0
0
0
s2sdefault
powered by social2s

I Bororo, che in lingua locale significa “cortile del villaggio”, sono una popolazione che abita il Mato Grosso ai confini tra Brasile e Bolivia, nella foresta amazzonica. Fu studiato in particolare dall’antropologo e filosofo Claude Lèvi-Strauss che vi fece una spedizione nel 1935/1936 al ritorno della quale scrisse il libro “Tristi Tropici”. Perché il costume dei vecchi antropologi da Levi-Strauss al suo predecessore Marcell Mauss a Evans-Pritchard, per parlare solo dei più famosi, era di andare a vedere le cose con i propri occhi e non stando sul “cortile della propria casa”. Fra i Bororo vige il matriarcato. In realtà, adornato il capo con piume di uccello, conducono una vita molto semplice o, per meglio dire, semplice sul piano concreto ma nient’affatto semplice sul piano intellettuale e psicologico. Dopo essere stati aggrediti dai garimpeiros, i famigerati cercatori d’oro, e in seguito anche dai cercatori di diamanti, i Bororo esistono ancora. Da diecimila che erano nel diciannovesimo secolo oggi la loro popolazione si è ridotta a circa duemila individui. Ma i pericoli sono sempre in agguato. Oggi gruppi di volontari animati da buonissime e pie intenzioni e di preti di ogni genere vogliono convertirli non alle religioni cristiane, i Bororo come tutte le popolazioni di questo genere sono animiste e su questo non ci piove, ma alle leggi dell’economia moderna spazzando via le loro tradizioni.

Davvero non impariamo mai niente. Il nostro delirio è voler razionalizzare ciò che a noi sembra irrazionale. Non c’è servita nemmeno la lezione degli Azande. Dopo la fine della seconda guerra mondiale gli inglesi diedero inizio a un progetto chiamato Azande scheme per introdurre presso gli Azande, popolazione del sud del Sudan, animista, la coltivazione del cotone più redditizia rispetto alle colture tradizionali. Non era il solito progetto di rapina ma il tentativo in buona fede di portare questo popolo a livelli economici se non proprio europei a loro vicini. Per far questo dovettero cambiare l’urbanistica del territorio e cioè distanziare i casali. Ma non tennero conto che gli Azande credevano alla stregoneria. Ora, poiché i poteri del supposto stregone non potevano andare oltre certi limiti, ma riguardavano i vicini, ciò faceva sì che ogni Azande, non volendo aver fama di stregone, si comportasse nel modo più affabile e cortese con i vicini. Inoltre per ogni disgrazia anche minima, per esempio se a un vasaio che pur aveva eseguito il suo manufatto a regola d’arte si era rotto, costui poteva sempre attribuire il misfatto a uno stregone e questo dava un certo sollievo psicologico. Ciò valeva anche per eventi più gravi come la morte. Nessuno fra gli Azande moriva mai per cause naturali, di mezzo c’era sempre uno stregone. Fra gli Azande, come presso ogni comunità, si potevano creare lotte intestine  per il potere dove ciascun villaggio cercava di sopraffare quello del vicino, questo avveniva soprattutto quando vi era un aumento della popolazione e quindi l’autosufficienza alimentare era messa in pericolo. Che cosa facevano allora gli Azande? Un villaggio si spostava un po’ più in là riequilibrando la demografia “senza scontri cruenti e spargimenti di sangue”.

Fin qui abbiamo cercato di ricostruire, in estrema sintesi, le funzioni esistenziali, psicologiche, sociali, politiche che aveva la stregoneria fra questa popolazione. In particolare la perdita della funzione politica porterà a una serie di scontri e di vera e propria guerra civile fra il Sudan del Nord, musulmano, e quello del Sud, animista. Questione, come si sa, molto attuale ma i cui passaggi non è possibile ripercorrere in questa sede limitata. Ma tutto ebbe inizio da un filantropico, umanitario e illuminatissimo progetto occidentale che voleva solo fare del bene al popolo Azande. Ma si era dimenticato della stregoneria.

Ma come in ogni leggenda c’è in fondo una verità, così in fondo all’irrazionalità c’è una razionalità che spesso sfugge all’osservatore superficiale.

Vedremo ora se i Bororo, dopo aver resistito, sia pur con perdite, ai garimpeiros e ai cercatori di diamanti riusciranno a sopravvivere ai volontari e ai preti animati dai più buoni e pii intenti. Del resto lo dice anche la sapienza popolare che è anch’essa da tener d’occhio: “Le vie dell’Inferno sono lastricate di buone intenzioni”.

Il Fatto Quotidiano, 16 dicembre 2023