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Il pm di Milano Luca Poniz ha derubricato le accuse che venivano addebitate ad alcuni docenti universitari per “associazione a delinquere, corruzione, abuso d’ufficio e falso” in un sistema di “cooptazione, immanente logica di scambio nella quale a ognuno toccherà il proprio ‘turno di riconoscimento’”. Fatto “deprecabile e pessimo costume” dice il pm, ma non illecito.

Per la verità questa “logica di scambio” era stata già denunciata da un docente inglese nel 2017, Philip Laroma Jezzi, attivo a Firenze, e sette docenti universitari fiorentini erano stati arrestati (pardon “messi ai domiciliari”, non sia detto mai che una persona così rispettabile come un illustre docente sia messo davvero in gattabuia). Ma adesso anche il “voto di scambio”, che è presente in ogni università italiana, ha avuto, di fatto, il suo condono. L’accusa di “associazione a delinquere”, che richiama immediatamente all’associazione mafiosa, era secondo me eccessiva. Ma è fuori discussione che i metodi all’interno del mondo universitario siano di tipo mafioso o comunque clientelare (“Io metto il tuo protetto qui e tu metti il mio protetto là”). C’è voluto un docente inglese per denunciare questo marciume e un collega che voleva “cooptare” anche Laroma gli ha detto: “Dai, non fare l’inglese”, cioè non comportarti da persona onesta. Laroma non ha ceduto, da qui gli arresti.

Io non dubito che molti docenti universitari italiani conoscano la propria materia e, cosa ancora più importante, sappiano trasmetterla ai loro studenti. Ho qualche amico nel campo e, per quel che conta, posso confermarlo. Ma l’insegnamento di fondo di questi docenti, bravi o meno bravi, quelli che dovrebbero educare i nostri giovani, è devastante: dimentica ogni etica e sarai protetto. È mafia o non è mafia questa? Come minimo è omertà di stampo mafioso. Infatti in tanti anni non c’è stato docente, per quanto prestigioso, che abbia alzato non dico un dito ma un laio contro questo sistema. Insomma l’omertà ha prevalso su tutto. C’è voluto un inglese, rara avis, per smascherarla, ma intanto le cose procedono come sempre.

Da questo tritacarne è stato stritolato anche mio figlio, docente, per nove anni, di matematica con indirizzo statistico alla Statale di Milano. Per nove anni ha sostituito il professore in tutto, nelle lezioni, negli esami, nelle tesi. Sembrava il candidato naturale per il posto di associato che è la base di ogni carriera universitaria, ma al momento del dunque, oplà, mistero gaudioso, annunciazione dell’Angelo, la cattedra l’ha presa la moglie del prof. Mio figlio ha scritto un libro, più o meno in contemporanea alla denuncia di Laroma, in cui parla del marciume universitario in generale ma anche della sua personale vicenda. C’è una pagina per me particolarmente dolorosa. È quella in cui il ragazzo, prima che sia dato il verdetto, si allontana, consapevole che la sua è stata solo un’illusione.  Certo nel sistema della “cooptazione” avrebbe potuto avere in seguito una cattedra a Reggio Calabria o chissà dove. Ma ha rifiutato questo declassamento.

Insomma nove anni di professione buttati via. Noi genitori eravamo molto preoccupati, ma lui si è rimesso in piedi da solo. Io non gli ho mai dato una mano avendo ereditato il principio ottocentesco di mio padre secondo il quale i figli non si aiutano perché avranno così la soddisfazione che tutto ciò che otterranno nel loro mestiere, o mestieri, sarà solo farina del loro sacco. Principio già idiota negli anni Cinquanta, quando mio padre era vivo e ci inculcava questi dettami, adesso, in questa società fatta di familismi, di clientelismi, di “cooptazioni” ad ogni livello, del tutto incomprensibile.

Però adesso, per confortarci e rallegrarci abbiamo un nuovo ministero: il Ministero del Merito. Ma andate a dar via il cu.

Il Fatto Quotidiano, 9 dicembre 2022