Siamo in guerra, si dice, contro il Covid19. E’ proprio questo “stato di guerra” che ha reso possibile al Governo, peraltro condizionato fortemente nelle sue scelte non solo nel campo medico ma anche, indirettamente, economico, quindi in un area molto vasta, da un gruppo di tecnici (Ma non si era sempre detto che un governo di tecnici o informato dai tecnici era il contrario della Democrazia? Mah) di calpestare una serie di diritti costituzionalmente garantiti a cominciare da quello della libera circolazione dei cittadini inserito nel titolo I, Rapporti civili (art. 16 Cost.). Uno scempio che dovrebbe far ululare o per lo meno guaire gli idolatri della Costituzione. Ma siamo in guerra, è vero, e quindi sono legittime misure emergenziali e anticostituzionali. Del resto anche nel Diritto romano, il padre di tutti i Diritti, era lecito sospendere le abituali garanzie repubblicane affidando tutto il potere a un Dictator, quale fu per esempio Quinto Fabio Massimo Cunctator che costrinse Annibale a una guerra, o per meglio dire a una non guerra, di logoramento. Ma il Dictator durava in carica un anno, qui invece non si sa bene quando finirà la dittatura politico-scientifica. Gli idolatri della Costituzione non si sono accorti peraltro che la Costituzione così come fu concepita e dettata dai nostri Padri fondatori non esiste più da tempo, sostituita da una “costituzione materiale” che si viene via via elaborando basandosi sui fatti nel loro incessante cambiare, fottendosene dei principi, così come scrive Giovanni Sartori sulla cui democraticità non è ammissibile avere dubbi (Democrazia e definizioni). Anche Norberto Bobbio che ha dedicato tutta la sua lunga vita allo studio della Democrazia, essendone un fervente partigiano, ammette che la Democrazia non è una democrazia, ma una poliarchia, cioè l’organizzazione di gruppi di potere di vario genere sui quali l’influenza dei cittadini è minima se non nulla. Un esempio di questa trasformazione della Costituzione propriamente detta in “costituzione materiale” e della Democrazia in poliarchia è dato dal potere assunto nel tempo dai partiti. Dei partiti si occupa un solo articolo della Costituzione, il 49, che così recita: ”Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. E’ esperienza di tutti noi che i partiti partendo da questo unico articolo hanno debordato in quasi tutti gli altri 139, assumendo poteri fuorvianti in tutto il settore pubblico, ma anche in parte di quello privato. Senza l’appoggio di un partito, quale che sia, non si vive in Italia. Quello che era un diritto è diventato un obbligo. Non si tratta naturalmente di prendere una tessera, questo lo fanno solo gli sprovveduti, ma di dichiarare la propria fedeltà a un capo partito o a un sottocapo, così come in altri ambiti di quel potere “poliarchico” di cui parla Bobbio, a clan diversi, a lobby, a mafie di ogni genere, allo stesso modo in cui in epoca medievale il valvassore dichiarava la propria fedeltà al feudatario e costui al Re.
Siamo in guerra dunque. Ma allora dovrebbero valere anche le leggi di guerra e i diritti di guerra. Uno dei più importanti è il diritto alla censura. Per la verità il primo ad autocensurarsi dovrebbe essere proprio il governo politico-tecnico. Non si capisce che senso abbia dare ogni giorno l’elenco dei morti per Covid se non quello di terrorizzare una popolazione già terrorizzata. Lo stesso accadrebbe se si desse ogni giorno la lista dei morti per tumore che attualmente, in Italia, sono circa 180mila l’anno, cioè molti di più dei morti per Covid, anche se per completare questa macabra conta bisognerà aspettare Febbraio quando, almeno ufficialmente, iniziò la pandemia.
La censura dovrebbe colpire epidemiologi, infettivologi, virologi e altri specialisti, chiamiamoli così, che sostengono una linea diversa da quella del Governo o la mettono in dubbio, mandando così in ulteriore confusione i cittadini. In tempo di guerra questo si chiama “disfattismo” e i disfattisti finiscono dritto e di filato in gattabuia.
Finita che sarà la pandemia bisognerà poi mettere in conto i “danni collaterali” provocati non dal Covid ma dai vari lockdown che oltretutto basculando “stop and go” sono particolarmente stressanti per tutti, sia dal punto della tenuta nervosa delle persone che economico. Molte persone sono cadute in uno stato di depressione che, com’è noto, abbassa le difese immunitarie e apre la strada non solo al Covid ma ad altre malattie ben più pericolose. C’è poi un’indagine dell’Iss, Istituto superiore della sanità, che ha rilevato l’aumento di un terzo nell’uso di psicofarmaci, di alcolismo, di droghe leggere e pesanti. E se per questo uso, o abuso, di stimolanti qualcuno ci lascerà la pelle, anche questi morti andranno messi in conto ai lockdown. Agli anziani è stato in pratica interdetto l’avvicinamento di qualsiasi persona, è stata cioè loro imposta una particolare solitudine sociale e la solitudine, anche questo è noto, uccide più del fumo, inoltre essendo stata proibita a questi soggetti ogni attività motoria che non sia un angoscioso giro del palazzo, poiché il moto è decisivo per la salute degli anziani, anche le morti di costoro dovranno essere messe in conto ai lockdown. Ci sono infine persone che soffrono di patologie ben più gravi del Covid19 che in questo periodo e nei mesi a venire non sono e non potranno essere curate adeguatamente. E anche questi morti dovranno essere messi in conto ai lockdown.
I morti per Covid in Italia sono, per ora, 45mila, cioè lo 0,075% della popolazione italiana. Stroncare le strutture nervose, sociali ed economiche di un Paese per una percentuale di morti quasi irrilevante a me sembra irrazionale. Ma naturalmente anche questa è un’opinione che potrebbe cadere sotto la mannaia della censura.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 18 novembre 2020