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Il film Babygirl della regista olandese Halina Reijn, protagonista Nicole Kidman, è molto importante perché scava a fondo nel fenomeno del sadomasochismo nei nostri pensieri e nei nostri atteggiamenti più intimi, tema questo su cui si preferisce in genere sorvolare, tanto è scabroso, lasciandolo ai vignettisti, Manara e Crepax docent. Cioè il sadomasochismo resta, in qualche modo, virtuale.

Una premessa è d’obbligo. Il sadomasochismo, non solo quello sessuale, è la spina dorsale della nostra società. In qualsiasi ambito, di lavoro, domestico o familiare, c’è uno che domina e un altro o altri che ne vengono dominati esemplare in questo senso è il film di Losey, Il Servo (1963) dove il domestico, uno straordinario Dirk Bogarde, finisce per dominare il giovane e nobile padrone James Fox che finirà alcolizzato, inerme e a nulla varrà la reazione della fidanzata di Fox che, con una pesante collana sfregia il viso di Bogarde. Molti anni dopo il regista William Friedkin, con Cruising, cercherà di scimmiottare Il Servo. Ma è un film che non ha nessuna sottigliezza psicologica, nonostante gli sforzi di Al Pacino, perché il sadismo è agito a colpi di frusta. Ora nel sadismo sessuale, che io chiamerei però erotico, perché è tutta una questione mentale, il sadico non vuole infliggere sofferenze fisiche alla vittima, vuole umiliarla e renderla ridicola. Umiliazione e ridicolo sono il centro di questo sadismo erotico. E infatti in una scena di Babygirl lei, completamente nuda, è in ginocchio poi è costretta a camminare a quattro zampe a pulire i cocci per terra e infine a mettersi in piedi contro la parete, così si trova nella posizione assolutamente svantaggiata: non può vedere mentre viene vista.

Nella realtà della vita è lei la masochista, cioè la masochista è donna e tanto appare più vitale nella vita algida, altera, convinta della propria femminilità, una a cui in strada non oseresti fare nemmeno il più innocente degli apprezzamenti, tanto più è masochista. Non a caso nel film la protagonista è una manager affermata. Le richieste più masochiste me le sono sentite fare dalle femministe.

Alla donna non piace sottomettere l’uomo ma esserne sottomessa. Inoltre, alla fin della fiera, c’è uno che penetra e una che viene penetrata (lasciamo perdere qui Lgbtq+ che renderebbe il discorso troppo farraginoso e complesso). Una mattina ero in aereo con una mia bellissima amica appartenente all’alta società milanese e romana. Aveva da poco letto il mio “Di[zion]ario Erotico”. Disse “è sempre la solita storia: c’è uno che sottomette e un altro che viene sottomesso”. “E a te cosa piace, sottomettere o essere sottomessa?” “Sottomessa” disse senza esitazione. “Sottomettere un uomo, brr, che orrore”. Contro l’oblò la vedevo molto bene in viso aveva le labbra socchiuse e umide si capiva benissimo che pensava al momento in cui sarebbe stata sottomessa. Purtroppo non riuscii ad approfittarne, al momento del dunque mi manca sempre qualcosa.

La differenza fondamentale fra l’uomo e la donna non è che lui ha il pisello e lei no, ma che lui è voyeur e lei esibizionista. Una complementarietà perfetta. In questo gioco non gioco molto conta l’esibizionismo di lei. Alla donna non interessa il corpo del maschio a meno che il pene non sia in erezione per valutarne la virilità (lo strip-tease maschile introdotto molti anni fa anche in Italia non ha avuto alcun successo). E’ esibire il proprio corpo ciò che la eccita. Bisogna pur ammettere, sia pur controvoglia, che non c’è nulla di più bello di un armonioso corpo femminile nudo, ma basta che apra le gambe e tutto si inlaida. Ma alle donne piace essere viste anche nelle posizioni più oscene, degradanti, umilianti.

Importanti in questo gioco non gioco sono i vestiti. E’ eccitante vedere quegli abiti eleganti indossati la mattina con tracotante sicurezza caduti in modo inglorioso, sparsi sul pavimento. Ma fondamentali, direi, più del corpo di lei, sono le sue mutandine sul cui fondo puoi valutare le emozioni che ha provato durante la giornata. E’ come se andassi oltre la superficie del suo corpo, è come se entrassi nel suo “dentro”. “Non possiede la sua donna chi non conosce il fondo delle sue mutandine” (Di[zion]ario Erotico, p. 105, 2000, Marsilio).

Una delle più gravi, e forse la più importante conseguenze della ‘atra senectus’ è che tu puoi farti con la mente i più eccitanti racconti, degradandola fino all’inverosimile, umiliandola, mettendola nelle posizioni più oscene e soprattutto ridicole, ma il corpo non ti sostiene più. Non ti resta che la masturbazione. C’è una notevole differenza tra la masturbazione maschile e quella femminile. La masturbazione maschile è furiosa quasi che “corrompendosi in terra”, come dice la Bibbia, sprecasse la possibilità della fecondazione. La masturbazione di lei è lenta, graduale quasi pacata. Perché il maschio non ama il suo corpo, la donna sì anche quando sta pensando di degradarlo nel modo più ridicolo e osceno.

 

10 Settembre 2024, Massimo Fini