Nell’ambito del processo Ruby ter la Procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio di Silvio Berlusconi per “corruzione in atti giudiziari”. E subito si è alzata da parte non solo dei berlusconiani ma di tutte le destre la consueta litania dell’“accanimento giudiziario”, categoria giuridica di nuovo conio mai esistita nel diritto , né in quello latino, né in quello bizantino (Gaio e Giustiniano), né nel Codice albertino di ispirazione napoleonica, né nel Codice Rocco, né nell’attuale.
Cominciamo col dire che la richiesta di rinvio a giudizio non è ancora il giudizio, che non spetta ai Pm ma al giudice terzo, è solo una fase del procedimento.
In questa vicenda Berlusconi ha commesso un errore. Si è spaventato. Ha temuto che i giornali, in assenza di un segreto istruttorio che non esiste più, raccontassero ciò che effettivamente avveniva nelle “feste eleganti” di Arcore. Ma in queste feste non accadeva nulla di penalmente rilevante. Il Presidente del consiglio, come qualsiasi altro cittadino, in casa sua fa quello che più gli piace a meno che non si tratti di reati. E la prostituzione, ammesso che le ragazze invitate concedessero i loro favori in cambio di denaro, nel nostro Paese non è un reato, anche se il bigottismo cattolico, e non solo, italiano ha più volte cercato di renderla tale. Lo sono lo sfruttamento (il classico magnaccia) e il favoreggiamento della prostituzione. Per questo Gianpaolo Tarantini è stato condannato a 2 anni e 10 mesi perché reclutava le ragazze per le feste dell’ex Cavaliere, mentre Berlusconi ne è uscito indenne perché ne era solo “l’utilizzatore finale”. Anche la posizione della stessa Ruby, minorenne all’epoca dei fatti, è dubbia. Oggi una ragazza di 17 anni è minorenne solo per l’anagrafe e certamente quando incontri una ragazza non gli puoi chiedere subito la carta d’identità. Berlusconi quindi può essersi legittimamente sbagliato. Certo piacerebbe che il nostro Presidente del consiglio si circondasse non dico di filosofi e artisti, come faceva Nerone alla sua mensa, ma di giovani donne un po’ più presentabili. E io dico, scherzando, che la differenza tra la Francia e l’Italia è questa: Sarkozy ha sposato una delle donne più affascinanti d’Europa, Berlusconi si accontentava della D’Addario. Ma questi sono gusti personali su cui nessuno ha diritto di mettere il becco, tantomeno la Giustizia che non deve dare giudizi morali, ma solo penali, cioè accertare se un dato comportamento corrisponda a un reato.
Il nocciolo della questione non sono quindi le feste di Arcore, ma se Berlusconi abbia pagato le ragazze che vi parteciparono perché testimoniassero il falso al processo, e cioè che quelle feste non erano orge, peraltro del tutto legittime, ma ingenui trastulli. Questa è “corruzione in atti giudiziari” ed è di questo che ci si occupa nel processo di Milano. Si sa che Berlusconi nei mesi e negli anni successivi ha pagato molte ragazze, a suon di migliaia e a volte di milioni di euro oppure con altre regalie. L’ex Cavaliere si è difeso affermando che era un risarcimento per il discredito che le ragazze avevano subito per l’istruttoria e l’eco che ne aveva dato la stampa. Su questo dovrà giudicare il Tribunale di Milano.
Si è sottolineata l’abnorme durata del processo. In particolare Salvini ha affermato: “E’ inammissibile essere vicini alla prima sentenza dopo 7 anni”. Vero. Ma questo non riguarda solo il processo e i processi a Berlusconi. L’esasperante durata delle procedure è il principale problema del diritto italiano sia nel penale che nel civile. E’ sfibrante stare anni sulla graticola, senza sapere come andrà a finire. Ma è altrettanto vero che è stato proprio Berlusconi, con i suoi giannizzeri politici, a inzeppare le procedure penali di norme garantiste, ipergarantiste, supergarantiste, spesso “ad personam”, che hanno allungato ulteriormente le già lentissime procedure per consentirgli di arrivare alla prescrizione. Berlusconi ha usufruito di nove prescrizioni e in almeno tre casi la Cassazione ha accertato che i reati che gli venivano attribuiti, in cui c’era, guarda caso, la “corruzione di testimoni”, li aveva effettivamente commessi, ma che era passato il tempo utile per sanzionarli.
