0
0
0
s2sdefault
powered by social2s

Il giorno in cui Roberto Formigoni è stato condannato a sei anni per corruzione nel campo della Sanità, Renato Farina ha scritto su Libero un pezzo dal titolo “Perseguitato dalla giustizia” che non si sa se definire comico, grottesco, esilarante o, piuttosto, protervo.

Renato Farina è il noto ‘Betulla’ che faceva il giornalista e, insieme, l’agente dei Servizi segreti. Il giorno in cui la cosa venne a galla una collega di Libero lo trovò, sconfortato e piagnucolante, appoggiato a uno stipite: “Il problema è –le disse- che ho preso anche dei soldi. Però gli ho versati in beneficenza”. Insomma non lavorava solo per i Servizi, ma ne era anche al soldo. Lo sconforto durò poco. Gli venne in soccorso Giuliano Ferrara che scrisse: che male c’è, se fa due lavori è giusto che prenda due stipendi. E’ come se un poliziotto oltre che prendere lo stipendio dallo Stato si portasse via la refurtiva.

Prima che lo radiassero dall’Ordine dei giornalisti, una delle rare decisioni serie di questo inutile organismo che fino allora si era limitato a punire alcuni sfigati direttori di giornaletti porno, dette le dimissioni. Su sua richiesta fu riammesso. E’ ovvio che se anche fosse stato radiato Farina avrebbe conservato il diritto di scrivere, la libertà di espressione non può essere riservata solo a dei professionisti ma è di tutti. Però Farina non dovrebbe avere quella credibilità che lui stesso ha provveduto a togliersi e che invece, a quanto pare, Libero gli dà. Il fatto è che in Italia non mancano le sanzioni penali (che anzi abbondano, anche se raramente si arriva ad applicarle) ma quelle sociali. Adriano Sofri, uno dei mandanti dell’omicidio Calabresi, è stato a lungo editorialista del principale quotidiano di sinistra, Repubblica, e del più venduto settimanale di destra, Panorama. Un editorialista per meriti penali. Luigi Bisignani, condannato per reati contro la Pubblica Amministrazione è stato, successivamente, consulente dell’amministratore delle Ferrovie dello Stato, Lorenzo Necci, e dell’AD dell’Eni, Paolo Scaroni, e oggi furoreggia come opinionista, ospite graditissimo, in vari network televisivi.

Secondo Renato Farina nei confronti di Formigoni c’è stato un “accanimento giudiziario”. Quella dell’’accanimento giudiziario’ è una categoria giuridica, chiamiamola così, inventata dalle destre dopo Mani Pulite, quando Berlusconi cominciò ad essere raggiunto da avvisi di garanzia, rinvii a giudizio, condanne in primo e secondo grado, prescrizioni. Prima, e per decenni, le destre erano state furibondamente forcaiole (era giusto e sacrosanto che Pietro Valpreda fosse in galera da quattro anni senza processo e Giuliano Naria da nove, per citare solo alcuni casi). Naturalmente le destre sono prontissime a ridiventare forcaiole, perché questa è la loro vera natura quando ci sono di mezzo gli stracci e i delitti da strada (“In galera subito e buttare via le chiavi” ha dichiarato Daniela Santanchè).

Facciamo un rapido florilegio del pezzo di Renato Farina. “C’è un atteggiamento straordinariamente persecutorio verso Roberto Formigoni”. Da che cosa è provato questo atteggiamento persecutorio? Dalla “violenza linguistica della requisitoria dei pubblici ministeri” e da “una sentenza di smisurata pesantezza…se gli avessero dato due anni di reclusione, avrei pensato: questi giudici sono seri, misurati, dunque è davvero colpevole…Il risultato somiglia più a una fucilazione in piazza che ad una sentenza equa…Si è trasformato un fatto di costume (da bagno) in clava giudiziaria”. A parte che Formigoni ha preso tre o due anni meno dei suoi complici, non spetta al Tribunale Speciale Renato Farina stabilire la misura di una condanna. Farina poi aggiunge: “Così fa nascere il sospetto di una vendetta mirata dell’ordine giudiziario verso i leader politici non di sinistra, per inaugurare una stagione di caccia non più al Cinghialone, che è morto, ma ai sopravvissuti”. Tralasciamo per misericordia che fu proprio Vittorio Feltri, il suo attuale direttore, il più forsennato a fiocinare il ‘cinghialone’( a lui si deve questo epiteto che trasformava delle inchieste giudiziarie in una ‘caccia sadica’) e persino i suoi due figli Bobo e Stefania, c’è qui tutto l’armamentario usato dalla destra berlusconiana, cui non poteva mancare la notazione che Formigoni è stato eletto, perbacco, col 63 per cento dei voti. Quando il Cavaliere era in auge sosteneva, sia pur implicitamente, che era autorizzato a delinquere perché prendeva 16, 10, 8 milioni di voti. Il che poneva alcuni curiosi quesiti. Se prendo due milioni di voti a quale crimine sono autorizzato? Un furto? Se ne prendo quattro? Una rapina semplice? Se ne prendo otto? Una rapina a mano armata? Se ne prendo sedici…

Non ha nessunissima importanza se Formigoni aveva la fiducia di milioni di cittadini lombardi, il fatto è che questa fiducia l’ha tradita non perché veniva fotografato in variopinti costumi da bagno su yacht sesquipedali, ma perché ha grassato alla collettività otto milioni di euro.

E’ curioso il cortocircuito dei cattolici che delinquono (anche Renato Farina lo è). Loro, che ci credono, dovrebbero avere più di tutti il timor di Dio. Ma poi c’è il perdono di Santa Romana Chiesa e nella loro coscienza sporca si autoassolvono, magari con qualche opera di beneficienza.

Roberto Formigoni è un senatore della Repubblica. Non risulta, allo stato, che qualcuno ne abbia chiesto le dimissioni. Le dimissioni le deve dare Virginia Raggi per aver scelto male un suo collaboratore. ‘Andè a dà via i ciapp’ come si dice qui a Milano.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 28 dicembre 2016