Ha suscitato sconquassi politici, intellettuali, morali l’annosa questione dell’eutanasia, tra chi vorrebbe ammetterla tout court, in testa i radicali che ne han fatto da sempre una bandiera (Luca Coscioni docet) e chi invece la nega. La polemica è riaffiorata perché il Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, si è dichiarato favorevole senza se e senza ma, mentre fra gli stessi esponenti del suo gruppo “Liga Veneta” ci sono parecchie perplessità, per non parlare delle destre prese nel loro complesso dove prevale il principio meloniano “Dio, Patria, famiglia” la quale, la famiglia dico, è un “bene di Dio”, come si è espresso di recente papa Francesco, e in quanto tali lo sono i suoi componenti, ma anche nelle sinistre.
Cerchiamo di chiarire questa intricatissima questione. Bisogna rifarsi alla recente pronuncia della Corte costituzionale (242/2019) che cercando di disciplinare la materia afferma la possibilità di autosomministrarsi un farmaco letale a determinate condizioni. È perlomeno bizzarro il riferimento alle “determinate condizioni”. In epoca moderna il suicidio e anche il tentativo di suicidio non è un reato. Lo era nel Medioevo dove non potendo più colpire il suicida che si era sottratto alla giustizia terrena si infieriva su quanto era rimasto di lui in sede patrimoniale e anche religiosa: il suicida non poteva essere sepolto in terra consacrata e anche il suo patrimonio era incamerato, in tutto o in parte, dalle Istituzioni.
In epoca moderna il suicidio non è più considerato ovviamente un reato. Il tema si inserisce nel più vasto problema dell’“omicidio del consenziente” regolato dall’articolo 579 del Codice penale. E diventa ulteriormente intricato quando il morente, per le sue condizioni fisiche o intellettuali, non è in grado di dichiarare il suo consenso. Lo si dà quindi per presupposto. Fra i laici si sostiene che il cittadino non è una proprietà di Dio, però lo è della società e quindi costui, sopprimendosi, toglierebbe un bene alla società, in termini di tasse principalmente, ma anche di energie. Per i cattolici la questione è più semplice: l’uomo è una creatura di Dio e quindi appartiene solo al Supremo. L’omicidio del consenziente, come tutti i reati o presunti tali, può avvenire con un’azione o un’omissione. Omissione: non si dà più cibo e acqua al morente. A questo si attaccano sia i cattolici che i laici contrari all’eutanasia rifacendosi all’articolo 32 della Costituzione che afferma, in sostanza, che l’alimentazione, con cibo e acqua, è un diritto inalienabile. “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività... Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Ma questo rispetto, come tutto il resto, nella fattispecie che stiamo trattando è già stato violato in radice imponendo all’individuo speciali macchinari che lo tengono in vita. Scrivevo in un articolo sull’Europeo intitolato “Perché abbiamo diritto alla ‘morte naturale’”: “L’eutanasia è il cosiddetto diritto alla morte senza sofferenze, il diritto alla “bella morte” secondo l’etimologia della parola (che fu coniata, pare, da Bacone). Facciamo un esempio classico: io sono ammalato di cancro, non sopporto più le sofferenze che esso mi provoca e chiedo a chi mi assiste di farmi un’iniezione letale o di non nutrirmi più, chiedo cioè di fare qualcosa che accorcia artificialmente il decorso naturale della malattia. Questa è eutanasia, questo è omicidio del consenziente”. Questa è la concezione, tutta moderna, del rifiuto del dolore, così come c’è un rifiuto della vecchiaia e, sottotraccia, anche della morte. Non c’è nessun diritto alla “bella morte”, c’è invece un diritto alla “morte naturale” cioè a una morte che non venga impedita da specialissimi macchinari. Quindi, come abbiamo diritto al suicidio, abbiamo un diritto ad andarcene senza l’ausilio di tecnologicissimi macchinari che non fan altro che allungare la nostra sofferenza. Per i cattolici invece noi offriamo la nostra sofferenza a Dio, per i laici alla società.
Comunque l’eutanasia è un diritto riconosciuto da quasi tutti gli Stati europei, per cui non si dovrebbe avere l’ulteriore impiccio di andare in Svizzera o in Olanda per por fine alla questione, sottoponendosi a viaggi pieni di angoscia. Né dovrebbe essere punito penalmente, come invece è, allo stato attuale delle cose, chi accompagna il morente. La penosa storia di Dj Fabo e il radicale Marco Cappato è esemplare.
Io sono ovviamente favorevole all’eutanasia, ma non mi sottoporrei mai a questi viaggi estenuanti. Preferirei una pistola. Insomma una cosa veloce, pulita, diversa dal gettarsi dal quarto piano perché resta sempre il dubbio che volando dal terzo al secondo cambi idea.
Il Fatto Quotidiano, 24 gennaio 2024