Barack Obama, molto ascoltato negli Stati Uniti non solo su temi politici ma anche sociologici, quest’anno ha consigliato di leggere il libro di Richard Reeves che mette il dito sulla piaga delle attuali difficoltà del genere, un tempo si sarebbe detto sesso, maschile.
Oggi l’uomo è spaventato dall’aggressività della donna. Può essere d’esempio, per quel che vale, un’esperienza personale. Quando lavoravo in Pirelli c’era una grafica svizzera, molto carina, una specie di Michelle Hunziker, che mi faceva un filo troppo sfacciato. Io me la diedi a gambe (oggi, naturalmente, me ne pento). Del resto mi sono sempre comportato così, devo essere io, almeno formalmente, a condurre l’eterno e incantevole gioco della seduzione, non lei. Con questo modo di pensare, dirà qualcuno, non sarai mai andato a buca. Ma non è stato esattamente così.
Che l’uomo abbia difficoltà ad affrontare questa aggressività, tenuta a bada per secoli col patriarcato, è dimostrato dal grande aumento dell’omosessualità maschile. In buona parte si tratta di una omosessualità “di ritorno” nel senso che non sono uomini che amano altri uomini ma che si rifugiano nel ben più rassicurante mondo maschile dove non c’è l’obbligo di farselo venir duro né ‘l’ansia da prestazione’ (“la prima sera devi dimostrare che solo tu sai far l’amore”, Tutto il resto è noia, 1977, Franco Califano). C’è anche un aumento del lesbismo che però è più nascosto come più nascosta e segreta è la sessualità delle donne così come il loro sesso nascosto fra le gambe.
La principale difficoltà dell’uomo è di essere dalla parte più debole, quella della domanda, per motivi antropologici diventati poi culturali. E’ l’uomo che deve fare le prime avances. Perché spetta all’uomo le la prima mossa? Perché, per quanto noi si millanti, l’uomo non è sempre pronto per l’amplesso. Non lo è nemmeno la donna ma la défaillance dell’uomo non solo è più visibile, è decisiva perché impedisce la penetrazione che è la normale conclusione di un rapporto sessuale.
Che ci sia uno spirito di revanche del maschile nei confronti del femminile è dimostrato dall’aumento degli stupri. Che bisogno c’è di stuprare una donna in un’epoca in cui i rapporti sessuali sono liberi? In realtà non si stupra ‘quella’ donna ma annientandola si annienta in lei l’intero genere femminile (“l’eterno odio fra i sessi”, Nietzsche) cercando di mascherare, come scrive D.H. Lawrence ne La verga di Aronne il dogma della “sacra superiorità della donna” perché è lei che dà la vita, mentre il maschio è solo un fuco transeunte, destinato, portato ad altezze vertiginose dalla sessualità di lei, a precipitare (tema assai ben sviluppato nel film Babygirl dalla regista olandese Halina Reijn presentato alla Biennale di Venezia, interprete Nicole Kidman, purtroppo vedibile nelle nostre sale solo da Natale). Questo è il tema di fondo del mio Di[zion]ario Erotico che ebbe, a suo tempo, l’anatema delle femministe e delle cesse, spesso coincidono, del Manifesto ma fu apprezzato dalle donne carine e intelligenti, anche queste in genere coincidono, che hanno capito che il mio libro è un’apologia della donna, in quanto è, antropologicamente, la protagonista della vita. Perché è lei che dà la vita.
A complicare i già difficili rapporti fra i due sessi è poi arrivato MeToo. Il principio era, e rimane giusto perché nelle realtà aziendali si subornano le dipendenti, in particolare le segretarie, per ottenere favori, chiamiamoli così, sessuali. Diversa però mi pare la faccenda nel mondo dello star system. Sono molti gli artisti rovinati per aver tenuto nei confronti delle loro colleghe comportamenti “inappropriati” (che cosa sia poi “inappropriato”, essendo il discrimine molto sottile, è cosa molto difficile da dirimere). Si cominciò nel 2018 con Daniele Gatti, che era direttore d’orchestra del Concertgebouw di Amsterdam, e fu rimosso perché accusato di “comportamenti inappropriati” da due soprano. Si è proseguito con lo spagnolo Luis Rubiales colpevole di aver dato un bacio a una sua calciatrice che, con la sua squadra, aveva appena vinto il Mondiale. Poi abbiamo avuto i casi di Depardieu, di Placido Domingo, di Brizzi e innumerevoli altri. Lasciano particolarmente perplessi le accuse di attrici ai propri registi per fatti di venti o trenta anni fa. Cioè, tu prima hai accettato per fini di carriera i comportamenti del regista e poi a vent’anni dai fatti, per recuperare in un momento di stanca una visibilità perduta, approfittando appunto del MeToo, lo accusi. E poi come si fa a documentare un “comportamento inappropriato” di trenta anni fa?
Quando corteggi una donna un comportamento intrusivo nella sfera personale di lei, poniamo una carezza sui capelli, lo devi pur fare per farle capire che ti piace. Ma basta la sola presenza della donna, in certe circostanze, a suscitare inquietudine. Un grande banchiere americano ha affermato che non sale più su un ascensore se c’è una donna sola. In ottanta piani chissà cosa può succedere… Negli Stati Uniti prima dell’amplesso i due firmano una carta in cui dichiarano che la cosa è consensuale e chiariscono i limiti cui si vogliono spingere. Cosa che toglie ogni aura romantica all’incontro. L’inosservanza di queste regole è costata quattro anni di galera a Popi Saracino e sei anni a Mike Tyson. Che cosa poteva fare il poveraccio con la ragazza stesa sul letto davanti a lui a gambe aperte? Ted Kennedy lasciò annegare a Chappaquiddick una ragazza che era finita in acqua perché lui, Ted, aveva sbagliato la manovra. Cosa fece Ted Kennedy? Virilmente se la squagliò, denunciando l’accaduto solo dieci ore dopo, quando non c’era più nulla da fare. Ma non ebbe nessuna condanna. Così van le cose negli States.
In teoria oggi non si potrebbe più corteggiare una ragazza. Ci sono molti lettori e lettrici che vogliono incontrarmi (oggi, per la verità, lettrici molto meno) i ragazzi li vedo a casa mia le ragazze in un bar. Basterebbe che lei dicesse “c’ha provato” per rovinarmi la reputazione.
3 Settembre 2024, Il Fatto Quotidiano