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“Il disegno di legge che rende l’utero in affitto reato universale è finalmente legge” ha dichiarato sui social la premier Giorgia Meloni. Non condivido la definizione di “reato universale” cui Meloni è stata spinta forse dal suo eccesso di protagonismo, più probabilmente dalla sua profonda fede cattolica. Sarebbe inquietante che l’Italia volesse imporre le proprie leggi e i propri costumi ad altri popoli, per questo ci sono già gli Stati Uniti. Sono invece totalmente d’accordo sulla sostanza del provvedimento la cui novità è rispetto alla legge n. 40 del 2004 che a essere penalmente perseguibili sono tutti i cittadini italiani anche quelli che vivendo in Paesi dove la “maternità surrogata” è lecita, o che ci vadano apposta, la esercitino.

Mi sembra disumano che a una donna che porta in grembo per nove mesi una creatura, con tutte le pesanti modificazioni sul suo corpo che comporta la gravidanza, e dopo aver affrontato i dolori del parto, questa creatura le sia strappata per darla a una coppia infeconda finendo per commercializzare il bebè. Ha detto anche Matteo Salvini, col quale una volta tanto siamo d’accordo: “vittoria contro lo squallido business miliardario che sfrutta le donne per fini economici e mercifica orribilmente i bambini”. Ha aggiunto Meloni: “la vita umana non ha prezzo e non è merce di scambio”. Invece nell’attuale sistema, basato sul business, tutto è diventato merce. Ma la “maternità surrogata” è disumana anche nei confronti del nascituro il quale non saprà mai chi è la sua vera madre o quando lo verrà a sapere questa conoscenza provocherà in lui gravi problemi di identità. C’è anche da dire che molto spesso questa voglia di avere a tutti costi un figlio maschera un bisogno di possesso e di accreditamento sociale perché come si ricava da una recente inchiesta, pubblicata dal Corriere della Sera da Elvira Serra (07.10), si ritiene che una donna che non ha figli valga socialmente meno di una che ne ha.

Chi non ha figli, uomo o donna che sia, dovrebbe farsene una ragione invece di violentare la Natura grazie a marchingegni alla Frankestein. Il discorso vale anche per tutte le ricerche e le diavolerie tecno-mediche che si stanno facendo sul Dna. Ne La mia Costituzione, pubblicato sul Fatto il 28.03.2018, all’articolo 29 si legge: “E’ proibita qualsiasi ricerca che intenda andare a intaccare o modificare il Dna umano o animale. I trasgressori sono puniti con la pena dell’ergastolo”. Purtroppo, o per fortuna, io non sono il padrone del mondo.

Dicevo che la “maternità surrogata” è contro natura. Intendiamoci bene: non intendo con ciò scomunicare l’omosessualità. L’omosessualità o la bisessualità, negli uomini come negli esseri umani, esiste da che mondo è mondo. Tutta la società romana era, soprattutto nelle classi dirigenti, bisessuale, ma dagli storici questa tendenza è stata addebitata quasi solo a Nerone che più schietto, più sincero, più coraggioso degli altri la ammetteva e a differenza dei moralisti dell’epoca, a cominciare da Seneca, non la condannava.

Il discorso di fondo, che gira intorno alla “maternità surrogata” ma non lo completa e va ben oltre è che noi ci siamo troppo allontanati dalla Natura. La Natura ha elaborato le sue leggi in miliardi di anni cioè da quando esiste il Cosmo. Uno scienziato che faccia una formidabile invenzione non sa, e non può sapere, le varianti che mette in circolo. Intendiamoci bene anche qui. Da quando l’uomo esiste ha cercato di modificare la Natura non perché, come sosteneva la sociopsicoantropologa lda Magli, ha un pene che aggetta in fuori (anche l’asino ha un pene che aggetta in fuori, una specie di arco fra terra e cielo, ma non per questo è diventato qualcosa di diverso, è rimasto un asino, come Ida Magli) ma perché anche quello di modificare la Natura è un bisogno naturale dell’essere umano. Ma anche qui ci sono dei limiti (“l’errore è una verità impazzita” diceva Chesterton) ben individuati dalla cultura greca la più profonda che l’umanità abbia espresso insieme a quella buddista. Lo dico nei loro termini: l’hybris, vale a dire il delirio di onnipotenza dell’uomo, provoca la phthónos theôn, cioè l’indivia degli Dèi e quindi l’inevitabile punizione. Sono assolutamente convinto che la Scienza, non la Scienza in sé che è conoscenza ed è quindi consustanziale all’essere umano, ma la Scienza tecnologicamente applicata sia, come ho già scritto, più pericolosa dell’Isis. Perché alla velocità cui stiamo andando, sempre crescente, senza che nessuno, scienziato o anche politico, si impegni per rallentarla in qualche modo, ci porterà inevitabilmente alla phthónos theôn, non da parte degli Dèi, che non esistono, ma dell’intrinseca molla economica oltreché scientifica che muove, dall’Illuminismo in poi, l’intero sistema attuale.

 

22 Ottobre 2024, il Fatto Quotidiano