"Il combattente che non combatte perde ogni legittimità" (Il Mullah Omar)
La disastrosa guerra all’Afghanistan si è conclusa nel più sciagurato e nello stesso tempo emblematico dei modi: per colpire una cellula dell’Isis un drone americano ha ucciso dieci persone tra cui sei bambini. Se le cose stanno così i costi superano i benefici. La cosa migliore sarebbe che l’`intelligence` americana segnalasse ai Talebani dove sono le cellule Isis e poi lasciare che siano loro ad operare sul campo. Dico che quest’ultima, drammatica, scena è emblematica perché riguarda l`intero modo con cui gli occidentali hanno combattuto, o per meglio dire non hanno combattuto, la guerra afghana, usando preferibilmente i B52 e i droni. Una cosa che ha compattato la maggioranza della popolazione afghana, talebana, non talebana, anti-talebana, perché nella loro concezione questo è un modo troppo vile di combattere.
Una collaborazione fra Talebani e americani è oggi possibile, perché comune è il nemico: l’Isis. Per la verità i Talebani combattevano l’Isis già da cinque o sei anni, da quando gli uomini dello Stato islamico avevano cominciato a penetrare in Afghanistan. Ma dovendo combattere su due fronti, contro gli occupanti occidentali e i terroristi dell’Isis, avevano trovato molte difficoltà a fermare quella avanzata. Sbarazzatisi degli occupanti adesso avranno le mani molto più libere.
Detto questo trovo ingenerose e persino vili le feroci critiche con cui alcuni governanti europei e i media internazionali (con qualche eccezione, Paolo Mieli, Corriere della Sera, 25/8) hanno coperto Joe Biden per il fatto stesso di aver lasciato l’Afghanistan. Per la verità questa decisione era stata presa da Trump (diamo a the Donald quello che è di the Donald) ed era l’unica possibile perché era assurdo continuare una guerra ventennale che, come aveva riconosciuto lo stesso Pentagono, "non si poteva vincere", e che, oltre ad avere un costo enorme, causava ogni anno migliaia di vittime civili. Biden non ha fatto che seguire quella strada. In modo maldestro certamente, ma non è lui il responsabile del disastro afghano. Dico che è vile da parte degli europei colpire gli Stati Uniti in un momento di indubbia debolezza perché li avevano seguiti fin qui come cani scodinzolanti anche nelle decisioni più sbagliate. Si poteva capire fin da subito che i talebani erano un obiettivo sbagliato e che gli uomini del Mullah Omar nulla avevano a che spartire con Bin Laden tranne il fatto che se l’erano trovato sul proprio territorio (ce lo aveva portato Massud dal Sudan). Il giorno dopo l’attentato dell’11 settembre, mentre le folle arabe di tutto il mondo scendevano in piazza per manifestare la loro gioia, il governo del Mullah Omar mandò un comunicato ufficiale di condoglianze al governo degli Stati Uniti e al popolo americano che così recitava: "Bismullah ar-Rahman ar-Rahim [Nel nome di Allah, della grazia e della compassione] Noi condanniamo fortemente i fatti che sono avvenuti negli Stati Uniti al World Trade Center e al Pentagono. Condividiamo il dolore di tutti coloro che hanno perso i loro familiari e i loro cari in questi incidenti. Tutti i responsabili devono essere assicurati alla giustizia. Noi vogliamo che siano puniti e ci auguriamo che l’America sia paziente e prudente nelle sue azioni". Ma gli Stati Uniti non furono affatto prudenti, la loro voglia di vendetta era troppa e doveva essere pur scaricata su qualcuno. E non cambiarono atteggiamento nemmeno quando qualche anno dopo fu accertato che la dirigenza talebana dell’epoca era assolutamente all’oscuro di quell’attentato. Ormai i talebani dovevano essere bollati come "terroristi internazionali", anche se terroristi internazionali non lo sono stati mai. Perché non sono mai usciti dal loro paese come del resto l’Afghanistan stesso non è mai uscito dai propri confini, non ha mai aggredito ma è sempre stato aggredito, dagli inglesi nell’Ottocento, dai sovietici nel 1979-1989 e dagli occidentali a partire dal 2001.
I responsabili della tragedia afghana con i suoi errori e i suoi orrori (le vittime civili, secondo calcoli approssimativi sarebbero 170.000, ma in realtà sono molte di più perché nessun organismo internazionale s’è mai preso la briga di fare calcoli più precisi e queste vittime sono nella maggior parte dei casi opera degli occidentali) vanno quindi ricercati nei presidenti americani George W Bush e Obama che hanno preceduto Trump. Nessun commentatore europeo ha mai alzato un laio per quelle vittime e anche il Papa, che ogni giorno prega per questo e per quello, si è accorto solo adesso che esiste un paese che si chiama Afghanistan.
Quale sarà il futuro dell’Afghanistan è difficile prevedere. La cosa migliore è che tutte le potenze e medio potenze si tolgano di mezzo, questa esperienza è già stata fatta. È toccato al comandante delle truppe sovietiche che occuparono l’Afghanistan dire anni fa la cosa più sensata. A un giornalista di Rai 1 che gli chiedeva "che cosa possiamo fare per salvare l’Afghanistan?", rispose "bisogna lasciare che gli afghani si salvino da soli".
Adesso il problema maggiore, Isis a parte, è il rapporto tra pashtun, che rappresentano il 42% della popolazione, e i tagiki che sono il 27%. Quando si parla di un governo "inclusivo" si pensa ad un esecutivo che comprenda anche rappresentanti tagiki pur se son stati proprio i tagiki, con il loro capo Aḥmad Sham Massud, il "Leone del Panjshir", ad aprire la strada agli americani. È dubbio che in questo governo possa entrare il figlio di Massud. Per due motivi. Perché mentre i suoi coetanei si battevano, versando litri di sangue, contro gli occupanti, lui se ne stava a Londra e a Parigi. E soprattutto perché le sue prime dichiarazioni sono molto bellicose nei confronti dell’attuale governo provvisorio talebano. Si rischierebbe cioè un’altra guerra civile, interetnica, quella che il Mullah Omar aveva stroncato nel 1996 dando sei anni di ordine e di pace a quel paese.
Il Fatto Quotidiano, 1 Settembre 2021