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Secondo uno studio frutto dell’indagine di 180 ricercatori, in Italia diminuisce per la prima volta l’aspettativa di vita che attualmente è di 78 anni per gli uomini e di 82 e spiccioli per le donne.

Io sono da sempre convinto che la generazione che è nata intorno agli anni Sessanta e ancor più quelle successive abbasseranno la media della lunghezza della vita. Com’è possibile con gli straordinari progressi della medicina che è capace di allungare esistenze (anche se spesso la qualità di queste vite è vicino allo zero) ben aldilà del limite naturale contro il quale si sarebbero infrante? In Italia noi abbiamo avuto e abbiamo straordinari vecchi che hanno vissuto fino a novant’anni, come Dario Fo, Umberto Veronesi, Margherita Hack o addirittura fino a 102 come Rita Levi Montalcini o 106 come l’ancora vivissimo Gillo Dorfles. Per citare solo alcuni di quelli famosi. E di vecchi di questo genere, lucidi e in discreta salute, ce ne sono in giro parecchi. Ma sono tutti uomini e donne forgiati, fisicamente e moralmente, dalla guerra. Chiunque abbia conosciuto e frequentato persone di quelle antiche generazioni avrà notato la saldezza di nervi con cui affrontano i problemi. Non si mettono a fare il ponte isterico per qualsiasi sciocchezza come i giovani di oggi.

Quelli che erano bambini nell’immediato dopoguerra non hanno dovuto fare i conti con l’inquinamento industriale e le polveri sottili emesse dai tubi di scarico delle macchine. Io nei primi Cinquanta abitavo in una via periferica di Milano, via Washington, una strada molto larga. Mettevamo le cartelle a fare da pali e quando passava una macchina ci scansavamo (anche se il problema era sempre lo stesso: il tiro era troppo alto o era il portiere a essere troppo piccolo?). Milano allora era una città di tram più che di automobili. Un dossier dell’Agenzia della UE ha calcolato che in Europa lo smog è causa di 467 mila morti ‘premature’ l’anno.

Nei Cinquanta si mangiava poco, si tirava la cinghia. L’obeso era un’assoluta eccezione. Osservate, se volete, i funerali di Fausto Coppi nel 1960. La folla accorsa ad onorare in silenzio il suo campione, vestita modestamente ma dignitosa, ha volti asciugati e persin belli nella loro asciuttezza. Eppoi quando l’auto era ancora privilegio di pochi se non si prendeva il tram o il filobus si andava di bici o a piedi. E tutti i giochi, a qualsiasi età, erano quasi sempre giochi di movimento. Il ‘personal trainer’ non era stato ancora inventato.

Si mangiava poco ma si mangiava sano. Oggi i vitelli, le mucche, i polli, stabulati, sotto le luci dei riflettori 24 ore su 24 perché crescano più in fretta, sviluppano le malattie degli umani: pressione alta, scompensi cardiocircolatori, infarto, diabete, depressione. E mangiar carni di un animale malato ci fa ammalare.

I ‘baby boomers’ sono cresciuti nella bambagia. Vaccinati praticamente su tutto. Ma basta che si affacci un bacillo o un virus nuovo e sconosciuto che van subito kappaò. Facciamo un esempio modesto. Quest’inverno c’è stata un’influenza nuova e particolarmente pesante. Tutti i miei amici giovani se la sono beccata, quelli vecchi no. Probabilmente vivendo nella loro infanzia nella sporcizia e senza tante precauzioni si sono, come dire, autovaccinati.

La droga falcia migliaia di giovani vite l’anno.

C’è poi un fenomeno parzialmente nuovo e inquietante che riguarda soprattutto i lavori impiegatizi e manageriali: le morti per ‘eccesso di lavoro’ che i giapponesi, che l’hanno studiato, chiamano karoshi. In una società sempre più competitiva, globalizzata, dove le aziende si fanno una lotta feroce, chi lavora è costretto a dare sempre il massimo e qualcuno finisce per lasciarci la pelle. I ‘furbetti del cartellino’, l’ho già scritto, non hanno poi tutti i torti anche se a spese altrui: “primum vivere deinde laborare” (Che del resto in latino vuol dire ‘soffrire’ e San Paolo chiama il lavoro “quello spiacevole sudore della fronte”). E’ solo con l’Illuminismo, con i suoi derivati sia capitalisti che marxisti – Stachanov è un eroe dell’Unione Sovietica- che il lavoro diventa un valore, prima lo era il tempo, l’’otium’.

In epoca moderna, fino a non molto tempo fa, in famiglia lavorava uno solo: l’uomo. Non voglio con questo sminuire il mestiere della casalinga che insieme a tante altre cose ha il compito di accudire i figli e anche quello stronzo del marito. Ma certo è un lavoro meno stressante e un po’ più appagante che stare alla catena di montaggio o fare la cassiera di un supermarket. E così molte donne che lavorano cominciano ad avere patologie, come l’infarto, che una volta erano una sinistra prerogativa maschile. Peraltro molte di loro fanno un doppio lavoro: quello propriamente detto e quello in casa.

