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 L’anno sta finendo. E’ il momento dei résumé. C’è una grande confusione sotto i cieli. In Libia si contrappongono, per interposta persona, cioè sulla pelle dei libici, la Turchia schierata a favore dell’inconsistente governo di al Serraj, in teoria legittimato dall’ONU, e l’Egitto che opera attraverso il generale tagliagole Haftar che ne è una propaggine. Su questo scacchiere sono presenti anche 800 contractor russi, cioè mercenari, che portano il nome vagamente sinistro di Wagner, sinistro perché, a torto o ragione, il grande musicista tedesco è considerato un precursore del nazismo. Evidentemente i russi, come gli americani, non sono più disposti a rischiare direttamente la propria pelle. Ma dovrebbero studiarsi un po’ di storia. L’Impero romano, che con i suoi formidabili legionari e la sua logistica aveva conquistato tutto il mondo conosciuto, crollò quando i Romani, divenuti molto simili a quelli di oggi, non ne vollero più sapere di combattere, affidando la propria difesa a mercenari germanici, Visigoti, Ostrogoti, Vandali, che per qualche tempo cancellarono Roma dalla faccia della Storia (la popolazione di Roma si ridusse a 37.000 abitanti).

In Siria la Turchia, con l’appoggio russo,  stermina i curdi che sarebbero i soli legittimati ad abitare quella regione che non a caso si chiama Kurdistan. Per la Turchia i curdi sono una storica spina nel fianco perché in Turchia vivono 15 milioni di curdi e il timore, anzi il terrore, dell’ex Stato ottomano è che si uniscano alle enclave curde in Siria, in Iraq e in Iran. Quindi Erdogan e i suoi predecessori hanno risolto la questione in modo molto semplice dando ai curdi la patente di terroristi (Ocalan insegna). In quanto agli americani sono lì, a supporto della Turchia e della Siria di Assad, col pretesto di combattere l’Isis. Ma come l’Isis non doveva essere stato spazzato via dalla faccia della terra dopo la presa di Raqqa e Mosul? Invece i guerriglieri del Califfato fondato da Al Baghdadi sono ancora presenti in Medio Oriente e soprattutto altrove. E’ dei giorni scorsi il devastante attacco a Mogadiscio (più di 70 morti e altrettanti feriti) da parte degli Shabaab che al Califfato hanno giurato fedeltà. In Yemen l’Iran e l’Arabia Saudita, appoggiata dagli americani, si combattono mietendo un numero incalcolabile di vittime locali, incalcolabile perché, come in Afghanistan, non è stato mai calcolato.

L’Europa disunita, e al suo interno l’Italia, non è presente in nessuno di questi scacchieri, non fa che predicare impossibili soluzioni diplomatiche, anche per la Libia che è di nostro stretto interesse, per quanto sia del tutto evidente che ciò che conta è solo la forza militare.

Ma questo caos, che fa rimpiangere i tempi della guerra fredda, non è, al di là di tutte le apparenze, la questione principale almeno per i paesi occidentali o occidentalizzati. Il vero dittatore del mondo è il mercato (“il più freddo di tutti i mostri” per parafrasare ancora una volta Nietzsche) o per essere più precisi “i mercati”. Ogni mattina che accendiamo la tv non sentiamo parlare che dei “mercati” e delle loro inderogabili esigenze. Con queste entità metafisiche noi ci dialoghiamo: “i mercati ci chiedono”, “il progetto non è piaciuto ai mercati“, “sembra che la proposta abbia avuto l’approvazione dei mercati”. Ma mentre un dittatore o un autocrate può essere sempre abbattuto con il nostro fucilino a tappo, contro i “mercati” non c’è nulla da fare. Sono un’entità metafisica che non si sa dove stia, un nuovo Dio che vive in un suo empireo irraggiungibile, tirargli contro è come sparare al vento quel “vento che tutto sa” come canta Alessandro Mannarino. Insomma siamo ancora e sempre a quella concretissima astrazione che si chiama denaro, che determina le vite di noi tutti, di cui abbiamo parlato riprendendo Lutero in Denaro. “Sterco del demonio” che viene da almeno due secoli e mezzo fa e che ha dato il via, insieme ad altri fattori, alla civiltà moderna, quella che stiamo vivendo. Parlarne qui ci porterebbe troppo lontano. Leggete.

Il Fatto Quotidiano, 31 dicembre 2019