In Somalia gli occidentali e in particolare gli Stati Uniti stanno ripetendo gli stessi errori compiuti in Afghanistan, che avranno le stesse conseguenze negative non solo per la popolazione locale ma anche per l'Occidente. Perché in Afghanistan si erano affermati i talebani? Perché i "signori della guerra" locali, dopo aver combattuto vittoriosamente i sovietici, erano diventati bande di taglieggiatori, ladri, assassini, stupratori che angariavano la popolazione. Nel Paese regnavano disordine e caos. Il movimento talebano, guidato da un giovane e coraggioso leader spirituale, il mullah Omar, fu la risposta a questa situazione. Appoggiati dalla grande maggioranza della popolazione, che non ne poteva più di subire le prepotenze dei signori della guerra, i talebani presero il controllo del Paese e riportarono l'ordine, sia pure un duro ordine, il loro, dettato dalle leggi islamiche della Shariah. Ma il radicalismo religioso talebano non piaceva agli Usa che, col pretesto di prendere un uomo che non hanno preso, Bin Laden (che proprio loro avevano foraggiato all'epoca della guerra ai sovietici e che costituiva un problema anche per i talebani), spianarono a suon di bombe l'Afghanistan, lo invasero, lo occuparono e vi insediarono un governo fantoccio guidato da Hamid Karzai. Risultato, dopo cinque anni di occupazione: sono tornati a regnare caos, disordine, conflitti, trafficanti di droga, "signori della guerra", anche chi non era talebano lo è diventato in odio agli invasori stranieri, il radicalismo religioso è aumentato insieme a un fortissimo sentimento anti-occidentale che non esisteva agli inizi del movimento del mullah Omar, il quale aveva proposto più volte un accordo con gli americani. In Somalia gli occidentali dopo aver sostenuto un dittatore sanguinario come Siad Barre (vero De Michelis?), alla caduta di costui appoggiarono ora questo ora quello dei signori della guerra (e gli americani il più feroce di tutti, Amed) che angariavano in tutti i modi la popolazione. Nel 2004 gli americani riuscirono a far raggiungere un accordo ai principali "warlords" e a costituire un governo a capo del quale misero il loro uomo, Amed (che infatti gli ha dato una mano in Iraq mandando delle truppe). Ma questo accordo non ha cambiato in nulla la vita dei somali, che hanno continuato a subire le prepotenze, le violenze, le ruberie e gli assassinii dei signori della guerra. Le Corti islamiche sono state la risposta a questa intollerabile situazione. I somali, come gli afghani, non erano mai stati islamici radicali, ma le Corti sono sembrate loro l'unica soluzione perché, come scrive anche il "Corriere" per bocca della studiosa di Storia dei paesi afro-asiatici, Annamaria Gentili, «hanno portato un po' di ordine e pace nel Paese». Ma la cosa non è piaciuta agli americani che hanno indotto l'Etiopia a invadere la Somalia per togliere di mezzo le Corti. L'inaudita aggressione e violazione di ogni norma internazionale è stata giustificata da Washington col «diritto di Addis Abeba di intervenire per evitare che il Paese finisse in mano ai fanatici il cui obbiettivo è trasformarlo in un nuovo Afghanistan talebano». Cioè, adesso si afferma come «diritto» quello di invadere un Paese solo perché ha un governo che non ci piace, ma è sostenuto dalla popolazione, e leggi che non ci piacciono ma che non sono lontane dalla sensibilità di quella gente? I sovietici non ragionavano diversamente quando per invadere Ungheria e Cecoslovacchia accorrevano in aiuto dei "Paesi fratelli". Sul piano militare la partita è stata vinta facilmente perché l'Etiopia ha aerei e carri armati mentre i miliziani islamici combattono solo con i loro corpi e i Kalashnikov. Ma su quello politico è già perduta in partenza, come in Afghanistan. Perché tutto ciò non farà che aumentare nei somali il radicalismo religioso, sentito come unica identità, vista l'impossibilità di averne una politica autonoma, e l'odio contro gli occidentali.
