La notizia, in sè, non è di quelle che dovrebbero fare particolare rumore da noi, visto che il fatto è avvenuto in un'altro Paese. Uli Hoeness, a suo tempo grande calciatore, divenuto in seguito prestigioso e ricchissimo presidente del Bayern contribuendo a portare quella società ai più alti livelli europei, condannato a tre anni di carcere per una frode fiscale di 27,2 milioni, non solo si è immediatamente dimesso da tutte le sue cariche ma ha rinunciato a interporre appello, cosa che gli avrebbe consentito di guadagnare tempo. «Ho sbagliato ed è giusto che paghi» ha dichiarato «Accetto le conseguenze dei miei errori, in linea con la mia idea di decenza, comportamento e responsabilità personale». La notizia è stata ripresa con grande rilievo in Italia perchè è venuto istintivo un paragone col comportamento di Berlusconi. Uno che non accetta le sentenze dei Tribunali del suo Paese, di cui è stato presidente del Consiglio e quindi rappresentante, nemmeno quando sono definitive, che non ne accetta le inevitabili conseguenze, che non accetta 'l'affido ai servizi sociali' pur essendo stato lui stesso a chiederli, che ha preteso fino a ieri di candidarsi alle elezioni europee non solo contro le leggi italiane e UE, ma contro la più elementare decenza. Che in passato ha sfasciato il Codice penale, a suo uso e consumo, depenalizzando reati di cui era accusato come il falso in bilancio (negli Stati Uniti si prendono fino a 28 anni), dimezzando i termini della prescrizione proprio mentre i tempi dei processi si allungavano, così ha potuto usufruire di otto prescrizioni ma intanto dal carcere sono usciti migliaia di delinquenti, che ha corrotto un magistrato, il giudice Metta, perchè aggiustasse a suo favore il 'lodo Mondadori', ma è riuscito a venirne fuori indenne, sempre per prescrizione, poichè la Cassazione ha riconosciuto a lui, il mandante, le 'attenuanti generiche' (motivo: nel frattempo era diventato presidente del Consiglio- a parer mio avrebbe dovuto essere un'aggravante), 'attenuanti' che non ha riconosciuto a Previti che era semplicemente l'esecutore materiale della corruzione, non il diretto interessato, che ha corrotto un testimone in giudizio, l'avvocato Mills che infatti è stato condannato per essersi fatto corrompere dal Cavaliere ma ne è uscito anche qui grazie alle incongruenze delle nostre leggi, che da decenni delegittima la Magistratura del suo Paese (pardon del «mio Paese») definendola, anche all'estero, «il cancro della democrazia». Insomma Berlusconi, a differenza di Hoeness, non ha mai accettato la responsabilità dei suoi atti, l'ha sempre negata.
Ma la questione va al di là di questi due personaggi. Ha scritto Peter Schneider, importante opinionista tedesco: «In Germania la gente è unita da un certo senso della responsabilità verso la legge e l'interesse collettivo». Qui sta il punto. Noi abbiamo espresso grandissime individualità, soprattutto nelle arti figurative e in letteratura, ma non siamo mai stati un popolo. Siamo un mostruoso incrocio fra l'Italia del Guicciardini (l'interesse per il proprio 'particulare' a scapito degli altri) e quella di Macchiavelli (ogni mezzo, anche illegale, è buono per raggiungere i propri fini).
Il buon Renzi ha donato alla Merkel la maglia di Mario Gomez, centravanti della Fiorentina e della nazionale tedesca. D'Alema ha regalato a Renzi la maglia di Totti. Una sola cosa ci unisce: la calciofilia.
Massimo Fini
Il Gazzettino, 21 marzo 2014
La vicenda che più si avvicina a quanto sta accadendo in Crimea è quella del Kosovo, come qualcuno ha notato finalmente anche in Italia (Riccardo Pelliccetti, Il Giornale, 12/3). In Kosovo gli albanesi, divenuti maggioranza negli ultimi decenni, reclamavano la secessione dalla Serbia. Gli indipendentisti, foraggiati e armati dagli americani, facevano guerriglia e anche uso di terrorismo, l'esercito serbo e le milizie paramilitari ('le tigri di Arkan') rispondevano con durezza. C'erano due ragioni a confronto: quella degli indipendentisti albanesi e quella della Serbia a conservare l'integrità dei propri confini. Gli americani decisero che le ragioni stavano solo dalla parte degli indipendentisti e per 72 giorni bombardarono una grande città europea, Belgrado, capitale di un Paese, la Serbia, che, fra le altre cose, aveva il grave torto di essere rimasto l'unico paracomunista in Europa. I morti sono stati 13 mila, 5500 sotto le bombe il resto negli scontri che ci furono in Kosovo fra albanesi e serbi.
Nel 2008 gli albanesi proclamarono unilateralmente l'indipendenza che non è da tutti riconosciuta giuridicamente ma lo è di fatto. Nel frattempo in Kosovo si è realizzata la più grande 'pulizia etnica' dei Balcani, dei 360 mila serbi che ci vivevano ne sono rimasti 60 mila.
Fra la vicenda della Crimea e quella kosovara ci sono però alcune differenze. Il Kosovo, considerato 'la culla della patria serba', appartiene da secoli, storicamente e giuridicamente, alla Serbia, la Crimea fa parte dell'Ucraina solo da qualche decennio, gentile regalo di Kruscev all'interno della Federazione sovietica. La Crimea, abitata in maggioranza da russi o da russofoni, confina con la Russia. L'America, con tutta evidenza, non confina col Kosovo, sta a diecimila chilometri di distanza. Il democratico Bill Clinton per spiegare ai suoi connazionali le ragioni dell'intervento dovette prendere una carta geografica e indicare dove mai fosse questo Kosovo di cui gli americani ignoravano l'esistenza. L'aggressione americana alla Serbia non aveva alcuna giustificazione, nè materiale nè, tantomeno, giuridica e infatti l'Onu non l'avallò.
