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Il Panshir è stato conquistato in soli quattro giorni, con pochissime perdite da una parte e dall’altra. Perché i tagiki hanno di fatto rinunciato a combattere. Il figlio di Massoud, Ahmad Massoud junior, dopo i roboanti proclami in cui dichiarava che era disposto a resistere armi in pugno fino alla morte, è fuggito in Tagikistan insieme all’ex vicepremier Amrullah Saleh. Se te ne stai a Londra e a Parigi mentre i tuoi coetanei combattono l’occupante straniero non basta essere figlio del "leone del Panshir" per acquistare dimestichezza col combattimento e soprattutto il carisma necessario. Inoltre i giornalisti occidentali che sono riusciti a raggiungere il Panshir, come il bravissimo Lorenzo Cremonesi, hanno costatato, "con sorpresa" dicono, che molti tagiki erano arruolati alla causa talebana. È stato anche per la loro conoscenza dei luoghi, un intricatissimo crocevia di piccole e profondissime valli fino a ieri considerate inespugnabili, che la battaglia è stata breve e quasi incruenta. Che molti tagiki fossero diventati talebani non è per noi una sorpresa e non dovrebbe esserlo nemmeno per i nostri lettori. Più volte abbiamo scritto che la perdurante occupazione americana, con lo strascico di decine di migliaia di vittime civili causate soprattutto dai bombardieri e il modo vile di combattere degli occidentali, aveva finito per compattare tutti, o quasi, gli afghani: "talebani, non talebani, anti-talebani". E fra gli "anti-talebani" c’erano soprattutto i tagiki, loro storici avversari, col dente avvelenato perché il Mullah Omar e i suoi uomini li avevano battuti durante la guerra civile del 1994-1996, ricacciando Massoud nel Panshir e costringendo gli altri "signori della guerra", Ismail Khan e Gulbuddin Hekmatyar, forse il personaggio più sibillino della compagnia, a rifugiarsi in Iran e l’uzbeco Rashid Dostum a scappare in tutta fretta in Uzbekistan.

Questa è la più importante e confortante notizia che ci viene dall’Afghanistan. Perché significa che non ci sarà alcuna guerra civile fra pashtun e tagiki come qualcuno aveva paventato e forse sperato, francesi in testa. Non ci sarà cioè quel conflitto civile fra "signori della guerra" cui il Mullah Omar pose fine nel 1996 e che è all’origine della tragedia afghana dell’ultimo quarto di secolo.

Nel frattempo i Talebani cercano di mostrarsi nel modo più rassicurante possibile. Come aveva fatto il Mullah Omar nel 1996 dopo la presa del potere hanno proclamato un’amnistia generale per tutti gli afghani che, anche ad alti livelli, hanno collaborato con gli occupanti. Del resto il nuovo governo a guida talebana ha bisogno, per ricostruire un paese devastato da vent’anni di guerra, di tecnici, di ingegneri, di medici, di personale specializzato e non può permettersi di essere troppo integralista su questo punto. Inoltre, e per lo stesso motivo, il governo talebano ha inviato una lettera ufficiale a Martin Griffiths, vicesegretario Onu per gli Affari umanitari, in cui si impegna a "levare ogni ostacolo agli aiuti, proteggere la vita degli operatori umanitari, non entrare nelle basi Onu e di altre Ong" e chiede aiuto alla comunità internazionale "per la ricostruzione e la lotta al narcotraffico".

Resta il problema della scuola. È molto difficile che i Talebani rinuncino a un loro chiodo fisso: la separazione degli edifici per gli studenti maschi e femmine saranno sicuramente escluse le classi miste, che del resto non c’erano da noi nemmeno quando studiavo io e le ragazze dovevano indossare dei casti grembiuli neri. In quanto ai programmi scolastici che verranno stabiliti dal Ministero dell’Istruzione, se saranno schiacciati completamente sulla sharia o aperti anche alla cultura occidentale, è questione che non ci riguarda.  

Il Fatto Quotidiano, 17 Settembre 2021