Il 'caso Welby ' è totalmente assurdo. Qui non siamo di fronte a un malato incosciente che non è in grado di esprimere la propria volontà, di dire se vuole o meno continuare certe cure, per cui la decisione deve essere presa da altri. Sono questi i casi che in genere suscitano dibattiti, polemiche, scontri fra medici, familiari, istituzioni, perchè, in assenza della volontà del malato, ci si può solo limitare a supporre quale sarebbe se fosse cosciente. Ma Welby è perfettamente lucido e da tempo ha fatto sapere che non intende più avvalersi del respiratore artificiale che lo tiene in vita insieme a un sondino alimentare. Ora è fuori discussione che ogni individuo ha diritto di rifiutare le cure mediche, a meno che non si tratti di malattie infettive che mettano a repentaglio la salute o la vita altrui. Questo è scritto a chiare lettere nell'articolo 32 della Costituzione: "Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario". Se vado in ospedale, mi diagnosticano un tumore, vogliono ricoverarmi e sottopormi alle cure che ritengono facciano al caso mio, io posso girare i tacchi e andarmene. Mi verrà solo richiesto di firmare un modulo in cui dichiaro di assumermi la responsabilità di questa scelta. Ed è giusto che sia così perchè in uno stato laico l'individuo, e solo lui, è padrone della propria vita e della propria salute. Tanto è vero che non c'è nessuna norma che punisca il suicidio o il tentato suicidio, come era invece nell'Europa cristiana dove, non potendo più raggiungere chi si era sottratto alla giustizia umana, si prendevano misure contro il cadavere e il patrimonio del defunto. Perchè nella concezione cristiana la vita non appartiene all'individuo ma a Dio e solo Lui ne può disporre. Ma noi oggi non viviamo in uno Stato teocratico, ma laico. Ciò che impedisce a Welby di far valere la sua legittima volontà contro quella dei medici è il fatto che è paralizzato e non può liberarsi dei macchinari che lo tengono in vita contro la sua volontà. Siamo di fronte, in realtà, a un sequestro di persona di cui i medici che si accaniscono a non rispettare la volontà di Welby dovrebbero rispondere personalmente. Più in profondità noi oggi non siamo più padroni della nostra salute, della nostra vita, della nostra morte e della loro dignità. In virtù dei progressi della medicina tecnologica che tiene in vita gente che in altri tempi se ne sarebbe andata brevemente e beatamente al Creatore, i padroni della vita e della morte, del suo momento e delle sue circostanze sono i medici e i tecnici delle equipes ospedaliere. Il malato, intubato, irto d'aghi, monitorizzato, computerizzato, ventilato, nutrito con sonde, non è che un oggetto, privato di ogni volontà, una povera cosa umiliata la cui agonia può essere protratta oltre ogni limite di decenza. Questo ci dice, oggi, il 'caso Welby '. Non è stato sempre così. Scrive Philippe Ariès autore della 'Storia della morte in Occidente': "L'uomo è stato, per millenni, il padrone assoluto della sua morte e delle circostanze della sua morte". In tempi in cui le malattie erano quasi sempre letali, ma brevi come le agonie, l'uomo, prima di perdere conoscenza, aveva il tempo e il modo di partecipare attivamente alla propria morte. Anzi la presiedeva secondo certe ritualità immutabili. "Investito di autorità sovrana dall'avvicinarsi della morte, impartiva ordini, faceva raccomandazioni. L'uomo del Medioevo e del Rinascimento teneva a partecipare alla propria morte perchè vedeva in essa un momento eccezionale in cui la sua individualità prendeva la forma definitiva. Non si era padroni della prpria vita se non nella misura in cui si era padroni della propria morte".Il modo del morire era quindi fondamentale per i nostri progenitori. Perchè la dignità della propria morte conferiva dignità all'intera vita. E la morte disumana, indegna, espropriata dell'età moderna non è che lo specchio atroce della vita disumana, indegna ed espropriata che in essa conduciamo.
L'Italia spezzata si intitola l'ultimo libro di Bruno Vespa, gran cerimoniere della politica nostrana. E in effetti l'apparenza è questa. Da più di dieci anni le classi dirigenti del centrodestra e del centrosinistra si azzuffano in modo feroce, sono protagoniste di lotte al coltello, non passa giorno che non si accusino reciprocamente di 'regime', adesso non si fidanonemmeno più, quasi fossimo un Paese sudamericano, della regolarità delle elezioni e vanno alla riconta delle schede, caso unico nella storia dell'Italia repubblicana e democratica che non si verificò nemmeno in momenti cruciali come il referendum sulla monarchia e l'aut aut del 1948.Eppure l'Italia di oggi non ha alcuna ragione di essere 'spezzata'. Non si tratta di scegliere fra comunismo e il cosiddetto 'mondo libero', fra fascismo e democrazia. Non ci sono più le Br e il terrorismo rosso, i neofascisti sono ridotti a minigruppuscoli patetici. La sinistra, anche quella radicale, ha accettato il libero mercato . Nessuno mette in discussione che il modello di sviluppo occidentale, industrialista, tecnologico, economicista, basato sul meccanismo produzione-consumo, sia, pur con tutti i suoi difetti, 'il migliore dei mondi possibili'. In politica economica le diversità delle scelte si riducono a sfumature, perchè i margini di manovra del governo, di qualsiasi governo, sono ridotti al minimo dipendendo da fattori globali totalmente fuori dal controllo di un singolo Paese. Attualmente, avendo le classi