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In questi giorni tutti i media, televisioni e giornali, hanno gridato all’allarme rosso per l’”emergenza tempo”. Scegliamo random alcuni titoli di prima pagina. “Acqua e neve paralizzano l’Italia” La Stampa, “La grande paura” Il Gazzettino, “L’Italia fa acqua” Il Resto del Carlino, “Povera Italia indifesa” La Repubblica, “Arno e Reno fanno paura. Scuole chiuse per maltempo” Il Corriere della Sera.

A me pare che in Italia siamo in preda a vari terrorismi. Uno è il terrorismo internazionale di cui abbiamo parlato recentemente dopo il ferimento di cinque soldati italiani a Kirkuk, altri sono terrorismi, per così dire, ‘interni’ che nascono da un eccesso di paura e dall’ossessione, tutta moderna, che si possa controllare tutto. C’è il terrorismo diagnostico per cui le persone, anche giovani, dovrebbero fare sei controlli medici l’anno per prevenire future e del tutto ipotetiche patologie. Insomma dovremmo vivere da vecchi fin da giovani. Poi c’è il terrorismo meteorologico che si divide in terrorismo estivo e terrorismo dell’autunno-inverno. D’estate i media si esercitano e martellano sulle temperature, normalissime data la stagione, e non contenti si accaniscono sulla cosiddetta “temperatura percepita” mettendo in allarme soprattutto gli anziani. Emilio Fede era specializzato nel dare il numero degli anziani che, a suo dire, erano morti per il caldo. Così uno che se ne stava tranquillo sopportando temperature che aveva sempre affrontato, sapendo che la massima non era, poniamo, di 36 gradi, ma “percepita” saliva a 45, si allarma sul serio e muore non per il caldo, ma di spavento. Nell’autunno-inverno succede il contrario. Scegliamo anche qui, sempre random, alcune notizie di questi giorni: “Toscana, molte scuole non apriranno i portoni”, “in diverse regioni le scuole resteranno chiuse a causa delle piogge e del rischio idrogeologico”, “ad Abano Laziale è caduto un albero ferendo in modo serio un automobilista”, “a Pisa in alcune chiese si è pregato sino a notte San Ranieri, il patrono della città” (non so quanto il buon San Ranieri abbia potuto intercedere perché a Pisa, la città del mi babbo, si dice di lui che “a parte il viziaccio di rubare era un gran Santo”), al Brennero pare che sia caduta la neve.

A parte il picco di acqua alta a Venezia nella notte tra martedì e mercoledì, 187 cm (ma i veneziani sono attrezzati per queste situazioni, in fondo vivono su una laguna e casomai se c’è qualcosa da dire e da accusare è il mitico Mose che non è servito a nulla) tutti gli altri sono eventi abituali che conosciamo benissimo. Da che mondo è mondo, o almeno da quando io sono al mondo, cioè da parecchio, si sa che novembre è la stagione delle piogge. Ma basta un temporale, come ne abbiamo vissuti mille volte, perché sia classificato “bomba d’acqua”. Basta che il vento sibili un po’ forte ed è subito una “tromba d’aria”. Basta che un fiume superi non gli argini ma qualche soglia gialla, verde, arancione e, dio non voglia, rossa e la raccomandazione accorata delle Autorità ai cittadini è di starsene chiusi in casa (se è domenica naturalmente, sennò tutti a lavorare, non scherziamo). Le scuole restano chiuse per giorni. A me, lo confesso, piacerebbe molto essere uno studente oggi, perché a noi ci cacciavano fuori di casa a pedate qualsiasi tempo facesse. Ai nostri giorni, almeno in Italia, si ha paura di tutto, già uno spiffero ci manda in catalessi, e “chi non terrorizza si ammala di terrore” come canta De André.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 19 novembre 2019