Marco Travaglio (Il Fatto 19.3) ha già dato conto, da par suo, degli aspetti grotteschi del mandato d’arresto per Putin spiccato dalla Corte Internazionale penale dell’Aia per “crimini di guerra”: il Trattato che istituisce questo Tribunale non è stato firmato dalla Russia, ma nemmeno dagli Stati Uniti e dall’Ucraina per cui i soli Paesi dove Putin sarebbe al sicuro da questo mandato sono proprio gli USA e l’Ucraina.
Ma noi vogliamo approfondire il discorso rimandandolo ai processi di Norimberga e Tokyo per i “crimini di guerra” commessi dai nazisti, che stanno alla base della costituzione dell’attuale Corte Internazionale dell’Aia. Allora, per la prima volta nella Storia, i vincitori non si accontentarono di essere più forti dei vinti mandandone a morte i capi politici e militari, come si era sempre fatto da che mondo è mondo, ma pretesero di essere moralmente migliori dei vinti tanto da poterli, appunto, giudicare.
I processi di Norimberga e Tokyo suscitarono forti perplessità proprio in campo liberale. Scriveva l’americano Rustem Vambery, docente di diritto penale, sul settimanale The Nation del 1 dicembre 1945: “che i capi nazisti e fascisti debbano essere impiccati e fucilati dal potere politico e militare, non c’è bisogno di dirlo; ma questo non ha niente a che vedere con la legge… Chiunque conosca la storia del diritto penale sa quanti secoli, quanti millenni, ci sono voluti…” per affermare l’esatto contrario dei presupposti dei processi di Norimberga e di Tokyo che pretendevano di sostituire il diritto con la forza, la forza del vincitore. E Benedetto Croce, in un discorso tenuto all’Assemblea Costituente, affermava: “segno inquietante di turbamento spirituale sono ai giorni nostri i tribunali senza alcun fondamento di legge, che il vincitore ha istituito per giudicare, condannare, impiccare, sotto nome di ‘criminali di guerra’, uomini politici e generali dei popoli vinti, abbandonando la diversa pratica, esente da ipocrisia, onde un tempo non si dava quartiere ai vinti o ad alcuni di loro e se ne richiedeva la consegna per metterli a morte, proseguendo e concludendo con ciò la guerra”.
Sulla superiorità morale dei vincitori erano leciti dubbi già allora. Fa una certa specie pensare che sullo scranno dei giurati, a Norimberga, sedevano, per giudicare di “atti di aggressione”, i rappresentanti di un Paese, l’URSS, che aveva assalito e squartato, con un attacco vilissimo, concertato proprio con Hitler, la Polonia e che era responsabile delle fosse di Katyn. Fa specie ricordare che sui banchi dei giudici del processo di Tokyo sedevano rappresentanti del presidente Truman che gettò l’Atomica su Hiroshima e Nagasaki, a guerra ormai finita, con Giappone in ginocchio. Come scriveva l’inglese The Guardian, giornale liberale, il primo ottobre del 1946: “Non è possibile per il mondo esterno – i neutrali e i futuri storici spassionati – sentir parlare di nazismo imputato di “distruzioni indiscriminate” senza ricordare Amburgo e Dresda”. Le bombe su Amburgo, Dresda, Lipsia furono sganciate, per ammissione degli stessi comandi politici e militari americani, “per scoraggiare il popolo tedesco”, cioè direttamente i civili.
