Quando gli europei capiranno che il loro principale nemico sono gli americani? Che cosa dovrebbe ancora avvenire perché se ne rendano conto? Pensiamo, per un attimo, a una situazione invertita: che una centrale di spionaggio e di hackeraggio tedesca fosse piazzata se non proprio a Washington a Boston o in qualche altra grande città degli Stati Uniti. Si scatenerebbe immediatamente una bufera e verrebbero riesumati i fantasmi, sempre utili, di Hitler e dei nazisti. Gli americani non sono nazisti, anche se in alcune loro operazioni all’estero vi assomigliano parecchio, ma, come ammette anche Sergio Romano sul Corriere della Sera, sono militaristi e ovviamente imperialisti. Sono insieme all’ex Unione Sovietica i veri vincitori dell’ultima guerra mondiale. L’Europa è stata la sconfitta, colpevolmente sconfitta perché in un secolo è riuscita a farsi due guerre fratricide. Fra i vincitori c’è anche la Gran Bretagna, ma la Gran Bretagna avendo perso il suo impero coloniale ha avuto nel dopoguerra un’importanza decisamente minore e inoltre è europea solo a metà e una sorta di sentinella degli interessi politici e militari degli Usa nel Vecchio Continente (che sia europea a metà l’ha dimostrato la Brexit che invece che come una maledizione dovrebbe essere presa come una benedizione perché ci toglie di torno questo ambiguo coinquilino). In quanto alla Francia, che era stata fascista non meno dell’Italia, la si è fatta sedere al tavolo dei vincitori per salvare le apparenze ma, ad onta dei goffi esercizi muscolari del gollismo, ha contato poco più di nulla.
A Jalta, nel febbraio del 1945, americani e sovietici si divisero l’Europa e il muro di Berlino è stato per 45 anni il simbolo di questa divisione. L’Europa occidentale è andata agli Stati Uniti, quella orientale all’Unione Sovietica. Urss nel frattempo è naufragata, anche se adesso la Russia, sotto Putin, sta recuperando le sue dimensioni di grande potenza, ma l’America è rimasta intatta come Superpotenza e più forte che mai dopo l’indebolimento del suo storico contraltare. E quindi da più di 75 anni che l’Europa è sotto tutela americana. Una tutela che ci è stata fatta pagare carissima in termini militari, politici, economici, culturali e anche linguistici. Quando Adenauer, De Gasperi e Spaak pensarono a un’Europa unita, per evitare altre guerre fratricide, sapevano benissimo che questa Europa avrebbe dovuto nascere prima politica e militare e solo in seguito economica. Ma sapevano anche che gli americani ce l’avrebbero impedito. Così l’Europa è venuta formandosi faticosamente attraverso successive integrazioni economiche che ci hanno portato alla traballante situazione attuale, ma senza avere una vera unità politica e nemmeno una forza militare (come si dice abitualmente: una potenza economica, ma un nano politico). Quando a metà degli anni Ottanta tedeschi e francesi tentarono di costituire un primo nucleo di un esercito europeo gli americani li bloccarono. Che bisogno c’era, dissero, di una difesa autonoma europea quando a questa provvedeva la NATO? Ma la NATO è un’alleanza totalmente sperequata, nel pieno possesso degli Stati Uniti ed è stata proprio uno degli strumenti con cui gli americani hanno tenuto, e tengono, in stato di minorità il Vecchio Continente (“la vecchia e stanca Europa” come la definì sprezzantemente Colin Powell).
Anche dal punto di vista economico gli Stati Uniti hanno fatto quello che hanno voluto facendo ricadere le loro dissennatezze sugli europei. La crisi che l’Europa sta attualmente vivendo discende direttamente dal collasso della Lehman Brothers del 2008 (così come era partita dall’America la crisi del ’29 cui però l’Europa poté resistere meglio, fascismo italiano in testa, perché il mondo non era così integrato e globalizzato). A questa crisi gli americani hanno reagito immettendo nel sistema tre trilioni di dollari. Così è facile riprendersi ma si crea una bolla speculativa enorme che prima o poi ricadrà addosso a tutti con conseguenze devastanti rispetto alle quali la crisi del 2008 sembrerà uno zuccherino. L’Europa invece, principalmente sotto la guida di Angela Merkel, si è costretta a una politica di austerity, giusta in astratto per non creare un ulteriore bolla speculativa, ma inutile di fatto se i competitors americani si comportano come si comportano e come se nulla fosse successo.
Dopo la caduta del muro di Berlino, venuto meno per il momento il contraltare russo, gli americani hanno scatenato tutta la loro aggressività e volontà di potenza con conseguenze che sono ricadute per intero sul Vecchio Continente.
Nel 1999, quando l’11 settembre era di là da venire, guerra alla Serbia, europea e di religione ortodossa e, oltretutto, con la grave colpa di essere rimasto l’ultimo Stato paracomunista del Vecchio Continente. Poi c’è la lunga filiera delle aggressioni, con i pretesti più vari e spesso totalmente infondati: Afghanistan 2001, Iraq 2003, Somalia 2006/2007, Libia 2011. Tutte queste aggressioni le ha pagate l’Europa perché i Paesi musulmani, con l’eccezione dell’Afghanistan che fa caso a sé, sono alle nostre porte di casa mentre gli Stati Uniti li hanno a diecimila chilometri di distanza. Di qui le migrazioni dal Medio Oriente in guerra, combinate con quelle dell’Africa subsahariana che l’intero Occidente, e non solo gli Stati Uniti, ha contribuito a destrutturare culturalmente e socialmente riducendola alla fame. E le migrazioni sconquassano l’Europa ponendola in una situazione difficilissima dove si combatte una guerra fra poveri, i nostri e quelli che vengono da fuori.
Adesso Wikileaks ci informa, documenti alla mano, di ciò che in realtà sapevamo da tempo: che gli americani ci spiano, spiano i nostri politici, spiano le nostre aziende, spiano i cittadini comuni. Un alleato che spia i propri alleati è un alleato leale? E’ un vero alleato o non piuttosto un nemico da temere? L’Europa, se vuole sopravvivere, deve liberarsi al più presto di questo ‘alleato’ come ha avuto il coraggio di fare perfino il filippino Duterte. Approfittando delle incertezze di Donald Trump deve denunciare il Patto Atlantico, uscirne e rimandare a casa le basi NATO e le basi americane, che godono di una inammissibile extraterritorialità che mina la nostra sovranità, presenti in gran numero in Germania e in Italia. E’ vero che gli americani, insieme agli inglesi, ai neozelandesi, ai marocchini e persino ai razzisti sudafricani, ci hanno liberato dal nazifascismo. Ma sono passati 75 anni da allora. Come ha detto Luciana Littizzetto (a volte i comici, con la sinteticità della battuta, sono più chiari ed efficaci dei politici) “quando scade il mutuo?”. Secondo noi il mutuo è scaduto da tempo e l’Europa non ha più alcuna convenienza a pagarne gli enormi interessi.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 11 marzo 2017