Nel mio 'coccodrillo' scrivevo che Andreotti, durante e dopo i suoi processi, non aveva mai accusato la Magistratura di 'complotto', non aveva mai parlato di «uso politico della giustizia», non aveva mai ricusato i Tribunali lasciando che i suoi processi si svolgessero davanti al proprio giudice naturale, come prevede la Costituzione (Particolarmente grottesca è la motivazione con cui i legali di Berlusconi hanno cercato di inficiare l'imparzialità di Alessandra Galli, uno dei tre giudici del processo Mediaset, la cui serenità sarebbe minata dal fatto che suo padre, Guido, fu assassinato nel 1980 dai terroristi. Che «c'azzecca» questo con Berlusconi? Tanto varrebbe sostenere che un magistrato che ha avuto delle disgrazie familiari non puo' fare il magistrato. Credo che persino Ghedini si sia vergognato di dover mettere nero su bianco una castroneria del genere). Aggiungevo poi che il comportamento di Andreotti era determinato dalla consapevolezza, (peraltro comune alla parte migliore della vecchia Dc) di essere classe dirigente e che una classe dirigente degna di questo nome non delegittima le istituzioni perchè sa che dalla loro disgregazione e dal caos che ne consegue ha tutto da perdere. In questa situazione di caos istituzionale ci hanno portato vent'anni di regime dell'avventuriero Berlusconi con la sua corte di 'servi liberi'. E di fronte alla condanna in appello del Cavaliere a quattro anni per una colossale frode fiscale, oltre alle solite geremiadi sull' 'accanimento', sul 'complotto', sull' 'uso politico dalla giustizia', si è sentito anche qualcosa di nuovo. La sentenza del Tribunale di Milano farebbe parte di una macchinazione ordita per minare quel «processo di pacificazione nazionale» iniziato con l'alleanza al governo di Pdl e Pd. Se un Tribunale, nelle sue sentenze, tenesse conto, invece che della legge, delle esigenze dei partiti farebbe, questa volta si', «un uso politico della giustizia». Una deputata del Pdl, mi pare la Bernini, ha detto in Tv che «non siamo più in uno Stato di diritto». Lo Stato di diritto è quello in cui si rispettano le sentenze e non si inscenano indegne gazzarre e invasioni di Tribunali da parte di parlamentari (altro che le intemperanze dei No Tav, è qui, Egregio Napolitano, che siamo all'eversione). La deputata Pdl Lara Comi ha affermato: «Se nel Pd c'è qualche garantista batta un colpo». E che vuol dire? La Giustizia non è un affare privato fra Pdl e Pd, è una questione che riguarda tutti i cittadini. Che sono stufi di vedere che esistono due diritti, uno 'ipergarantista' per lorsignori, e uno 'forcaiolo' per tutti gli altri. E allora è inutile 'chiagne' per 'l'antipolitica', il grillismo, per un'astensione rabbiosa che riguarda ormai un quarto della popolazione e continua ad aumentare.
Nostalgia della vecchia Dc che sottobanco ne combinava di tutti i colori ma conservava almeno il rispetto formale della legge. Nostalgia di Giulio Andreotti che aveva quel senso dello Stato che Silvio Berlusconi ha sempre dimostrato di non avere. Ed è qui che sta la differenza fra uno statista, un gigante della politica e un nano.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 11 maggio 2013