Secondo un’indagine Eurispes, due italiani su tre non hanno fiducia nella Giustizia. E lo credo bene. E’ da trent’anni, da subito dopo Mani Pulite, che l’imponente apparato dei media berlusconiani e degli uomini politici a lui legati, con l’aiuto delle destre che pur alla legalità, per ragioni storiche, dovrebbero tenere, conducono una continua, capillare, devastante campagna di delegittimazione della Magistratura. E’ naturale che tale percezione sia scesa giù per li rami fino al normale cittadino. Inoltre non c’è uomo politico o personaggio pubblico con qualche rilievo che raggiunto da una condanna non faccia il ponte isterico dichiarando di essere vittima di un “complotto” ai suoi danni. Anch’io sono stato condannato, in primo grado, in seguito a una querela dell’onorevole Brunetta. Potrei anch’io stracciarmi le vesti affermando che si vuole colpire la libertà di stampa. Non sono così presuntuoso e non lo faccio. Faccio quello che dovrebbe fare qualsiasi cittadino, politico e non: mi appello.
Del tutto anomalo, ma in Italia non c’è mai niente di normale, è che ministri o sottosegretari dell’attuale Governo, dallo stesso Brunetta a Mara Carfagna, a Maria Stella Gelmini, a Deborah Bergamini, abbiano espresso la loro solidarietà a Berlusconi. Cioè costoro contestano le istituzioni di cui fanno parte. Particolare, in questo senso, è poi la posizione di Francesco Paolo Sisto, sottosegretario alla Giustizia, l’ultimo che può contestare la Giustizia è uno che, dopo la ministra Marta Cartabia, ne è uno dei principali responsabili. Sisto è stato poi uno degli avvocati di Berlusconi. Ci pare evidente il conflitto di interessi. E’ come se nella DDA fosse messo l’avvocato di Matteo Messina Denaro.
Detto quello che abbiamo detto, è ovvio che la Magistratura italiana, tranne la breve parentesi di Mani Pulite, non è per nulla immacolata. La tabe maggiore è la divisione in correnti, di sinistra, di centro, di destra. C’è sempre quindi l’inevitabile sospetto che il magistrato, anche qualora si sia comportato in modo ineccepibile, abbia agito seguendo la propria ideologia. E questo naturalmente fa il gioco di quei politici che, raggiunti da un qualsiasi provvedimento, si dichiarano vittime della “magistratura politicizzata” e quasi “prigionieri politici” come si dichiaravano i brigatisti rossi, più coerenti perché loro nelle Istituzioni non c’erano mentre questi ci stanno con tutti e due i piedi.
Ma il problema principale resta la lunghezza dei processi che incide sia sulla durata della carcerazione preventiva sia sulla libertà di stampa. Se le istruttorie durano anni è difficile impedire alla stampa di occuparsene, equivarrebbe a metterle la mordacchia. Per quel che mi riguarda io ho segnalato questo problema dal 1971 quando iniziai a fare il cronista giudiziario per l’Avanti!. Da allora nulla è cambiato se non in peggio sovraccaricando ulteriormente il processo di norme che ne impediscono di fatto il funzionamento.
Ritornando a Berlusconi, due sentenze mi hanno scagionato per aver io raccontato che nei primi anni ‘70 quello che era allora solo un imprenditore truffò, in combutta con Cesare Previti, per miliardi, Anna Maria Casati Stampa, minorenne e orfana di entrambi i genitori morti in circostanze tragiche. I Tribunali hanno accertato che quella truffa ci fu. Per me una cosa del genere va ben al di là del processo per corruzione di testimoni in cui attualmente è implicato l’ex Cavaliere. E’ come se uno picchiasse un bambino per strada, davanti a tutti, e ne uscisse fra l’indifferenza generale. Un uomo del genere a me, sarò fatto in modo sbagliato, fa orrore. Gli preferisco di gran lunga Renato Vallanzasca che non si è mai sottratto ai suoi giudici e ha sempre ammesso la potestà dello Stato di punirlo per i suoi reati. Un bandito leale.
Il Fatto Quotidiano, 31 maggio 2022