“Silvio è vivo e lotta insieme a noi”. A un anno dalla scomparsa si sono innalzati infiniti epinici alla memoria dell’ex Cavaliere, dell’ex condannato per una frode fiscale colossale (altro che cash, cara Gabanelli), dell’ex detenuto, dell’ex delinquente, dell’ex fruitore di nove prescrizioni, dell’ex capintesta di una lotta senza quartiere contro la Magistratura e quindi l’ordine costituzionale. Non intendo qui occuparmi del politico la cui principale responsabilità, a mio vedere, è stata togliere agli italiani quel poco di senso della legalità e dell’onestà che gli era rimasto. È chiaro che vedendo che Berlusconi e i suoi amici violavano impunemente l’intero Codice penale, aggiustandosi per sé medesimi quello di Procedura, anche un italiano di suo mediamente onesto si deve essere chiesto “ma devo essere proprio io il più cretino del bigoncio”?
Intendo parlare del Berlusconi uomo, cui sono stati innalzati altrettanti epinici. Da molti, da moltissimi, non solo dai suoi familiari, sulle cui affermazioni è lecito applicare la tara degli affetti, Berlusconi è stato descritto come uomo “buono”. Ora a me riesce difficile definire “buona” una persona che, con la complicità di Previti, ha truffato per miliardi una minorenne, orfana di entrambi i genitori, morti in circostanze tragiche comprando per un tozzo di pane la villa di Arcore e un immenso territorio circostante (ci sono due sentenze della Magistratura che hanno accertato questa truffa, ma siccome i fatti risalgono ai primi anni Settanta tutto è andato nella solita prescrizione). A me riesce difficile definire “buona” una persona che, approfittando della sua carica di Presidente del Consiglio, manda una minorenne, la famosa Ruby Rubacuori, nelle braccia di Nicole Minetti che poi trasferirà Ruby in casa di una prostituta ufficiale. Questo mentre il Tribunale dei Minori di Milano, l’unico competente, aveva disposto che la ragazza fosse affidata a una comunità protetta.
Ma lasciamo quest’uomo pestilenziale, che per trent’anni ha avvelenato, politicamente e culturalmente, la storia del nostro Paese. Ed occupiamoci di cose più serie e più urgenti. E cioè il calcio.
Bisogna tornare ai tempi della gloriosa e mai dimenticata Coppa dei Campioni. Allora si affrontavano in incontri diretti le squadre vincitrici dei vari campionati europei. In uno scontro diretto poteva capitare che una squadra debole sconfiggesse una più forte. Ora che nella moderna Champions la qualificazione è a gironi è ovvio che passino solo le due squadre più forti, le altre scendono in quella ridicola competizione che è l’Europa League, una volta Coppa delle Fiere. Mi ricordo in particolare un Lugano – Inter in cui gli svizzeri vincendo a Milano per 1-0 si assicurarono il passaggio del turno. Me lo ricordo bene perché avevo giocato il Lugano, dato a una quota molto alta. Forse gli interisti avevano sottovalutato gli svizzeri che però a calcio sanno giocare. Anche quest’anno, per gli Europei, hanno una bella squadretta. Fra i pali c’è Sommer, il portiere dell’Inter, i centrali sono Akanji, stopper del Manchester City, non so se mi spiego, ed Elvedi del Borussia Moenchengladbach, che ho visto ridicolizzare Lukaku, non era difficile, ma anche Haaland perché è grosso quanto loro ma ha riflessi più veloci. Ma forse la vera forza della Svizzera è a centrocampo con Xhaka, uno dei migliori assistman del circuito insieme a Kevin De Bruyne (in corsa quest’anno per il pallone d’oro), Freuler, Shaqiri. Il problema della Svizzera è che non ha più un centravanti dai tempi preistorici di Chapuisat. Ci hanno provato col giovanissimo e promettente Embolo, di origine camerunense, un nero che sembrava appena sceso dalle liane, ma Embolo non è mai stato all’altezza delle aspettative. Ci hanno provato con Seferovic, che gioca bene ma non centra mai la porta e non ha tiro. Un po’ come il Sanabria del Torino. Un centravanti che non ha tiro “non se po’ vede’”. Quindi il destino della Svizzera, come ci dice la storia degli ultimi anni, è di non perdere una partita ma di non passare mai il turno perché ha fatto troppi pareggi.
Adesso si è studiata una nuova formula per la Champions. A gironi non sarà solo la prima parte delle qualificazioni, ma anche la seconda. Quindi più partite, più incassi, meno possibilità per squadre che non hanno 35 giocatori, dove le riserve equivalgono i titolari. Adesso ci si è anche inventati un “mondiale per club”, che non si capisce bene che cosa sia e a cui si sono opposti i calciatori perché è disumano farli giocare 69 partite l’anno. Non ci si può poi meravigliare se i ragazzi si rompono ad ogni momento. Inoltre, nei bei tempi andati, a luglio e agosto di calcio non se ne parlava più. Invece adesso impera il calciomercato e si organizzano grottesche partite in Qatar o in Arabia Saudita sotto un caldo atroce.
Tutto in nome del dio quattrino. Ma questa fagia di denaro porterà inevitabilmente, come ogni eccesso, alla scomparsa dell’oggetto di cui si occupa. “Così gli apprendisti stregoni avranno ucciso la ‘gallina dalle uova d’oro’ e il razionalismo nella forma del denaro avrà realizzato, è il caso di dirlo, l’ennesimo autogol” (Il denaro “sterco del demonio”, 1998).
Il Fatto Quotidiano, 18 giugno 2024