Una cosa è certa: la fine dell’era Covid, ammesso che ci sia una fine perché essendoci ostinati a combatterlo frontalmente il virus, che non è cretino e non gli va per nulla di crepare, continua a mutarsi costringendoci a un perenne inseguimento, saremo tutti meno sani e più deboli anche chi il Covid non se l’è beccato. La nostra salute psichica e fisica, non può superare indenne anni di stress. C’è lo stress ovvio, per così dire primario, della paura, a mio parere comunque eccessiva, di contrarre l’infezione. E c’è lo stress, ancora più opprimente, dell’ossessiva informazione sul Covid. Il Corriere della Sera, per dirne una, dedica ogni giorno dalle due alle undici pagine al Covid. Dell’ora e mezza della sua programmazione serale SkyTg24, fino al pre-Covid un bel programma, meno omologato della maggioranza degli altri Tg, dedica sì e no cinque minuti ad altre notizie, in genere per infamare, in modo del tutto unilaterale e colmo di pregiudizi, l’Afghanistan talebano.
Poi ci sono i bollettini quotidiani della cosiddetta “cabina di regia”. Che cosa sia mai questa “cabina di regia” non è dato sapere, perché non è prevista da nessun articolo della Costituzione. In tempi pre Covid le cose funzionavano così: il Consiglio dei ministri prendeva una decisione che doveva passare al vaglio del Parlamento e solo poi, se approvata da entrambi i rami, veniva pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale e diventava legge dello Stato. Adesso il Parlamento è continuamente bypassato dai decreti e lo stesso Consiglio dei ministri, che non ha il tempo materiale di leggere i provvedimenti, dall’onnipotente “cabina di regia” che non si capisce bene da chi sia composta, probabilmente da Mario Draghi e i suoi cari.
Ma torniamo alla responsabilità dei media. I morti per tumore in Italia sono ogni anno più di 190mila (quelli da Covid in due anni sono stati circa 136mila) è chiaro che se ogni giorno i media pubblicassero i numeri di coloro che sono morti per tumore e di coloro che si sono ammalati, sempre di tumore, le persone andrebbero nel panico e anche un dolore al dito mignolo del piede destro verrebbe sentito come un angoscioso avvertimento. Francesco Vaia, capo dello Spallanzani di Roma, ha detto a chiare lettere: “il quotidiano insopportabile bollettino non dice nulla più se non spaventare le persone”.
Ma lo stress degli stress è il continuo stop and go. Tu non sai se domani potrai fare quello che fai oggi. Puoi andare al cinema sì o no e in che modo, distanziato dall’amico che ti accompagna, sì o no? Al ristorante ci puoi andare, sia pur con ogni precauzione, tua e del ristoratore, sì o no? E se nel frattempo ti mettono il coprifuoco alle dieci che fai? Nell’incertezza meglio farsi una sega, per sua natura solitaria, dietro una siepe. Sei milanese e hai programmato per Capodanno di andare a trovare la tua fidanzata che abita a Firenze. Eh già, ma se nel frattempo la Toscana è diventata zona gialla o arancione rischi di trovarti intrappolato a Firenze sine die. Il povero e criticatissimo Conte faceva la sua relazione ogni sera, e perlomeno ci metteva la faccia, l’anonima “cabina di regia” prende decisioni ad ogni ora del giorno che ti cadono sulla testa come un fulmine a ciel sereno. Il Green Pass vale nove mesi o sei mesi o piuttosto quattro, come sarebbe più logico visto che la copertura vaccinale dopo quattro mesi è praticamente inesistente? E comunque un vaccino che vale solo per quattro mesi ha l’efficacia poco più di un clistere. Solo che il clistere procura dei piaceri più o meno indebiti, l’incertezza sul Green Pass solo stress.
Il Fatto Quotidiano, 29 dicembre 2021