dirigenti degli Anni Ottanta (che avevano come uomini di punta l'esule di Hammamet, il 'martire' Andreotti, il 'Dottor Sottile' tuttora in pista) fatto una dissennata politica di dissipazione delle risorse collettive che ci ha portato ad accumulare un enorme debito pubblico, la sola cosa che si può fare è quella di sempre: tosare ulteriormente il ceto medio. Perchè solo qui c'è ancora un pò di 'trippa per gatti', poichè i grandi patrimoni hanno sempre avuto la possibilità di svicolare e ancor più ce l'hanno oggi, in epoca di integrazione economica mondiale, con le società 'off shore' totalmente fuori controllo, mentre i poveri sono poveri e non si può cavar sangue dalle rape.In politica estera sia la destra che la sinistra sono atlantiste e nessuno si sogna di mettere in discussione l'alleanza con l'America e nemmeno la Nato. Da noi persino il movimento No Global si è rapidamente trasformato in un New Global, nell'idea cioè che il modello di sviluppo occidentale, sia pur un pò umanizzato, debba essere esportato in tutto il mondo, con i suoi schemi mentali, la sua concezione dei diritti individuali, dichiarati, poichè sono i nostri, universali le sue istituzioni, la sua democrazia.E allora perchè questo clima da guerra civile in italia, quando per il cittadino comune che governi la destra o la sinistra non cambia nulla come hanno ampiamente dimostrato le varie 'alternanze' dal 1994 in poi. Qualcuno può ragionevolmente sostenere che sia migliorato qualcosa, nella sua vita, col governo Prodi? Son la stessa cosa. Le indecorose zuffe fra destra e sinistra cui, sempre più stanchi e schifati, assistiamo quotidianamente non son che lotte per il potere fra oligarchi all'interno di una classe di privilegiati - l'unica vera classe rimasta su piazza - quella politica, con i suoi adentellati economici e mediatici, il cui interesse primario oltre a quello di spartirsi il bottino, è di autotutelarsi come abbiamo visto fare mille volte. Sono costoro che giocano la vera partita. Noialtri, tutti, non siamo che spettatori. E se sugli spalti, o in piazza, c'è chi parteggia con passione per la destra o per la sinistra, non lo fa per ragioni concrete, di contenuto, ma per motivi irrazionali e sentimentali per cui si tifa Milan o Inter, Roma o Lazio, Verona o Chievo.
Da molti e molti anni la "prima" della Scala è diventata un odioso evento di discriminazione sociale, una esibizionistica passerella della "nomenklatura", questa nuova classe nobiliare che si crea nelle democrazie, contraddicendo in radice lo spirito egalitario, formata da politici, da favorite, da calciatori, da dubbi finanzieri e altri vari soggetti, per lo più tutta gente che non ha mai fatto un solo giorno di lavoro serio in vita sua e che non è lì perchè interessata alla musica lirica e all'opera, spettacolo popolare per eccellenza, ma solo per farsi vedere, per felicitarsi vicendevolmente del privilegio di essere in un luogo da cui il cosiddetto cittadino comune, che pur è quello paga l'esistenza del Teatro alla Scala, oltre che la sostanziale fannullaggine dei membri della "nomenklatura", è rigorosamente escluso.Non era così in epoca premoderna, preindustriale e predemocratica. Anche allora c'era una classe che aveva l'enorme privilegio di non lavorare: i nobili. E nei propri castelli costoro davano ricevimenti cui invitavano solo i loro pari. Ma le feste pubbliche erano, appunto, pubbliche e ad esse nobili e popolo partecipavano insieme, mescolandosi. Si trattasse di uno spettacolo pirotecnico e musicale i giardini di Versailles e di qualsiasi altra reggia venivano aperti al pubblico perchè anche il popolo, anzi soprattutto il popolo, potesse goderne. È lo stesso concetto per cui si costruivano le cattedrali e le si riempivano di capolavori. Ciò dimostrava la magnificenza del signore, ma anche la sua munificenza perchè il godimento di quelle opere d'arte era a disposizione di tutti. Oggi capolavori che sono patrimonio dell'umanità stanno in case private o nei caveau delle banche. Nè della cultura - c'erano "prime" riservate esclusivamente a un ceto di privilegiati. "Prima" o meno che fosse il teatro era un luogo eminentemente interclassista. Ci andavano nobili e poveracci, borghesi e popolani, signori e contadini, analfabeti e letterati. La differenza è che i "signori" hanno posti privilegiati, quasi in mezzo agli attori o nelle gallerie (quando c'erano), mentre la canaglia-marinai, soldati, facchini, carrettieri, femmine di basso conio - stanno in piedi nella platea" (E. Pasquini e A. Quaglio, "Le origini e la scuola siciliana" La Terza, 1971, p. 20).È stata la borghesia a "privatizzare" il pubblico e a impadronirsene scacciandone i legittimi detentori (anni fa, a Milano Piazza Duomo, luogo di incontro cittadino per defini zione, fu occupata da dei tendoni in cui si davano feste esclusive per i (vip). Ma almeno la borghesia d'antan, quella metodica e doverista, descritta da Benjamin Franklin, legittimava in qualche modo i suoi privilegi perchè aveva accumulato le proprie ricchezze col duro lavoro. Oggi siamo tornati a un sistema feudale, ma peggiorandolo. La nomenklatura, la nuova classe mobiliare è fannullona come su era l'altra, ma a differenza di quella non ha nemmeno la buona creanza e la prudenza di far partecipare il popolo ai divertimenti collettivi che invece requisisce e per sè, escludendone chi lavora e la mantiene. Uno schiaffo impudente a noi cittadini, a ogni sbandierata idea di uguaglianza.