Ciò, naturalmente, è nulla rispetto a quello che han fatto poi USA e URSS. Negli anni del Dopoguerra, dal 1945 per arrivare fino a noi, USA e URSS hanno messo a ferro e fuoco il Sud-Est asiatico, usato il napalm e armi chimiche in Vietnam, combattuto guerre in Medio Oriente per interposta persona e sulla pelle altrui, “suicidati” Masaryk e Allende, schiacciato nel sangue la rivolta ungherese, invaso la Cecoslovacchia e l’Afghanistan, difeso e sostenuto i più feroci, sanguinari e criminali dittatori salvo poi dismetterli, quando non più presentabili, a suon di “golpe”, organizzato decine di colpi di Stato, fomentato e guidato, attraverso Kgb e Cia, una buona fetta di terrorismo internazionale. Questo scrivevo sul L’Europeo nel 1986. Ma il peggio del peggio è avvenuto proprio negli ultimi 25 anni con protagonisti non solo Russia e Usa, ma anche alcuni dei più importanti Paesi europei: aggressione alla Serbia (1999), senza l’appoggio dell’ONU anzi contro la sua volontà (5500 morti civili), aggressione e occupazione dell’Iraq (2003-2011) con un bilancio di morti che va dai 650.000 ai 750.000 a seconda delle stime (la più attendibile è quella fatta da una rivista medica inglese che ha paragonato i morti durante un decennio in cui era al governo Saddam Hussein e il decennio successivo: e fan 650.000). Subito dopo che c’era ancora da fare? Aggredire, ad opera di francesi, americani, italiani, senza l’avvallo dell’ONU, anzi contro la sua volontà, la Libia del colonnello Gheddafi. Qui i morti non sono stati ancora calcolati perché lo sconquasso libico è in corso. Poi c’è l’aggressione (2001-2021), all’Afghanistan, non più sovietica ma occidentale. Anche qui i morti non sono stati calcolati perché, si sa, gli afgani, soprattutto se Talebani, non sono propriamente degli esseri umani. Comunque il bilancio, calcolato all’impronta, parla di 400.000 morti civili (depurato dei combattenti talebani, molti dei quali peraltro sono stati deportati a Guantanamo, e molti ancora vi rimangono perché definiti “terroristi”). C’è poi la comparsa dello Stato Islamico e dell’Isis come reazione della parte più radicale dell’islamismo alle continue aggressioni in Medio Oriente degli occidentali: “io vengo a restituirti un po’ del tuo terrore, del tuo disordine, del tuo rumore”, questa canzone di De André è del 1973 e quindi Fabrizio nulla poteva sapere dell’Isis ma vale il concetto base che ha innescato questo particolare terrorismo internazionale: voi ci avete bombardato per anni continuando a vivere tranquillamente la vostra vita, fatta di drink, di apericena, di partite di calcio, di consumo, adesso imparate anche voi che cosa vuol dire essere continuamente sotto attacco. Non è certamente un caso che gli attacchi Isis, almeno quelli in Europa, si siano diretti contro i luoghi del divertimento e del consumo occidentali (Bataclan, Promenade des Anglais, stadi, supermarket). Amedy Coulibaly, autore kamikaze di un attentato a un supermercato kosher a Parigi, lo ha detto chiaramente in un suo testamento postumo: “tutto quello che facciamo è legittimo. Non potete attaccarci e pretendere che non rispondiamo. Voi e le vostre coalizioni sganciate bombe sui civili e sui combattenti ogni giorno. Siete voi che decidete quello che succede sulla Terra? Sulle nostre terre? No. Non possiamo lasciarvelo fare. Vi combatteremo”.
Viene buon ultima, dopo le infinite violazioni del diritto internazionale da parte occidentale, l’aggressione della Russia all’Ucraina che è costata finora, secondo le stime ONU, la morte di 7100 civili. Una goccia di sangue in un mare di sangue.
Hitler avrebbe saputo fare di più e di meglio? Non si sa. E’ un’ipotesi. Un cattolico processo alle intenzioni. Quel che è certo è che Hitler era fatto a Hitler e non si è mai presentato come “benefattore dell’umanità”, a differenza dei giudici della Corte Internazionale penale dell’Aia e dei loro patrocinatori americani ed europei, col consenso unanime, o quasi, dei media e dei loro giornalisti reggicoda.
Post scriptum. Il mandato di arresto a Putin sembra fatto apposta per incancrenire ulteriormente la situazione e mettendo con le spalle al muro il Presidente russo per indurlo a sganciare qualche “atomichetta tattica”, che sarebbe l’inizio della tanto temuta Terza guerra mondiale. Inshallah.
Il Fatto Quotidiano, 26 marzo 2023