Agli inizi di marzo il debito pubblico degli Stati Uniti ammontava a 31 trilioni di dollari, una settimana dopo questo già stratosferico debito era aumentato di altri 6,8 trilioni di dollari. A che cosa servono questi ulteriori stratrilioni di dollari? Per coprire le spese militari, le spese per le pensioni, per i veterani di guerra e per gli anziani che negli Stati Uniti sono il 15 percento della popolazione visto che il tasso di natalità è del 1,60 percento circa (del resto, fredde statistiche a parte, basta guardare le mummie di Joe Biden e del poco più giovane, si fa per dire, Donald Trump per capire che negli USA non c’è un ricambio generazionale decente).
Io ho dei problemi con gli anziani, con le pensioni, con le spese militari e allora che faccio: butto sul piatto qualche trilione di dollari. Elementare Watson. Ma dove li vado a prendere questi trilioni? Non dall’oro di Fort Knox che non esiste più da quando, facendo un’operazione di chiarezza, il Gold exchange standard fu abolito per decisione di Richard Nixon che, sia detto di passata, è stato il miglior Presidente americano dell’ultimo mezzo secolo (si ritirò dal Vietnam, altra “guerra che non si poteva vincere” come quella all’Afghanistan, aprì alla Cina e fu poi costretto alle dimissioni per uno scandalo da quattro soldi, il cosiddetto Watergate, molto pompato da quelle madonnine infilzate che sono i democratici americani, ma soprattutto da una stampa che dimostrò di essere, ancora una volta, uno dei cancri della democrazia). Li prendono nella forma del credito. È questo stare a credito il motivo delle più importanti crisi economiche internazionali che vengono tutte dagli Stati Uniti, da quella di Wall Street del ’29 a quella della Lehman Brothers del 2008 che si sono riversate poi regolarmente sull’Europa. Solo che nel ’29 il mondo non era ancora globalizzato e i Paesi europei poterono metterci una pezza, in particolare l’Italia mussoliniana con la creazione dell’IRI trasformato poi, dalla Democrazia cristiana nell’Italia repubblicana e democratica, in un carrozzone indecente che pompava denaro dei privati per darli al pubblico, cioè ai partiti con le conseguenze che noi tutti, se si ha una certa età, conosciamo (nella nostra disastrata scuola questi dettagli non si insegnano, ma questo farà parte di un altro articolo per la disperazione di Travaglio).
Lasciando perdere gli Stati Uniti e guardando la faccenda in una dimensione globale, con l’uno percento del denaro esistente nel mondo nelle sue varie forme, azioni, obbligazioni, bond, future, derivati, “fresca” (sempre più rara, esiste ormai solo al tavolo del poker), si potrebbero acquistare tutti i beni e i servizi del mondo. A cosa corrisponde il restante 99 percento? A un colossale credito addebitato al futuro. Bene, ammesso che il futuro sia illimitato (cosa incerta perché nessuno è mai riuscito a capire che cosa sia realmente il Tempo) noi lo abbiamo ipotecato fino a regioni temporali così sideralmente lontane da renderlo di fatto inesistente. E un giorno, non poi così lontano vista la velocità cui stiamo andando, questo futuro, reale o immaginario che sia, ci ricadrà addosso come drammatico presente.
Il Fatto Quotidiano (17 marzo 2023)