Sono ben curiosi questi ‘garantisti’ in servizio permanente effettivo. Virginia Raggi, sindaco di Roma, è stata assolta in primo grado perché il fatto che gli veniva imputato dai Pubblici ministeri “non costituisce reato” come ha sentenziato il giudice monocratico Roberto Ranazzi che era stato investito della questione. Il tutto dovrebbe finire qui, salvo che ci potrà essere un’impugnazione da parte dei Pubblici ministeri e quindi un Appello. Ma allo stato la Raggi è innocente. Cosa scrive invece Alessandro Sallusti direttore de Il Giornale? “Il problema della Raggi –come del resto quelle (sic) della sua collega Appendino sindaca di Torino- non sono eventuali reati ma l’assoluta e conclamata incapacità a governare che nessuna assoluzione potrà mai mitigare”. Cioè Sallusti s’inventa una sorta di ‘Tribunale del popolo’ che è proprio l’espressione di quel giacobinismo di cui Sallusti, e tutti i Sallusti del nostro paese, ha sempre accusato Il Fatto. Che l’incapacità della Raggi a governare sia “conclamata” se lo inventa Sallusti. Raggi è stata eletta sindaco con consultazioni democratiche e finché non verrà sfiduciata dal Consiglio comunale vorrà dire che avrà la fiducia dei romani o perlomeno della maggioranza di essi.
Lo stesso discorso vale per il sindaco di Torino Chiara Appendino. Venticinquemila persone sono scese in piazza contro la decisione di Appendino, in rappresentanza del proprio Comune, di dire no alla Tav. Che cosa rappresentano 25 mila persone di fronte alle 202.754 preferenze che Appendino a preso nelle ultime consultazioni comunali? Se valgono ancora le regole democratiche la maggioranza ha il diritto, e oserei dire il dovere, di prevalere su una minoranza che pur manifesta legittimamente il suo dissenso, come altrettanto legittimamente i molto più numerosi abitanti della Val di Susa manifestano il loro dissenso alla Tav. Ma anche qui Sallusti si crea a suo uso e consumo un giacobino ‘Tribunale del popolo’ che dovrebbe prevalere sulla maggioranza dei cittadini di Torino. Diceva un mio amico, Adolfo Levi, grande pokerista: “Io gioco contro tutti tranne che contro la sfiga”. Io ho trasformato questo broccardo in “io mi batto contro tutti tranne che contro coloro che sono in malafede” e che giocano l’eterno e sfibrante gioco delle ‘tre tavolette’ un tempo in voga in via Pré a Genova.
P.S. per Vittorio Feltri.
Calmati Vittorio. Non dare in scalmane come una donna all’inizio della menopausa e non darmi cotanta importanza. Io ho solo scritto che mi pareva sorprendente che Mattia Feltri, senza portare motivazione alcuna, desse dell’”orango” e del “bifolco” ad Alfonso Bonafede che, almeno in linea teorica, di diritto ne dovrebbe sapere più di lui. Ma ovviamente ognuno può dire ciò che vuole e ingiuriare chi vuole come fai tu nei miei confronti per tutto un lungo articolo su Libero dell’11 novembre. A me invece spiace che tu, da grande direttore quale sei stato, ti sia ridotto a essere la macchietta di te stesso, non so se senza rendertene conto o invece per rimanere comunque presente su un proscenio che ormai ti sfugge. Ma così va la vita e bisognerebbe accettarla: un giorno corre il cane, un giorno corre la lepre. Bye, bye.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 13 novembre 2018