediatamente trasferito, mentre la Procura di Roma ha aperto un’indagine. Non si pecca di malizia se si pensa che se lo stesso trattamento fosse stato riservato a un giovane nero, poniamo un maliano o un somalo o un nigerino, e non a un bianco americano, non si sarebbe sollevato tutto questo can-can o avrebbe suonato a decibel di gran lunga inferiori. Solo Matteo Salvini avrebbe tuonato contro questi migranti “brutti, sporchi, cattivi” e, naturalmente, in re ipsa, delinquenti.
Trovo anche eccessiva l’enfasi e lo spazio che tutti i media stanno dando da giorni all’uccisione del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega. Merita rispetto perché è morto nell’esercizio del suo mestiere ma un mestiere particolare dove simili incidenti vanno messi in conto quando si indossa la divisa. Non è un eroe, è una vittima del lavoro come ce ne sono tante ogni giorno e nessun Presidente del Consiglio si sogna di andare a onorarne le salme.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 29 luglio 2019