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E quindi l’impresentabile, l’esteticamente inguardabile The Donald, col suo improbabile ciuffo biondo, non solo ha vinto le elezioni ma le ha vinte a “redini basse” come si dice in gergo ippico (“gli stramaledetti quadrupedi”) a dispetto di tutta la stampa democratica occidentale che gli tifava contro.

Come ho scommesso su Trump vincente ora scommetto, al tavolo di quell’inquietante genio di Elon Musk, che la guerra russo-ucraina finirà entro sei mesi. E’ un periodo che mi va bene con le scommesse anche se bisogna stare attenti, al gioco come in politica, ai “filotti positivi” perché, matematica docet, ne seguono inevitabilmente di negativi. La partita Stella Rossa-Barcellona era ingiocabile: il Barça era dato a 1.23, la Stella Rossa a 11, una quota mai vista che avrebbe potuto allettare anche, e giustamente, uno scommettitore accorto perché giocando cento euri, e quindi rischiando pochissimo, ne avrebbe potuti vincere 1100. In quella partita ero un po’ dilaniato perché da una parte c’era una squadra serba per cui io tifavo perché per noi russi i serbi sono i nostri fratelli nei Balcani (“il Kosovo è serbo e rimarrà sempre serbo”, Djokovic) e non solo nei Balcani, inoltre la lingua, il cirillico, è assai simile al russo, ma dalla parte opposta c’era un mio idolo “sua maestà Robert Lewandowski” come lo ha chiamato il cronista. Non potendo giocare il Barça, dato, come ho detto, a una quota risibile, ho scommesso che Lewandowski avrebbe fatto due gol e così è stato. Quando entri in campo con Lewandowski sei già sull’uno a zero, come è stato, almeno per un certo periodo, con Ruud van Nistelrooij e in tempi lontani con Ferenc Puskás. Tra l’altro Lewandowski e van Nistelrooij hanno questo in comune che pur essendo dei formidabili cannonieri, sanno giocare a pallone, aprono il gioco e passano la palla al compagno più smarcato (cosa che Ruud, quando giocava nel Manchester United, insegnò all’ipernarcisista Cristiano Ronaldo) e che il giovanissimo Yamal, pure del Barça, non ha ancora imparato, ostinandosi, grazie al suo straordinario gioco di gambe a far fuori uno, due, tre, quattro avversari, ma è chiaro che al quarto avversario si trova difronte ancora i primi due e volendo a tutti i costi tirare in porta, mentre il tiro non ce l’ha (lo straordinario gol che fece in Spagna-Germania agli Europei fu il classico “tiro della domenica”).

Il lettore penserà che la vittoria di Trump mi ha dato alla testa. Ma non è così, sto parlando di politica. In politica, come nel gioco del calcio, non bisogna farsi sopraffare dalla emotività ma ragionare e guardare le cose con logica e buonsenso. Soprattutto guardare i fatti. Lo spregiatissimo The Donald non ha mai fatto guerre ed essendo stato prima di diventar politico un imprenditore, come lo è ancora, non gli va di buttar via dei soldi in una guerra, come quella russo-ucraina, dove lo stesso ex Capo di Stato maggiore Mark Milley disse che “nessuno poteva vincere” così come ritirò i soldati americani dall’Afghanistan per una guerra che, secondo lo stesso Pentagono, “non si poteva vincere” non garbandogli per nulla che gli americani avessero buttato via 10 mila miliardi di dollari per un’impresa fallimentare in partenza.

Direi che lo spregiatissimo The Donald ha cominciato bene: “non inizierò guerre ma le fermerò”. In politica, come nel calcio (Yamal, è giovanissimo, 17 anni, imparerà) non bisogna fermarsi alle apparenze ma stare ai fatti. John Fitzgerald Kennedy era bello e di gentile aspetto, aveva la moglie fica, aveva traffici con i mafiosi (Sam Giancana) ma fu Nixon, dal brutto grugno, a preparare il ritiro dalla guerra del Vietnam, a demolire la truffa del gold exchange standard ed il primo ad aprire alla Cina. Ma mentre Kennedy è passato alla Storia, un mito, Nixon è rimasto sempre e per sempre “Nixon boia” soprattutto per gli italiani che per la loro formidabile storia artistica, ma anche per la moda del momento, all’estetica guardano moltissimo. Nixon fu incastrato per una bagatella, il suo staff aveva spiato il quartier generale dei Democratici, gherminelle pseudogiuridiche con cui adesso si vuole inquinare la vittoria di Trump. Nixon, pur Presidente, si dimise, The Donald non ci pensa nemmeno, sempre che nel frattempo non lo facciano fuori.

La vittoria di Trump è però un problema oggettivo per l’Europa. Se The Donald, che tra l’altro è amico di Putin, non vuole spendere un dollaro per la difesa dell’Ucraina, tantomeno ne spenderà per la difesa dell’Europa, semmai guarderà alla Cina che attualmente è l’unico, serio, competitor dal punto di vista economico degli Stati Uniti.

Disse la preveggente Angela Merkel alcuni anni fa: “gli americani non sono più i nostri amici di un tempo, bisogna che impariamo a difenderci da soli”. Il che vuol dire innanzitutto che è necessario che alla Germania democratica sia tolto l’anacronistico divieto di possedere la Bomba, frutto della sconfitta nazifascista, o che se lo tolga di fatto lei stessa, visto che “pacta sunt servanda, rebus sic stantibus” e poiché le cose, dal punto di vista geopolitico sono cambiate, e di molto, non c’è nessuna ragione di osservare quel patto.

Ma non è solo la Germania che si deve riarmare, è l’Europa intera in tutte le sue componenti, Italia compresa. Per questo sono miopi, a mio modo di vedere, le critiche al governo italiano perché sta aumentando le spese militari (più 6,5 miliardi solo quest’anno). Certo questi provvedimenti vanno a scapito degli investimenti nella sanità, nell’educazione, nella ricerca. Ma “primum vivere deinde philosophari”.

 

13 Novembre 2024, il Fatto Quotidiano