Se il cosiddetto Occidente continuerà imperterrito nella propria, costante, estenuante, ripugnante politica di doppio-pesismo, di cui, per restare sul pezzo, dà buona misura quel che sta succedendo a Gaza, con l’equiparazione fra un esercito tecnologicamente avanzatissimo e i guerriglieri straccioni di Hamas, fra i circa duecento razzi sparati verso Gerusalemme e Tel Aviv che hanno causato otto morti e i circa duecentoventi palestinesi uccisi, tra cui un numero imprecisato di bambini, provocati dai bombardamenti israeliani su Gaza (davvero “intelligenti” questi missili se in un sol colpo sono riusciti a sterminare una famiglia composta da due donne e i loro otto bambini, sicuramente terroristi – peraltro, com’è noto, i bambini degli altri sono diversi dai nostri bambini se nella prima Guerra del Golfo, per non affrontare fin da subito l’imbelle esercito iracheno, che era stato battuto persino dai curdi, le “bombe chirurgiche” e i “missili intelligenti” uccisero, fra Bagdad e Bassora, 32.195 bambini, dati del Pentagono) politica sostenuta dai suoi media che, inutilmente vili, riescono a essere più realisti del re, nascondendo le verità scomode o rivelandole a metà il che è ancora più scorretto, dai e ridai farà la fine che si sarà meritato: morirà soffocato dalle sue stesse menzogne.
Una decina di giorni fa c’è stato un attentato terroristico a Kabul contro una scuola media frequentata da ragazzi e ragazze che ha causato 55 vittime. La Reuters, che non è proprio l’ultima agenzia di notizie del mondo, ha subito attribuito l’attentato ai Talebani, seguita poi da pressoché tutta la stampa occidentale. Un falso. Bisognava andare a cercare con la lente sull’Internazionale la notizia, data da Tolo News, che è l’emittente dell’attuale governo afghano e quindi, in questo senso, al di sopra di ogni sospetto, che l’attentato era opera dello Stato islamico, cioè dell’Isis, e che i Talebani avevano escluso ogni loro coinvolgimento. Del resto questa smentita non era nemmeno necessaria. I Talebani, nella loro guerra d’indipendenza, hanno sempre puntato ad obbiettivi militari e politici cercando di limitare il più possibile gli inevitabili “effetti collaterali” per la semplice ragione che non hanno alcun interesse ad inimicarsi la popolazione sul cui appoggio hanno potuto costruire la propria lotta di indipendenza durata vent’anni. Del resto nel “libretto azzurro” del 2009, naturalmente snobbato in Occidente, in cui il Mullah Omar dettava le regole cui dovevano attenersi i suoi combattenti, è scritto a chiare lettere: “Attacchi terroristi e attentati kamikaze. Il sacrificio di valorosi figli dell’Islam è lecito soltanto se il bersaglio è importante, vale a dire solo per obbiettivi militari e politici che abbiano una certa rilevanza col massimo impegno per scongiurare vittime civili”. Per altro c’è un precedente significativo. Quando nel 2014 i talebani pachistani attaccarono una scuola frequentata dai figli dei militari pachistani facendo 156 morti e 130 feriti, il movimento talebano afghano guidato dal Mullah Omar condannò senza se e senza ma quell’eccidio: “L’Emirato islamico è scioccato da quanto avvenuto e condivide il dolore della famiglie dei bambini uccisi nell’attacco”.
