Fino alla Seconda Guerra Mondiale l’inviolabilità e l’imparzialità della Croce Rossa sono sempre state rispettate. Da tutti. Nazisti compresi. Nel linguaggio comune per sottolineare un atto particolarmente vile e odioso si diceva: “Sparare sulla Croce Rossa”. Capitava anche, in Italia, che il ricognitore inglese, volando su un piccolo paese che sarebbe stato bombardato di lì a poco e che mancava di contraerea, gettasse dei volantini che avvertivano dell’imminente bombardamento. È quanto è successo nel mio paese natale, Cremeno. Passa il piper inglese e getta questi volantini. Tutta la popolazione scappa nei boschi. C’era però una piccola caserma che era l’obiettivo. Le due sentinelle, ragazzi di vent’anni, ritengono loro dovere rimanere al proprio posto. L’onore militare li induceva a questo comportamento, anche se alle volte mi chiedo che senso abbia avuto il sacrificio di quei ragazzi mentre Mussolini fuggiva travestito da soldato tedesco e il re e Badoglio avevano, carichi di suppellettili, abbandonato Roma ai tedeschi, che cercarono però di risparmiare almeno i luoghi sacri, religiosi e laici, della Capitale. E, parlando di una prospettiva allora futura, il leader socialista Bettino Craxi, già presidente del Consiglio, raggiunto da una condanna definitiva, scappa in Tunisia sotto la protezione del dittatore Ben Ali, e da quel posto sicuro infanga il suo Paese e le sue Istituzioni e in definitiva infanga sé stesso perché di quel Paese era stato, appunto, presidente del Consiglio.
Al nemico sconfitto che si era battuto bene si concedeva “l’onore delle armi”. Faceva differenza essere fucilati al petto invece che alla schiena.
Il comandante di un sommergibile, Salvatore Todaro, dopo aver affondato una nave belga salvò i naufraghi (questo episodio è stato recentemente rievocato nel film Comandante). Insomma esistevano ancora regole: non si infierisce sullo sconfitto (i processi di Norimberga e di Tokio scardineranno queste regole che, più che militari, sono etiche).
Nella Seconda Guerra Mondiale si cercava ancora di risparmiare i civili, nei limiti del possibile, perché con l’avvento dei bombardieri non era facile discernere. In Italia ci sono state tragiche e orrende eccezioni perpetrate dai reparti speciali dell’esercito tedesco, le SS, con le stragi di Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema, Civitella. Ma quello che le SS naziste fecero in singoli casi gli americani lo fecero, per così dire, in grande stile. Lasciamo pur perdere Hiroshima e Nagasaki, ma in suolo tedesco, per ammissione degli stessi comandi politici e militari Usa, l’ordine era di concentrarsi sui civili “per fiaccare la resistenza del popolo tedesco”.
Durante la Prima Guerra Mondiale l’uso di gas tossici, ad esempio l’iprite di cui fu vittima Curzio Malaparte anche se la pagherà molti anni dopo, fece strage di civili e militari, anche perché allora si combatteva sul terreno e non nell’aria con aerei, missili e droni. Le convenzioni di Ginevra che si susseguirono dopo la Prima Guerra Mondiale vietarono l’uso di queste armi. E tutti i Paesi belligeranti nella Seconda, Germania nazista compresa, si attennero a queste direttive. Oggi nella guerra russo-ucraina le due parti si accusano reciprocamente di far uso di armi chimiche. Del resto nella guerra alla Serbia del 1999, gli americani e la Nato, l’immacolata Nato secondo il suo attuale segretario Jens Stoltenberg, fecero uso di proiettili all’uranio impoverito. I militari italiani morti per l’esposizione a questi proiettili senza esserne stati colpiti furono 400 e più di 7000 quelli che si ammalarono. Non è stato fatto il conteggio per i serbi, ma si può immaginare che furono molti di più: i militari italiani erano avvertiti del pericolo, i bambini serbi, che giocavano con i proiettili sparsi per terra, no.
Nell’attuale guerra in Palestina, la Croce Rossa Internazionale e la Mezzaluna Rossa, che ne è una branca, praticamente non esistono più, non se ne sente mai parlare. Sono state sostituite da organismi dell’Onu e da Ong private come la World Central Kitchen che si occupano soprattutto, per dirla in gergo cristiano, di sfamare gli affamati. Ciò non impedisce a Israele di attaccare queste organizzazioni (“sparare sulla Croce Rossa”) tanto che recentemente un raid aereo israeliano ha ucciso sette operatori di World Central Kitchen. Gli ospedali di Gaza sono stati rasi al suolo, uccidendo degenti, infermieri e medici col pretesto che lì si sarebbero rifugiati presunti capi di Hamas, che peraltro non sono mai stati trovati.
Le Convenzioni di Ginevra hanno proibito le mine antiuomo perché sono quelle che più facilmente colpiscono gente che passa di lì e che non c’entra nulla. L’unico a rispettare questa regola umanitaria universale fu il mullah Omar che ne proibì l’uso, ed è bene ricordare che alcune aziende italiane sono fra le principali produttrici di queste armi.
Oggi assistiamo a guerre che hanno perso non solo l’etica ma anche l’epica della guerra. Sono combattute a suon di supermissili e droni e i civili ne sono le principali vittime. È difficile immaginare in queste guerre atti eroici come quelli di Durand de la Penne o, appunto, del comandante Todaro.
Facciamo un passo indietro, molto indietro. Nel Medioevo esisteva il diritto d’asilo, cioè un furfante, o presunto tale, poteva rifugiarsi in una chiesa e non venire quindi toccato. Era una misura di misericordia cristiana, specifica. Oggi di quel diritto d’asilo non c’è più bisogno, in Italia esiste in modo generalizzato, non per gli stracci da strada ma per le elite politiche e imprenditoriali che possono contare su un’impunità, di fatto, come ci informano le cronache quotidiane.
Il Fatto Quotidiano, 13 aprile 2024