Alle prossime elezioni mi presenterò candidato con l’ambizione di diventare premier visto che questa carica l’ha ricoperta anche la suorina catto boyscout Matteo Renzi. È quindi doveroso che io presenti il mio programma ai concittadini.
In politica estera seguirò la linea indicata da Angela Merkel che qualche anno fa disse apertis verbis e senza coperture diplomatiche: “gli americani non sono più i nostri amici di un tempo, dobbiamo imparare a difenderci da soli”. Quindi basta con questa alleanza sperequata per cui gli americani possono tenere sul nostro territorio 60 basi militari, alcune nucleari, e noi sul loro nemmeno una garitta. Basta con l’extraterritorialità di queste basi per cui i militari americani possono provocare disastri come il Cermis (20 morti) o stuprare le nostre ragazze ma non vengono giudicati in Italia bensì negli Stati Uniti e questi processi vanno a finire regolarmente nel nulla. Basta con la Nato, altra alleanza sperequata. La Nato, al cui comando per salvare le apparenze viene messo un qualche Quisling norvegese o danese è un organismo nelle piene mani americane di cui gli Stati Uniti si sono serviti per convincere o costringere alcuni paesi europei, fra cui l’Italia, a partecipare a guerre d’aggressione disastrose (Serbia, Iraq, Libia) che si sono poi regolarmente rivolte contro l’Europa. La Nato, in realtà, è stato lo strumento con cui gli Stati Uniti hanno tenuto per anni, e ancora tengono, l’Europa in uno stato di minorità, militare, politica, economica e alla fine anche culturale e linguistica. A questo proposito, anticipando una parte del programma che fa parte della politica interna, potenzierò le istituzioni culturali all’estero perché la lingua italiana, depurata del romanesco-basic english attualmente usato, resta una delle più belle del mondo con una varietà di sfumature che, per quel che ne so, appartiene solo al russo e non certamente all’inglese che è una lingua soprattutto commerciale (sia detto con tutto il rispetto per Shakespeare e Oscar Wilde).
La mia formula per l’Europa è da sempre la stessa: unita, neutrale, autarchica, armata e nucleare. Unita politicamente, oltre che economicamente, perché nessun paese europeo, nemmeno la Germania, può far fronte da solo a grandi agglomerati come gli Stati Uniti, la Russia, la Cina e a quel potere indefinibile, ma decisivo, che è la grande finanza internazionale. L’Europa politica cui penso non avrà più come punti di riferimento periferici gli Stati nazionali, in prospettiva destinati a sparire, ma le “macroregioni” cioè aree coese dal punto di vista economico, sociale, culturale e anche climatico, che è la vecchia idea Bossi-Miglio. Perché soprattutto in un momento in cui la globalizzazione sembra voler e poter omologare tutto è indispensabile restituire alle persone un’identità anche locale. In questo senso l’Italia è fortunatamente ricchissima: per restare, a titolo d’esempio, al solo Veneto, Rovigo è diversa dalla molto vicina Verona, Verona da Vicenza, Vicenza da Treviso, Treviso da Padova, per non parlare di Venezia che fa caso a sé.
Come diceva Angela Merkel l’Europa deve poter fare da sé non solo dal punto di vista economico ma anche militare. Bisogna quindi togliere alla Germania democratica l’anacronistico divieto di possedere l’Atomica non per aggredire nessuno, ma perché l’Atomica è il deterrente necessario per potersi difendere da soli senza pelose supervisioni. È assurdo che l’Atomica, oltre a Stati Uniti, Russia e Cina, ce l’abbiano paesi come il Pakistan, il Sudafrica, Israele, e non la Germania e quindi, con essa, l’Europa.
Europa neutrale, quindi equidistante fra Stati Uniti e Russia, però con una certa predilezione per quest’ultima perché più vicina geograficamente, culturalmente, inoltre indispensabile per i tedeschi e per noi italiani dal punto di vista del rifornimento energetico.
Apertura economica alla Cina perché è assurdo che noi europei, e noi italiani in particolare, non si possa avere accesso, con scambi reciproci, a un Paese che conta un miliardo e 200 milioni di abitanti destinati a diventar presto dei forti consumatori, perché questo non garba agli Stati Uniti. Ottime relazioni economiche con la teocrazia iraniana, come abbiamo sempre avuto fino a quando gli Stati Uniti di Donald Trump, ma non solo di Trump, hanno posto un veto, perché noi non abbiamo nulla da temere dall’Iran, il problema riguarda semmai Israele e il suo grande protettore americano.
In politica interna, senza negare alcuna delle fondamentali libertà individuali, sarò fortemente statalista e socialista nel senso nobile di questo grande filone di pensiero laico che riprendendo dal cristianesimo delle origini si pone a difesa degli “umiliati e offesi”, cioè dei ceti che oggi vengono chiamati, con pudica ipocrisia, “svantaggiati”. La sanità, ospedali, aziende farmaceutiche, farmacie, dovrà tornare tutta in mano pubblica. Sarà potenziata, nei limiti resi possibili da un debito pubblico enorme accumulato negli anni Ottanta grazie al trio Craxi-Andreotti-Forlani (elargizioni pubbliche in cambio del consenso ai partiti), la ricerca medico-scientifica perché abbiamo dovuto accorgerci che non abbiamo aziende farmaceutiche in grado di produrre vaccini nonostante le influenze potenzialmente mortali non nascano certo con il Covid 19. La Scienza sarà libera in ogni settore perché la scienza è conoscenza e quindi consustanziale all’essere umano, ma non sarà totalmente libera la Scienza tecnologicamente applicata perché, soprattutto in campo medico ma non solo, pone problemi etici e sociali gravissimi.
Per non farla troppo lunga faccio mio il programma che Fausto Bertinotti, prima che, dopo anni di coraggiose lotte sindacali e politiche, si facesse imbalsamare come presidente della Camera, espose a uno scandalizzatissimo Enzo Biagi: “Riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Imposta patrimoniale progressiva su tutte le forme di ricchezza. Tassazione di Bot sopra 150/200 milioni. Obbligo scolastico fino ai 18 anni. Manovra economica senza tagli né tasse”.
Quindi state sereni, pardon tranquilli, miei cari concittadini: è del tutto evidente che non sarò mai premier della Repubblica italiana.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 11 febbraio 2021