La serie che ogni estate Il Fatto Quotidiano organizza nel mese di Agosto, per vincere la noia, è dedicata quest’anno ai personaggi “maledetti”. In genere i “maledetti” sono personaggi che, ad un certo momento della loro vita si sono schierati dalla parte sbagliata della storia come racconta un bel libro di Andrea Colombo intitolato appunto ‘Maledetti. Dalla parte sbagliata della storia’ (edizione Lindau). Nel libro di Colombo sono raccolti personaggi illustri che aderirono a nazismo o non ne presero sufficientemente le distanze, da Conrad Lorenz a Martin Heidegger a Emil Cioran a Micea Eliade. Sui “maledetti” io sto in una botte di ferro avendo scritto un libro dedicato a Lucio Domizio Enobardo, in arte Nerone un personaggio che ha sempre goduto di cattivissima stampa, superato forse, in questa sinistra classifica, solo da Adolf Hitler.
Ma la storia di Nerone è, anche da questo particolare punto di vista, del tutto singolare. Nerone non solo non è stato “dalla parte sbagliata della storia” ma ha avuto un ruolo propulsivo non solo per le vicende dell’Impero romano ma, se si fosse dato retta ad alcune sue intuizioni per la stessa storia dell’Occidente. In realtà Nerone fu un grandissimo uomo di stato che pensava, per dirla con Nietzsche, “in grande stile”, fu un visionario che cercò di modellare il mondo secondo le sue intuizioni ed immaginazioni. Fu Nerone a creare, sulla spinta di Claudio, ma con molta maggiore energia, quella burocrazia che fu la spina dorsale dell’Impero e gli consentì di resistere al proprio disfacimento. Fu Nerone a intuire che un potere che si estendeva dall’Europa al Medio Oriente all’Africa non poteva più essere governato con la mentalità quirita, ristretta, dei tempi del consolato quando Roma era ancora, nella sostanza, una società contadina. E’ stato Nerone a progettare di dividere l’Impero fra due capitali, Roma e Alessandria d’Egitto che era allora la città più importante e colta del mondo ellenistico da cui Nerone attinse i formidabili tecnici che gli consentirono di tentare le più ardite operazioni, come quella di tagliare l’istmo di Corinto per evitare che i mercantili romani naufragassero nelle turbolente acque al largo di Capo Matapan. E quel tracciato, sospeso per la morte dell’imperatore, fu ripreso paro paro nel 1881, cioè quasi duemila anni dopo.
Se i Romani avessero accettato all’epoca la divisione dell’Impero avrebbero poi potuto governarla, invece di subirla, quando nacque l’Impero Romano d’Occidente.
Fu Nerone a progettare un’arditissima manovra in campo tributario – stoppata poi dai senatori – diminuendo le tasse dirette che più colpiscono il cittadino a favore di quelle indirette. E, in estrema sintesi Nerone cercò di portare avanti una politica che oggi chiameremmo keynesiana con la costruzione di grandi opere pubbliche, aiutato in ciò dal famoso incendio, per reagire ad un periodo di stagnazione economica.
Ora non è possibile riassumere qui in poche righe una vita così ricca e complessa come quella di questo imperatore romano. Chi voglia saperne di più può leggere il libro che gli ho dedicato intitolato significativamente “Nerone. Duemila anni di calunnie”. Però, per fare un tragitto più breve, si può andare a visitare la Domus Aurea, recentemente restaurata almeno in parte e il ritratto che ne viene fuori è quello di un uomo solare totalmente in contrasto con la sua leggenda nera.
Questa leggenda è alimentata e continua ad esserlo dagli ambienti cristiani che lo ritengono il primo persecutore della loro fede. Niente di vero. In realtà Nerone, sostanzialmente un laico, ma curioso di tutto era attratto dalle religioni orientali, in particolare dall’Ebraismo e dal Cristianesimo spinto in ciò dalla sua seconda moglie, Puppea, legata agli ambienti ebraici. Una persecuzione sistematica dei cristiani fu iniziata da Domiziano una ventina di anni dopo. Il fatto è che i cristiani, per vocazione al martirio o perché consideravano la Roma di Nerone sodoma e gomorra, si accusarono dell’incendio che naturalmente fu del tutto casuale in una città costruita in legno con grattacieli alti come i nostri e fu proprio Nerone, in conseguenza dell’incendio, a costruire i palazzi in materiale ignifugo. Lo stesso prevenutissimo Tacito è costretto ad ammettere che l’opera di Nerone per tamponare l’incendio e per porre riparo al disastro è degna di una moderna Protezione civile. Del resto come poteva Nerone celebrare con la sua lira l’incendio dall’alto del palatino, come sostiene Svetonio, se proprio il palatino stava andando a fuoco? E’ che se l’incendio era doloso, come l’autorità romana, viste le confessioni dei cristiani, aveva ragione di credere, era un attentato difronte al quale l’11 Settembre è una bazzecola. Dei cristiani residenti a Roma ne furono processati 300, 200 vennero assolti, gli altri crocefissi secondo le crudeli usanze dell’epoca. Ma Paolo, il leader dei cristiani, poté continuare a divulgare liberamente la sua fede con la sola limitazione di non lasciare le mura della città. In termini moderni: una sorta di “custodia cautelaris”.
Ma non c’è niente da fare. Nonostante gli storici moderni diano un’immagine molto più equilibrata dell’imperatore maledetto, nell’immaginario collettivo la fantasia di un imperatore che dà fuoco alla sua capitale è troppo potente. In una bella pubblicità del Crodino di qualche anno fa si vede un Nerone tutto arruffato e colante di sudore. Il barman gli chiede: “che cosa hai Lucio? Ti vedo tutto affannato e sudato”. “Amo appena bbruciato mezza Roma”.
8 Agosto 2024, Il Fatto Quotidiano