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Noi occidentali, a furia di apericena, ci siamo dimenticati di che cos’è la guerra, non ne abbiamo più la percezione. La guerra è esattamente ciò che vediamo, ciò che guardiamo da poco più di un mese per televisione con un voyerismo morboso che lo scrittore Antonio Scurati si è spinto a definire “osceno”. Non è per nulla diversa, anzi forse un po’ più soft, di quelle, recenti, che l’hanno preceduta: la guerra sovietica all’Afghanistan (1979-1989), la prima guerra del Golfo (1990), la guerra Nato-americana alla Serbia (1999), durante la quale fu bombardata per 72 giorni una grande capitale europea come Belgrado che, con tutto il rispetto,  è qualcosa di più di Kiev, che è stata importante ma in altri secoli della storia russa, l’invasione e occupazione dell’Afghanistan da parte degli occidentali e altri loro accoliti di varia umanità (2001-2021), la guerra all’Iraq del 2003, la guerra franco-americana-italiana alla Libia del colonnello Gheddafi del 2011. La differenza, rispetto a quelle, è che oggi la guerra all’Ucraina noi la vediamo e ci commuoviamo per gli eccidi, per i civili morti, per i bambini morti, per i palazzi abbattuti così simili ai nostri. Ma non è affatto detto che questa commozione abbia a che fare con una vera adesione alle sofferenze del popolo ucraino. Ci commuoviamo per poterci compiacere della nostra commozione. Altrimenti uno alzerebbe il culo, lascerebbe le usate opre, e andrebbe a battersi da quelle parti, come ha fatto Edy Ongaro che è morto combattendo in Donbass, peraltro a favore dei filorussi di quella regione e contro l’esercito ucraino che in quella guerra, “a bassa tensione” come è stata definita, non è certo andato con mano leggera.

Dei morti afgani nella guerra contro i sovietici non si sa quasi niente, perché gli afgani, com’è noto, non sono propriamente degli esseri umani. Qualcosa di più si sa della guerra combattuta, si fa per dire, dagli occidentali contro i Talebani a partire dal 2001. Ci sono stati bombardamenti su Kabul, su Kunduz, su Mazar e Sharif, ospedali spianati, a partire da medici senza frontiere a Kunduz (42 morti, tra cui 14 medici e tre bambini). Infinite volte gli occidentali hanno fatto strage di matrimoni scambiandoli per un raduno di “terroristi” talebani (diciamo un centinaio di morti a volta, sposi compresi). Le cosiddette Organizzazioni umanitarie non hanno fatto calcoli precisi sulle vittime civili afgane durante i vent’anni di guerra (li hanno fatti per i contingenti degli occupanti), si calcola comunque, in modo approssimativo, che siano state circa 300 mila senza contare gli individui menomati per sempre, bambini compresi, dalle bombe al fosforo e dai proiettili all’uranio impoverito. I morti civili durante la prima guerra del Golfo, a causa dei bombardamenti su grandi città come Baghdad e Bassora, sono stati: 86.164 uomini, 39.612 donne e 32.195 bambini (dati Pentagono). La seconda guerra del Golfo ha provocato, in modo diretto o indiretto, dalle 650 alle 750 mila vittime civili. L’aggressione alla Serbia ha fatto più di 5000 morti, di cui 500 erano albanesi, cioè proprio quelli di cui dicevamo di essere andati in soccorso. Dei morti civili causati dall’aggressione franco-americana-italiana alla Libia di Gheddafi non si sa nulla. Si sa solo che, per non farci mancar nulla, abbiamo assassinato anche un nipotino del Colonnello. In quanto alle conseguenze di quella guerra illegittima a prescindere (l’Onu era contraria) sono, a dieci anni di distanza, sotto gli occhi di tutti e non è il caso di tornarci sopra per l’ennesima volta.

L’esibito vittimismo di Zelensky comincia a dar fastidio. Chiede aiuto a tutti, in qualsiasi sede: che gli vengano fornite armi il più letali possibile. Bene, durante la guerra russo-afgana i grandi comandanti militari, i “signori della guerra”, Massud, Gulbuddin Hekmatyar, Ismail Khan, Dostum, ebbero l’aiuto, in funzione anti sovietica, degli americani che fornirono loro i decisivi missili terra-aria Stinger. E quando cominciarono a cadere gli aerei e gli elicotteri i sovietici batterono in ritirata. Invece i Talebani contro gli occidentali non hanno avuto l’aiuto di nessuno, né lo hanno chiesto, del resto nessuno gliel’avrebbe dato perché il Mullah Omar (e i suoi) era per definizione il “mostro”. Hanno dovuto combattere con i soli kalashnikov contro un esercito che al culmine della guerra contava su 400 mila effettivi, ma soprattutto su bombardieri, caccia, droni. Ci hanno messo vent’anni ma questi delinquenti li hanno cacciati con le loro mani, senza pietire aiuti da nessuno.

La guerra afgana, a nostro parere, è la più significativa di quelle recenti. Per due motivi. Primo. Dimostra che se ci si batte per degli ideali, giusti o sbagliati che siano, si può prevalere su eserciti superarmati che queste motivazioni non hanno, se non quella di difendere gli interessi di chi li comanda. Secondo. Mentre le guerre del Golfo, in precedenza la guerra per le Falkland o Malvinas fra inglesi e argentini, e la stessa guerra di Putin sono, se si può dir così, delle oneste guerre di conquista (questo territorio è mio, non è tuo), quella agli afgani del Mullah Omar è stata una guerra puramente ideologica: non ci piaceva come viveva quella gente. E poiché non ci piaceva come viveva quella gente abbiamo occupato, invaso un Paese e fatto 300 mila morti.

A parer nostro la civiltà di un popolo non si misura da come vi vengono trattate le donne, ma da come si trattano i prigionieri. Tutti i prigionieri dei Talebani sono stati sempre trattati con estrema correttezza, in particolare proprio le donne avendo riguardo alle loro esigenze femminili. Noi abbiamo alle spalle, e ancora oggi, Guantanámo, Abu Ghraib, Abu Omar. E nemmeno Zelensky e i suoi hanno, da questo punto di vista, la coscienza del tutto pulita, se è autentico quel video in cui si vedono i soldati ucraini sparare alle gambe di prigionieri inermi, a terra, legati e incappucciati.

Adesso si vorrebbe trascinare Vladimir Putin davanti al Tribunale internazionale dell’Aja per “crimini di guerra”. Su questi Tribunali il lettore sa come la pensiamo: sono i Tribunali dei vincitori e non hanno alcun valore né legale né morale, se, putacaso, questa guerra la vincesse Putin sul banco degli imputati si troverebbe Zelensky. Ha detto la portavoce del ministro degli Esteri russo Lavrov, Maria Zacharova: “Ottima idea questa del processo. Possono iniziare con i bombardamenti della Jugoslavia e l’occupazione dell’Iraq. Quando hanno finito possono passare alle bombe nucleari sul Giappone”. Noi aggiungiamo i bombardamenti indiscriminati su Dresda, Lipsia e Berlino che avevano di mira essenzialmente i civili perché, come dichiararono esplicitamente i comandi politici e militari americani, si voleva “fiaccare la resistenza del popolo tedesco”.

Il Fatto Quotidiano, 8 aprile 2022