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“La domenica delle salme

Non si udirono fucilate

Il gas esilarante

Presidiava le strade

La domenica delle salme

Si portò via tutti i pensieri

E le regine della tua culpa

Affollarono i parrucchieri”

(La Domenica delle Salme, De André)

 

Stiamo riuscendo a fare una figura di palta, cosa che peraltro non c’è mai stata difficile, in Europa e davanti all’intera Europa. A Luglio del 2020 l’Italia era riuscita ad ottenere per il Recovery Found, grazie al dileggiatissimo governo Conte (due) con l’aiuto determinante di Angela Merkel, che aveva messo a sedere i cosiddetti Paesi “frugali” che, non senza qualche buona ragione, diffidavano,  209 miliardi di cui 69 a fondo perduto e il resto in prestiti agevolati, più di qualsiasi altro Paese europeo.

Le cose si sono messe male fin dall’inizio. Probabilmente Draghi non aveva fatto bene i conti che dovrebbe essere il suo mestiere, non conoscendo che ne abbia mai fatto un altro. Siamo stati quasi subito costretti a chiedere a Bruxelles delle dilazioni per i progetti che avevamo presentato e che dovevano essere eseguiti entro il 2026 e anche una maggiore flessibilità perché risultava che alcuni progetti erano del tutto inattuabili  e dovevano essere quindi riconvertiti. La Commissione europea si era messa sul chi va là quando aveva visto che parte dei quattrini del Recovery erano destinati alla riqualificazione degli stadi di calcio di Firenze e Venezia. Sulla necessità di questi lavori una domanda avremmo dovuto forse porcela noi prima degli altri, ma in Italia c’è un certo fanatismo, soprattutto da parte delle cosiddette destre, per le “grandi opere”, vedi il ponte sullo stretto di Messina che non è compreso nel Recovery ma che Salvini ritiene inderogabile (ma che cosa abbiamo fatto di male per averci costui?) nonostante le decine di miliardi spesi per progetti sul ponte che si sono già rivelati impossibili, e urgentissimo come se in Calabria e soprattutto in Sicilia non ci sia la necessità di adeguare il sistema ferroviario e stradale prima di tutto il resto. Ma questi sono lavori minori meno appetibili dalle mafie locali, in stretto legame con l’intero sistema mafioso nazionale (la Mafia propriamente detta e gli imprenditori ‘collusi’), mentre sulle “grandi opere” il ricavo può essere molto succulento.

In Europa non ci caga più nessuno, pur essendo l’Italia, insieme alla Germania e alla Francia, uno dei paesi fondatori della stessa idea di Unione europea. Nella considerazione collettiva siamo stati superati anche dalla Spagna che con il governo socialista di Sanchez ha introdotto una seppur limitata patrimoniale e ha preso importanti provvedimenti per limitare l’utero in affitto che, secondo la ministra dell’Uguaglianza Irene Montero, è un cinico sfruttamento del corpo della donna (“una violenza contro la donna” per usare le sue parole).

Nel febbraio scorso Macron e Scholtz si sono incontrati a Parigi, per una cena, con Zelensky per convincerlo ad arrivare ad un accordo con la Russia. L’Italia non pervenuta. Recentemente in Cina c’è andato Macron, con una cinquantina di imprenditori al seguito, per concludere ottimi affari, attraverso il governo di Xi in quella enorme area geografica che è diventata attraente anche per gli occidentali perché pur in Cina è arrivato il capitalismo, sia pure un capitalismo di stato. E questa è un’occasione che abbiamo perso perché era stato proprio il governo Conte attraverso il bistrattatissimo ministro degli Esteri Luigi Di Maio ad aprire alla “via della seta”. Naturalmente poi non se ne è fatto nulla per il niet degli Stati Uniti cui Draghi è stato sempre appecoronato (questo è il suo vero lavoro). Però lo sforzo di Giggino non è stato del tutto infruttuoso visto che i giornali cinesi affermano che tra i paesi occidentali l’Italia è quello che va meno criticato.

 

Il Fatto Quotidiano, 11 aprile 2023