Insomma pare difficile sostenere che la violazione della sovranità dell'Ucraina è «illegittima», mentre quella della Serbia, che aveva molte meno giustificazioni, anzi nessuna, invece non lo è.
Gli americani hanno anche sostenuto che il referendum sull'indipendenza della Crimea «viola la Costituzione dell'Ucraina». Ma spetterà o no agli ucraini decidere se un referendum all'interno del proprio Paese viola o no la loro Costituzione? O spetta agli americani?
Intanto mentre gli F-35 e gli Awacs della Nato volano minacciosi per i cieli dell'Europa dell'Est, il Corriere si chiede, comicamente, se per caso «non sia cambiata la sua natura». Il Patto Atlantico nasce come mutuo soccorso ogni volta che sia «minacciata l'integrità territoriale, l'indipendenza politica o la sicurezza» di uno dei Paesi membri. Era quindi un Patto difensivo, ma è da quel dì che, violando il suo stesso statuto, si è trasformato in offensivo. Minacciava forse qualche Paese della Nato la Serbia di Milosevic? O l'Iraq di Saddam? O la Libia di Gheddafi? La Nato è diventata semplicemente «il poliziotto del mondo». Chi gliene abbia dato la patente non si sa.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 15 marzo 2014
La Lega e il 5Stelle sono i due soli movimenti antisistema nati in Italia nell'ultimo quarto di secolo. Fra la Lega delle origini e il movimento di Grillo ci sono parecchie affinità: la lotta alla partitocrazia, alla lottizzazione, all'occupazione arbitraria della Rai, alla corruzione, la riscoperta dell'identità e delle radici. Non stupisce quindi che Grillo abbia riesumato l'antica idea Bossi-Miglio delle macroregioni. L'ipotesi Bossi-Miglio, assolutamente ragionevole, perchè una grande area, omogenea per economia, socialità, storia, costume, tradizioni, clima, ha tutto l'interesse, che non è solo economico, a svilupparsi, o anche a non svilupparsi, secondo le sue vocazioni più profonde, fu ferocemente avverstata dai partiti («le tre Repubblichette») che capivano benissimo che le macroregioni avrebbero tolto loro una buona fetta di potere. E del resto la Lega non fece quasi nulla per far capire alla gente del Sud che se il Meridione era diventato un peso economicamente non più sostenibile per il resto del Paese, d'altro canto l'unità d'Italia, guardata nel corso del suo secolo e mezzo di vita, aveva danneggiato il Sud molto più del Nord che lo aveva colonizzato col suo devastante e totalmente deficitario industrialismo ('le cattedrali nel deserto') , espropriandolo anche, ai propri fini, delle sue energie migliori e più sane costrette a salire a Milano, a Torino, a Genova. L'ipotesi Bossi-Miglio si è così trasformata, tanto per dare un contentino alla Lega, nell'ipotesi di un federalismo spalmato su una ventina di Regioni che non solo non ha alcun senso ma è dannoso. Perchè una macroregione può fare programmi di un certo respiro una piccola, poniamo l'Umbria o il Molise, da sola non va da nessuna parte. E questo federalismo è dannoso perchè costa più di quanto non risparmi.
Oggi però la partitocrazia, dopo vent'anni di scandali igniominiosi e di un'altrettanto ignominiosa inefficenza, con un'astensione alle stelle, un governo tenuto su con lo sputo, è molto più debole di allora. E' quindi possibile che quello che non è riuscito a Bossi riesca a Grillo.
Però Grillo, come il Matteo Salvini che ne ha accolto con favore quella che, al solito, viene chiamata una 'provocazione', ma provocazione non è, è un'idea, un progetto, c'è una contraddizione. Bossi e Miglio guardavano lontano. Ad un'Europa politicamente unita dove i punti di riferimento periferici non sarebbero stati gli Stati nazionali, che sarebbero scomparsi, ma, appunto, le macroregioni. Ora, sia Grillo sia, più moderatamente, Salvini, sono antieuropeisti. Invece un'Europa politicamente unita è essenziale anche per il progetto delle macroregioni. Sullo stesso blog di Grillo c'è chi lo ha contestato: «Mentre tutti si aprono e i confini diventano interplanetari, il grande pioniere della democrazia e della società del futuro vuole tornare indietro». E' così. Grillo è un antimodernista, sia pur un po' confusionario. Ciò che, oggi, ci sta strangolando tutti è proprio la 'globalizzazione interplanetaria' più di quanto farebbe un'Europa, secondo la mia formula, «unita, neutrale, armata, nucleare ed economicamente autarchica» che ci porrebbe perlomeno al riparo dagli effetti più devastanti, anche sul piano umano, della globalizzazione. Una società del futuro non può che essere un ritorno, sia pur graduale, limitato e ragionato, al passato. L'Italia migliore, in economia, nelle arti figurative, in letteratura, è stata quella dei Comuni, delle Repubbliche marinare, dei Ducati e dei Granducati. Sulla storia dell'Italia unitaria, ha ragione Grillo, è meglio stendere un velo pietoso.
Massimo Fini
Il Gazzettino, 14 marzo 2014