E’ perlomeno curioso che il Venezuela chavista, che non ha mai avuto mire espansive, tantomeno in Europa, abbia finanziato un movimento politico italiano nel 2010 quando i Cinque Stelle non erano ancora nati (si costituiranno ufficialmente nel 2012) ritenendolo “di sinistra, rivoluzionario e anticapitalista” e quindi a lui affine.
A mio avviso la probabilissima fake del quotidiano spagnolo Abc non è tanto un attacco ai 5Stelle, ma piuttosto al bolivarismo venezuelano che è la forma che il socialismo prende in Sudamerica e di cui Hugo Chavez è stato il massimo interprete coinvolgendo, a suo tempo, altri Paesi dell’area. Dietro questa manovra si intravede una ‘manina’ americana come adombra sul Giornale Gian Micalessin (16.6) che pur è un filoyankee a tutto tondo. Naturalmente i giornali italiani anche quando non prendono una posizione precisa su questa fake, si affrettano comunque a definire il regime di Nicolàs Maduro, l’erede di Chavez, una “dittatura” e per Alessandro Sallusti, che riesce a superare se stesso e non legge nemmeno gli articoli dei suoi inviati, addirittura “una criminale dittatura comunista”. A Sallusti sfugge la differenza fra socialismo e comunismo, ma la cosa non ci sorprende. Dico: in quale dittatura un personaggio che tenta un colpo di Stato con l’aiuto economico e non solo economico americano, come ha confessato il generale venezuelano a riposo Clìver Alcalà, vale a dire il “giovane e bell’ingegnere” Juan Guaidò, rimarrebbe a piede libero invece di essere arrestato? Ma nemmeno in democrazia un personaggio del genere se la caverebbe così a buon mercato. Nella democratica Spagna gli indipendentisti catalani, che hanno qualche buona e storica ragione in più degli oppositori di Maduro, sono incarcerati (sette) da quasi tre anni e il loro leader Puigdemont è in esilio.
La storia dell’ultimo Venezuela si può riassumere così. Morto di cancro Hugo Chavez, un leader indiscusso, gli Stati Uniti hanno pensato che fosse giunto il momento per liberarsi del socialismo bolivariano e hanno cominciato ad aggredire il Venezuela con le consuete sanzioni economiche cercando di ridurre il Paese in povertà. In una situazione del genere si crea un ovvio malcontento fra la popolazione. Ci sono state ribellioni e 139 vittime civili, divise equamente fra sostenitori di Guaidò e di Maduro, non però ad opera della polizia venezuelana ma degli estremisti delle due fazioni. Più recentemente gli americani sono arrivati alla squisita carogneria di impedire che l’Oms distribuisse 5 miliardi di aiuti al Venezuela perché potesse fronteggiare il Covid. La nomina come ministro del Petrolio di Tareck El Aissami, chiamato a ristrutturare tutto il settore energetico, ha preoccupato molto Washington che ne vorrebbe la defenestrazione con i soliti metodi (condanna ‘de remoto’, cioè dagli Stati Uniti, per presunti traffici di droga) perché El Aissami, di origini libanesi-siriane, ha buoni rapporti con l’Iran. Il Venezuela non ha forse il diritto, come ogni altro Stato, di scegliersi i propri alleati?
Maduro, numero due di Chavez, è stato eletto Presidente del Venezuela con regolari, anche se molto contestate dall’opposizione, consultazioni democratiche. Bene. Il generale Al Sisi è arrivato al potere non con consultazioni contestate ma con un colpo di Stato che ha messo in galera la dirigenza, compreso il presidente Morsi, dei Fratelli Musulmani vincitori delle prime elezioni libere in Egitto. Poi ha assassinato 2.500 oppositori, mentre altrettanti risultano desaparecidos. Calcoli in difetto dato che dall’Egitto non filtra più alcuna notizia perché sono state abolite tutte le libertà civili a cominciare da quella di informazione. Ma mentre si fanno le pulci a Maduro sull’Egitto si tace. Matteo Renzi, quando era Presidente del Consiglio, siccome non gli riesce proprio di tenere la bocca chiusa, si arrischiò a dire che Al Sisi era “un grande uomo di Stato” (io direi di colpi di Stato). Ma adesso facciamo anche di peggio. Il nostro governo ha dato il suo imprimatur alla vendita di due fregate Fremm all’Egitto. Non olet. Anche se poi Al Sisi trasforma questo appoggio in aiuti a quell’altro generale tagliagole Khalifa Haftar che con i suoi bombardamenti su Tripoli, dove risiede il governo legittimo o quantomeno legittimato dall’Onu di al-Sarraj, impedisce qualsiasi soluzione del dramma libico di cui sono responsabili i francesi di Sarkozy, gli americani di Obama e, in misura minore, gli italiani di Berlusconi.
Insomma siamo di fronte al solito doppiopesismo dei Paesi occidentali. Ma poiché “accà nisciuno è fesso”, nemmeno in Medio Oriente, non possiamo poi meravigliarci che tutti ci odino e l’Isis impazzi in Egitto e altrove in attesa di riprendere la propria azione in Europa (“io vengo a restituirti un po’ del tuo terrore, del tuo disordine, del tuo rumore”, Il bombarolo, De André).
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 19 giugno 2020