Non voglio qui occuparmi dell’Ecobonus in quanto tale, sulla cui efficacia è in corso un dibattito accesissimo fra chi lo ritiene un’iniziativa molto proficua e chi invece è di parere contrario. Nonostante io abbia scritto un libro, “Denaro. Sterco del demonio”, non mi ritengo sufficientemente all’altezza per occuparmi di questioni così strettamente economiche. Mi occupo invece qui di quelli che chiamo gli effetti collaterali dell’Ecobonus, cioè l’incidenza che ha avuto sull’esistenza dei singoli individui. E qui mi ritengo competente per la semplice ragione che li ho vissuti sulla mia pelle.
Ma prima di parlare di questi effetti collaterali, individuali, dell’Ecobonus facciamo un passo indietro. Il nostro deficit di bilancio è stato accumulato soprattutto negli anni Ottanta, gli anni del CAF (Craxi, Andreotti, Forlani), quando la Dc e il Psi, per consolidare o rafforzare il consenso, fecero delle elargizioni che non si potrebbe definire nemmeno “a pioggia” perché riguardavano vaste categorie: pensioni baby, “pensioni d’oro” per gli alti dirigenti della Pubblica amministrazione, pensioni di invalidità fasulle, pensioni di anzianità date in modo altrettanto arbitrario. Da Berlusconi in poi i governi non possono essere ritenuti responsabili di quel buco ma semmai di averlo allargato attraverso quella corruzione endemica che porterà poi alla reazione di Mani Pulite. Anche la corruzione ha un costo perché gli imprenditori, per compensare i taglieggiamenti che subivano dai politici, aumentavano i prezzi dei loro prodotti. Giuliano Cazzola ha valutato in più di 600 miliardi i costi della corruzione. La corruzione ha avuto poi un costo morale che è superiore allo stesso costo economico: vedendo che corrotti, concussori e corruttori non pagavano mai nulla per i loro atti delittuosi, a cominciare dal loro capintesta l’ex Cavaliere Silvio Berlusconi, noto “delinquente” certificato dalla Cassazione, anche gli italiani che “da per lu”, cioè per conto loro, sarebbero stati mediamente onesti si sono messi a delinquere.
Torniamo agli effetti collaterali dell’Ecobonus, pagati dai singoli non dai condomìni che hanno avuto la ‘fortuna’ di accedere a questo benefit. Il primo è che, a causa delle impalcature, per più di due anni i singoli individui hanno avuto un accesso, chiamiamolo così, limitato alla luce, all’aria, al sole. Poi, per non farsi mancar nulla, alcuni condòmini hanno preteso che alle impalcature fosse appoggiato un telo pubblicitario che chiudeva totalmente il passaggio dell’aria, della luce e del sole. Questa fagìa di denaro è tipica dell’epoca, ma in particolare di un ceto medio che ha perso il senso di ogni decoro e di ogni dignità. Andate a dire a un bangla ti do un po’ di denaro però tu rinunci alla luce, all’aria, al sole e quello vi manderà a quel paese. Questo è successo nel mio condominio. Siccome i lavori per l’Ecobonus hanno avuto tempi infiniti che perdurano ancora oggi (i lavori avrebbero dovuto essere conclusi entro l’inizio di quest’anno e adesso siamo a fine maggio), noi milanesi, per fare un esempio che mi riguarda, abbiamo dovuto passare un’intera estate senza condizionatori, e solo chi vive a Milano, una delle città peggiori del mondo per la qualità della vita, sa che cos’è Milano d’estate: un forno. Inoltre non potevi nemmeno aprire la finestra per avere un minimo di refrigerio perché non ti arrivava nemmeno l’aria, sia pur mefitica, di questa città, ma un’aria odor di plastica e, come noto, la plastica fa benissimo alla salute tanto che la contestatissima, dai coglioni, Unione Europea ha emanato delle direttive per vietare l’uso delle bottiglie di plastica a favore del vetro. Diciamo anche che dell’Ecobonus hanno usufruito gli edifici abitati da ceti benestanti, non quelli dei poveracci.
L’ultimo “effetto collaterale” dell’Ecobonus, che è tuttora in action per i gravi ritardi accumulati, è che non si trova più un piastrellista, un antennista, un falegname, un fabbro, insomma un artigiano, qualsiasi artigiano. Sono tutti impegnati con l’Ecobonus.
E qui va aggiunta un’altra considerazione che si lega però a tutto quanto ho detto finora: la sciatteria con cui le persone lavorano, dall’artigiano propriamente detto al giornalista. Un artigiano, ammesso che tu abbia avuto la fortuna di trovarlo, ha appena finito di aggiustare una cosa che già questa si rompe. Non so se sia per calcolo, furbizia o per incapacità. Io sono per la seconda ipotesi: sciatteria. E pensare che un tempo, non poi così lontano, l’artigiano era fiero di presentare al committente un’opera perfetta, un “capolavoro” come si dice in gergo. Se voi osservate un tombino o un “chiusino” vedrete che in basso a destra ci sono delle iniziali, sono le iniziali dell’artigiano che l’ha confezionato. Diciamo anche che se Milano resta allagata per giorni, com’è accaduto di recente, perché piogge quasi irrilevanti hanno fatto straripare (adesso si dice “esondare”) il Lambro e il Seveso, due fiumiciattoli ridicoli, è anche, dico anche, perché a spurgare i tombini non ci sono più gli spazzini, oggi chiamati “operatori ecologici”, ma le macchine. Gli spazzini andavano in profondità in questo lavoro, le macchine restano in superficie. Per superare certe difficoltà non servono la ricerca, l’”innovazione”, altra parola magica, la tecnica, gli algoritmi, il digitale, l’intelligenza artificiale, servono i cari, vecchi e onesti lavoratori di un tempo.
Il Fatto Quotidiano, 25 maggio 2024