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I terroristi americani e israeliani hanno colpito ancora. Naturalmente Washington e Tel Aviv si sono affrettati a dire che non c’entrano. Excusatio non petita, accusatio manifesta. Curiosamente il giorno dopo l’attentato è saltata fuori una rivendicazione Isis su Telegram attribuita genericamente all’Isis e non firmata dal suo attuale leader Abu Hafs al Husseini al Qureishi. Avrei potuto farla anch’io. Altrettanto curiosamente i media occidentali che avevano dato all’attentato in Iran l’esposizione minima, diciamo una “modica quantità”, si sono spesi molto per la presunta rivendicazione Isis. Il Corriere della Sera gli dedica due pagine.

L’attentato a Teheran è sanguinoso, barbaro e vile. Non è immaginabile che le decine di migliaia di persone che si erano raccolte davanti al Cimitero dei Martiri di Kerman per onorare Qasem Soleimani, ex capo dei pasdaran, assassinato dagli americani quattro anni fa a Baghdad (che è come uccidere un vice-premier nelle democrazie occidentali) fossero tutti dei pasdaran. L’attentato è stato quindi diretto e premeditato contro i civili iraniani e le vittime non sono un ‘effetto collaterale’ di qualche colpo sbagliato come abbiamo visto di recente in Ucraina. Del resto gli americani non sono nuovi a queste imprese cioè mirare direttamente ai civili. Alla fine della seconda guerra mondiale gli Usa bombardarono Dresda, Lipsia, Stoccarda col preciso intento, dichiarato dai loro comandi politici e militari, di “fiaccare la resistenza del popolo tedesco”. A Hiroshima e Nagasaki, col Giappone in ginocchio, non fu preso di mira alcun obiettivo militare ma il popolo nipponico.

Le sanzioni economiche, e non solo economiche, ma scientifiche, mediche e militari, imposte all’Iran dagli Stati Uniti e quindi dai loro alleati subalterni, fra cui l’Italia che con il paese degli Ayatollah aveva ottimi rapporti d’affari, sono incomprensibili. L’Iran ha firmato il Trattato di non proliferazione nucleare e ha sempre accettato le ispezioni dell’AIEA, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, che hanno accertato che l’arricchimento dell’uranio iraniano non va oltre il 5 per cento, cioè è per uso civile e medico, per fare la Bomba l’arricchimento deve raggiungere il 90 per cento. Israele non ha firmato il Trattato, ma ha l’Atomica, basta fare un giretto nel deserto del Negev per capirlo, e comunque ci tiene a farlo sapere (a buon intenditor…). Ma nessuno si è mai sognato di sanzionare Israele.

Che senso hanno le sanzioni all’Iran? Il modello è sempre lo stesso: strangolare economicamente un Paese, creare il malcontento fra la popolazione e quindi il sorgere di un’opposizione. Gli Stati Uniti, più di recente, ci hanno provato anche col Venezuela di Chàvez e Maduro. Ma gli è andata buca. Il “giovane e bell’ingegnere” Juan Guaidò, su cui gli Usa avevano puntato, aveva un seguito pressoché inesistente. Il governo venezuelano di fronte a questo tentativo di colpo di Stato non schierò in piazza né carri armati, né militari, né polizia. I 137 morti non sono addebitabili a Maduro (la polizia non sparò un colpo) ma agli scontri fra le opposte fazioni fra quelli che stavano dalla parte di Maduro e quelli che stavano con Guaidò che ebbe la peggio.

Sia stramaledetto Hitler perché ha dato a Israele (non diciamo agli ebrei, per non essere arrestati) una sorta di lasciapassare per compiere azioni criminali che se commesse da qualsiasi altro Paese sarebbero state condannate e sanzionate.  Entebbe, 1976, docet. Ma restiamo nell’attualità. I palestinesi uccisi dopo l’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre, che causò la morte di 1300 israeliani, sono 22 mila, un rapporto di 20 a uno. Il tribunale internazionale dell’Aia per “crimini di guerra” non ha nulla da dire in proposito? Se questo tribunale esistesse realmente Joe Biden, con alcuni suoi predecessori, e Bibi Netanyahu (curioso soprannome “Bibi” per un delinquente) sarebbero oggi alla sbarra.

Sull’Iran c’è poi da fare un discoro storico. All’epoca dello Scià, un fantoccio degli Stati Uniti, c’era una sottilissima striscia di borghesia ricchissima che potevi incontrare a Londra, a Parigi e in altre capitali europee, tutto il resto era miseria. La rivoluzione khomeinista ha lavorato bene creando una media borghesia intellettuale , i persiani, che non vanno confusi con gli arabi, sono colti, quando ero da quelle parti per la guerra in Iraq-Iran - e non Iran-Iraq come si dice comunemente perché fu Saddam Hussein il primo ad aggredire - i miei amici conoscevano non solo i nostri maggiori, da Dante in su, ma anche Moravia e Savinio, mentre noi della cultura persiana conosciamo solo, quando va bene, ʿUmar Khayyām. È questa borghesia colta che oggi si ribella, almeno in parte, alla lettura stretta della Shari’a cioè a norme etiche che risalgono a più di un millennio fa. In ogni caso l’Iran non è l’Arabia Saudita, nostro alleato, se vai all’Università di Teheran trovi più ragazze che ragazzi.

Le leadership americane, soprattutto quelle democratiche, si rendono conto che stanno perdendo l’egemonia che hanno avuto per tutto il Novecento e non vogliono rassegnarsi. Per questo sono disposte a tutto, anche a scatenare una terza guerra mondiale. Non ci resta che sperare nella prudenza e nella saggezza degli Ayatollah, che per ora si sono limitati ad affermare che la reazione dell’Iran sarà “severa”, una dichiarazione morbida. A questo siamo ridotti.

 

Massimo Fini, Il Fatto Quotidiano 7 gennaio 2024