Tradizionalmente le funzioni del denaro sono quattro: 1) Misura del valore, 2) Intermediario nello scambio, 3) Mezzo di pagamento, 4) Deposito di ricchezza. Poco da dire sulle prime tre. Ma togliamoci dalla testa che il denaro sia ricchezza o che la rappresenti. Preso nel suo complesso il denaro non è nulla, un puro nulla. Se ne accorsero gli spagnoli agli albori del XVII secolo quando, dopo aver rapinato agli indios d'America tutto quanto potevano d'oro e argento (la moneta dei tempi, in Europa) si trovarono più poveri di prima. Nel suo Memorial Gonzalez de Collorigo scrive con icastica lucidità: «Se la Spagna è povera è perchè è ricca». E Pedro de Valencia nel 1608: «Il male è venuto dall'abbondanza di oro, argento e moneta, che è stato sempre il veleno distruttore delle città e delle repubbliche. Si pensa che il denaro è quello che assicura la sussistenza e non è cosi'. Le terre lavorate di generazione in generazione, le greggi, la pesca, ecco quello che garantisce la sussistenza...Ciascuno dovrebbe coltivare la sua porzione di terra e quelli che vivono oggi della rendita e del denaro sono gente inutile e oziosa che mangia quello che gli altri seminano». Ecco un buon argomento per la Camusso e anche per la sinistra se, dopo aver accettato tutto, il denaro, il mercato, la globalizzazione (l'industrializzazione, il marcio di tutti i marci, ce l'aveva, marxianamente, nel sangue) fosse ancora capace di fare qualcosa di sinistra.
Come hanno reagito le leadership mondiali alla crisi dei 'subprime' del 2008, che seguiva la bancarotta del Messico del 1996, il crac delle 'piccole tigri' del 1997, il default dell'Argentina del 1999? Immettendo nel sistema, per usare le parole di Valencia, altro veleno, cioè altro denaro, creando cosi' una gigantesca bolla speculativa che prima o poi ci ricadrà addosso con effetti planetari e devastanti.
Il popolo finchè ha avuto la testa, cioè prima di essere influenzato dai giornali, ha sempre avuto in gran sospetto il denaro subdorandone i truffoni. Ma non solo il popolo. Aristotele, che nell'Etica Nicomachea è stato il primo ad occuparsi scientificamente di economia, sosteneva che il denaro essendo astratto, e quindi sterile, non poteva figliare altro denaro. Si sbagliava. Ma fino a un certo punto. E' stato anche grazie all' 'ipse dixit' tradotto dalla Scolastica in un argomento più sottile oltre che religioso (Il tempo è di Dio, e quindi di tutti, e non puo' essere percio' oggetto di mercato) che la Chiesa nel Medioevo è riuscita a condurre una generosa, e spesso vittoriosa, battaglia non solo contro l'usura, come pudicamente sempre si dice, ma contro l'interesse. Ma alla fine ha prevalso il mercante (oggi chiamato imprenditore) con la logica dell'investimento. E' qui che cambia tutto. Al quieto e circolare presente si sostituisce il dinamico e imperscrutabile futuro che dopo una travolgente cavalcata durata due secoli e mezzo ci ha portati alla situazione attuale, un teorema insolubile: dobbiamo crescere ma non possiamo più crescere. L'Illiminismo ci ha illuso di essere degli animali intelligenti. Ma Nietzsche che vedeva lontano, molto lontano, scrive: «In un angolo remoto dell'universo scintillante e diffuso attraverso infiniti sistemi solari c'era una volta un astro, su cui animali intelligenti scoprirono la conoscenza. Fu il minuto più tracotante e menzognero della 'storia del mondo'. Ma tutto cio' duro' soltanto un minuto. Dopo pochi respiri della natura, la stella si irrigidi' e gli 'animali intelligenti' dovettero morire... Vi furono eternità in cui l'intelletto umano non esisteva, quando per lui tutto sarà nuovamente finito, non sarà avvenuto nulla di notevole».
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 23 novembre 2013