Corse-Matin, l’unico giornale pubblicato in Corsica, dove mi trovo in questo momento (fino a vent’anni fa era scritto in lingua locale, ora ha ceduto al francese) si occupa normalmente di abigeati, di furti di mucche, delle feste popolari che si tengono nei vari paesini e di quel che resta del movimento indipendentista che proprio in questi giorni ha deciso di smilitarizzarsi e di lasciare la macchia. Anche alla Francia, che qui gode di pochissime simpatie, soprattutto nel centro dell’Isola, è data, Tour a parte, scarsa attenzione. Il Corse ha però una pagina dedicata agli avvenimenti internazionali (Monde) molto interessante. Perché spesso riporta notizie importanti, ignorate dai grandi giornali occidentali, europei, americani, per non dire di quelli italiani. Una era pubblicata sul Corse del 22 luglio. Da anni alcune centinaia di musulmani bosniaci sono andati a combattere in Iraq e in Siria nelle file dell’Isis. Ma alcuni mesi fa Al Baghdadi, o chi per lui, ha ordinato a questi guerriglieri di rientrare in Bosnia, di occupare le case e i terreni lasciati dai serbi dopo la guerra civile, quando per l’intervento degli americani, da vincitori sul campo di battaglia vennero trasformati in vinti, e di installarvi campi di addestramento e di reclutamento, soprattutto nella regione di Osve nel nord del Paese e in altre zone limitrofe.
Qual è il significato di questa mossa? L’Isis vuole portare in Bosnia la guerriglia e non semplicemente attentati terroristi e kamikaze. Ma la Bosnia vuol dire Balcani e i Balcani sono Europa, sia pur un’area particolare di Europa. Per la prima volta quindi l’Isis entra in Europa con dei manipoli di guerriglieri, e non con qualche ‘lupo solitario’ o con i poveracci che sbarcano dai gommoni (Al Baghdadi è troppo intelligente per affidare la vita dei suoi combattenti a questi viaggi senza speranza). E tramite la Bosnia ha la possibilità di allargare le sue mira. Il fragilissimo governo bosniaco, che tiene insieme con lo sputo tre comunità che si sono sempre odiate, musulmani, croati, serbi, ha già dichiarato di non essere in grado di fronteggiare il fenomeno. L’Isis potrebbe prendersi un pezzo di Bosnia, come si è preso un pezzo di Iraq e un pezzo di Siria, e poi puntare su Croazia e Slovenia, che non sono famose per la capacità dei loro eserciti, e costituirvi dei capisaldi come ha fatto in Libia con Sirte e in Egitto nel Sinai. A questo punto i guerriglieri dell’Isis si troverebbero vicinissimi ai confini orientali italiani.
Questo, naturalmente, è il ‘wishful thinking’ di Al Baghdadi. E non è affatto detto che diventi realtà. Ma la sua sola possibilità dice ancora una volta, come abbiamo ripetuto fino alla nausea, quanto stolida sia stata l’aggressione americana alla Serbia del 1999, quando l’11 settembre era di là da venire, complice il governo D’Alema che forniva agli yankee le nostre basi di Aviano. L’intento degli Stati Uniti era di creare nei Balcani una striscia di islamismo moderato (Albania più Bosnia più Kosovo) a favore del loro grande alleato nella regione, la Turchia, che proprio in questi giorni ha concesso agli Usa l’uso della propria base aerea di Incirlik in funzione anti-Isis (ma anche, occultamente, anticurda). Umiliando la Serbia, paese europeo a tutti gli effetti, di religione ortodossa, abbiamo favorito la componente islamica dei Balcani. E se nel 1999 si poteva pensare che gli islamici dei Balcani fossero dei musulmani moderati, oggi, dopo l’aggressione all’Afghanistan del 2001, all’Iraq del 2003, alla Somalia del 2006/7, alla Libia del 2011, la cosa non è più così sicura. Tutt’altro. Una parte degli islamici dei Balcani è certamente anti Isis, ma un’altra parte, cospicua, ne sente l’attrazione. Gli americani possono impiparsene, stanno a diecimila chilometri di distanza. Noi l’Isis l’abbiamo sull’uscio di casa. E non viaggia sui barconi.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 29 luglio 2015