Mi piacerebbe sapere di che natura sono le missioni occidentali attualmente all'opera in Iraq e in Afghanistan . Certamente è difficile gabellarle per operazioni di "peace keeping" o come «lotta al terrorismo internazionale».L'Iraq è stato attaccato perchè si riteneva possedesse armi di distruzione di massa. Una volta accertato che non le aveva gli occupanti avrebbero dovuto andarsene, con tante scuse. Invece sono rimasti. Ciò ha provocato la reazione di una parte consistente della popolazione irachena che è insorta contro gli occupanti. Questi insorti sono dei terroristi internazionali, cioè della gente che potrebbe venire a mettere delle bombe a casa nostra? Evidentemente no, è gente che combatte un'occupazione che considera illegittima con le armi della guerriglia e anche del terrorismo, che diventa pressocchè inevitabile quando c'è un'enorme sproporzione fra gli armamenti delle forze in campo (l'altro giorno a Ramadi gli americani per snidare quattro cecchini annidati sul tetto di una casa hanno fatto intervenire i carri armati uccidendo cinque bambine e un guerrigliero), ma col terrorismo internazionale non c'entrano nulla.Nel frattempo in Iraq è in corso una terribile guerra civile fra sunniti e sciiti. Le truppe angloamericane si interpongono fra costoro per metter pace? Nient'affatto. Anzi è stata proprio la loro presenza a innescare questa lotta fratricida. E Michael Walzer, uno dei massimi filosofi politici degli Stati Uniti, afferma che «solo il ritiro americano può portare alla pacificazione». Mi fa piacere perchè è quanto vado sostenendo da tempo su questo giornale e altrove. Per la verità ciò che io penso è che, senza gli americani, la guerra civile continuerà finchè sciiti, sunniti e curdi non avranno trovato un nuovo equilibrio che sostituisca quello, feroce, garantito da Saddam. Scorrerà ancora del sangue, ma servirà almeno a qualcosa, mentre la presenza americana, che ha provocato, in modo diretto e indiretto, quasi 700 mila morti, impedisce qualsiasi sbocco. Quella mattanza è sterile.Ancora più chiara è la situazione in Afghanistan . Qui le forze Nato non stanno pacificando niente, stanno semplicemente combattendo i Talebani, cioè guerriglieri afghani che rappresentano - per ammissione dello stesso comandante delle truppe occidentali, James Jones - i quattro quinti della popolazione. I Talebani, a prezzo di predite spaventose, si battono a viso aperto facendo un uso molto sporadico di autobombe kamikaze di tipo iracheno perchè questo è fuori dalla cultura afghana. Non sono quindi terroristi nè, tantomeno, terroristi internazionali, è solo gente che si batte contro l'occupazione straniera del proprio Paese. In Afghanistan è quindi in atto una guerra in senso proprio (sia pur, da parte afghana, nelle forme della guerriglia come fecero contro i sovietici) fra occidentali e afgani. Tanto è vero che il segretario della Nato, Jaap de Hoop Scheffer, e lo stesso Jones non fanno che chiedere ai Paesi europei (Germania, Francia, Italia) di liberare i propri soldati da regole di ingaggio troppo rigide che erano state immaginate per un'operazione di pace (Isaf, International security and assistance force) che non è più tale.Per che cosa combattono le truppe Nato? Per mantenere in piedi un governo, quello Karzai, che senza la loro presenza cadrebbe, a detta unanime, nel giro di 24 ore. Nella sostanza combattono quindi per mantenere la loro occupazione. Ciò ha dei riflessi sulla presenza in Afghanistan delle truppe italiane che, finora, sono state risparmiate perchè schierate ad Herat, una zona relativamente tranquilla dove peraltro non controllano nulla perchè a comandare sono, come sempre, i capi tribali. Quella presenza, sia pur passiva, in appoggio a una guerra di occupazione, è inamissibile perchè contraria all'articolo II della Costituzione che recita: «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli». È per questo, e non per il pacifismo astratto della sinistra radicale, che i nostri soldati vanno ritirati dall'Afghanistan .