Il 10 maggio di quest’anno sul Corriere della Sera a firma di Andrea Nicastro è stato pubblicato un articolo curioso che riguarda i decreti emessi dal Mullah Omar nel 2014. Ecco cosa dicevano questi decreti: “l’istruzione moderna è importante per l’Afghanistan e le donne hanno diritto alla proprietà privata, all’eredità, all’educazione, alla salute, a scegliere il marito, alla sicurezza e a una buona vita”. Questi decreti spazzano via una delle principali motivazioni con le quali gli americani e i loro lacchè giustificarono la propria permanenza in Afghanistan dopo averlo invaso (Operation Enduring Freedom). Per la verità nel frattempo era caduta anche la motivazione ufficiale per cui gli americani invasero l’Afghanistan: una reazione all’attacco alle Torri Gemelle. È stato dimostrato in modo inequivocabile che la dirigenza talebana dell’epoca era del tutto all’oscuro di quell’attentato (sono stati il Washington Post e il New York Times a chiarire che l’attacco all’Afghanistan era stato premeditato sei mesi prima dell’11 settembre per occupare il ruolo lasciato vacante dal ritiro dei sovietici – dagli americani noi prendiamo sempre il peggio, non il meglio che è la loro libertà di stampa). Del resto all’attacco alle Torri Gemelle parteciparono arabi sauditi, yemeniti, tunisini e altri soggetti di paesi arabi, non c’erano afghani, tanto meno talebani. Né afghani, tantomeno talebani, furono trovati in seguito nelle cellule, vere o presunte, di Al Qaida. In un famoso discorso tenuto all’Onu nel 2009 Mu’ammar Gheddafi, fra le varie accuse mosse all’Occidente, fece notare queste incongruenze. E questo discorso costerà la vita al Colonnello.
Ma torniamo a Nicastro. Intanto è bizzarro che Nicastro scopra a sei anni di distanza quei decreti del Mullah Omar a supporto dell’educazione femminile e più in generale delle donne che chiunque si sia occupato di Afghanistan conosceva bene, ma che solo noi abbiamo pubblicato. Probabilmente il Corriere, forse il giornale più vile d’Italia, lo fa perché ormai la guerra all’Afghanistan è perduta e i Talebani l’hanno vinta. Ma Nicastro non riesce a ragionare al di fuori degli schemi occidentali e attribuisce quei decreti del Mullah al bisogno di procacciarsi il consenso. Omar non aveva bisogno di nessun consenso, perché ce l’aveva. In Afghanistan il prestigio non lo si conquista con le schede elettorali ma attraverso l’esempio di una vita. “Combattente, giovanissimo, contro gli invasori sovietici, perdendo un occhio in battaglia e subendo altre quattro gravi ferite, combattente, vittorioso, contro i ‘signori della guerra’ che avevano fatto dell’Afghanistan terra di abusi, di soprusi, di assassinii, di stupri, di taglieggiamenti e di ogni sorta di violenze sulla povera gente, riportandovi l’ordine e la legge … Infine leader indiscusso per quattordici anni della resistenza contro gli ancora più arroganti e moralmente devastanti occupanti occidentali” (necrologio rifiutato dal Corriere della Sera). Nel 2014 il prestigio di Omar era indiscusso anche presso la popolazione femminile, anche presso le professioniste che più di tutti avevano subito la sua rigida interpretazione della Sharia. Non aveva alcun bisogno di acrobazie elettorali democratiche alla Matteo Renzi o alla Matteo Salvini. Quando nel 2013 o 2014, non ricordo bene, a Ballarò cercai di spiegare queste cose e, storpiando un po’ l’italiano al fine di farmi capire, dissi: “Nego nel modo più assoluto che il Mullah Omar sia meno rappresentativo della sua gente del fatto che qui si mette una scheda in un’urna e salta fuori Renato Schifani” ci fu una risata generale ma io alla trasmissione del pur ottimo Floris non misi più piede. Questa, come dicevo, è la Democrazia che occulta, ottunde e emargina tutto ciò che la possa disturbare. Che Allah ti abbia sempre in gloria Omar. Io mi auguro che dal tuo Paradiso, che non è il mio, tu possa vedere i frutti di una vita interamente dedicata alla difesa del tuo Paese e, soprattutto, della povera gente del tuo paese.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 19 maggio 2021
"Ai tempi mostri." (Il Ribelle dalla A alla Z)