C’è un’unica categoria che riesce a sfuggire alla falce della Nobile Signora per delle eternità: sono i politici. Bella forza: non hanno fatto una sola ora di lavoro in vita loro.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 2 febbraio 2017

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Paolo Guzzanti è talmente fazioso che riesce ad aver torto anche quando ha ragione. In un articolo sul Giornale del 20 gennaio afferma che Donald Trump è stato (come lo è tuttora) linciato dalla sinistra radical chic, sia americana che italiana, e che questo ‘vizietto’ della demonizzazione dell’avversario è tipico di questa stessa sinistra. Tutto vero.

Poiché noi non siamo stati dei demonizzatori di Trump ma al contrario abbiamo scritto prima che fosse eletto che c’erano molte buone ragioni per preferirlo ad Hillary Clinton (Addio Impero, finalmente) abbiamo, a questo proposito, la coscienza tranquilla. Il fatto è che l’articolo di Guzzanti, scritto in forma di lettera, rivela subito che la difesa di Trump non è che un pretesto per stabilire un parallelo con Silvio Berlusconi e che quindi la difesa del nuovo presidente degli Stati Uniti altro non è che una difesa postuma dell’ex Cavaliere.

Non è possibile instaurare alcun parallelo, come invece fa Guzzanti, fra questi due personaggi. La sola cosa che gli unisce è che sono due imprenditori che a un certo momento della loro esistenza hanno deciso di entrare in politica. Guzzanti scrive che Berlusconi ha avuto sempre tutti i media ostili. Ora, Berlusconi è stato, ed è, proprietario di tre network televisivi, di un quotidiano, e nei periodi in cui è stato al governo aveva le mani su Rai Uno e Rai Due, ma in questo non diversamente da qualsiasi Presidente del Consiglio italiano (a questo proposito mi ricordo una bella copertina dell’Espresso, quando era ancora l’Espresso e non un giornale samizdat, all’epoca in cui imperava Craxi di cui Guzzanti fu ed è un grande estimatore e rivalutatore, nella quale si vedevano due belle ragazze appoggiate a due televisori, e che recitava così: “Caro Craxi siamo tue, Tiggiuno e Tiggidue”). Affermare, come fa Guzzanti, che Canale Cinque, Italia Uno, Rete 4 fossero “politicamente neutrali perché vendono pubblicità per tutti gli acquirenti” è semplicemente risibile. Ohé Guzzanti, siamo ancora vivi e tutti ricordiamo quanto “politicamente neutrali” fossero quelle Reti. Trump non ha né una Tv né un giornale.

Berlusconi è stato condannato per gravissimi reati, fra cui la corruzione di magistrati, in primo e in secondo grado, salvato più volte dalla prescrizione (ma almeno in due casi la Cassazione accertò che quei reati erano stati effettivamente commessi) definito “delinquente naturale” e infine condannato in via definitiva a quattro anni di detenzione per frode fiscale anche se ne scontò solo uno con quel ridicolo ‘affidamento ai servizi sociali’ che tutti ricordiamo. La fedina penale di Donald Trump è pulita.

Guzzanti sottolinea come la sinistra abbia il ‘vizietto’ di bollare come volgari e ineleganti i suoi avversari. Vero. Ma dimentica che lo stesso trattamento è stato riservato a Umberto Bossi e Antonio Di Pietro e non mi risulta affatto che Guzzanti ne abbia preso le difese, al contrario, soprattutto con Di Pietro, è stato uno dei protagonisti di quei crucifige.

Guzzanti scrive che la sinistra ha un autentico “orrore per il nuovo”. Vero. Ma si dimentica che questo “orrore” è stato riservato anche alla Lega e oggi colpisce in modo violento, cui Guzzanti partecipa, Beppe Grillo e tutti i rappresentanti dei Cinque Stelle.

Ecco perché Paolo Guzzanti anche quando ha ragione finisce per mettersi dalla parte del torto.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 24 gennaio 2017

 

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Sapete qual è la novità? I veri fascisti, antropologicamente parlando, sono i democratici. Il Pd ha chiesto al Tribunale Civile di Roma l’ineleggibilità di Virginia Raggi per aver firmato il codice di regolamento interno dei 5 Stelle. Ricorso risibile che il Tribunale ha puntualmente e ovviamente respinto. I partiti, come ci sgoliamo a ripetere, e ci fa piacere che Marco Travaglio abbia assunto con decisione questa posizione che parte dalla lettura della Costituzione (art.49), sono delle associazioni private i cui regolamenti interni non hanno alcuna rilevanza pubblica. Se si assumesse una posizione opposta ogni partito potrebbe dichiarare illegittimo qualsiasi altro. L’ipergarantista Giuliano Ferrara ha scritto: “Chiamate i carabinieri. In un Paese serio sarebbe già in campo un’iniziativa legale per lo scioglimento di un movimento reazionario come quello di Grillo”. Cerasa ha aggiunto che bisogna “sciogliere il M5S”. Se un partito è reazionario o no è una questione politica e non giuridica. Se il M5S è un partito reazionario, ammesso e niente affatto concesso che lo sia, sono fatti suoi, di chi vi aderisce e di chi lo vota.

Questa storia in Italia si ripete. Il MSI, che rappresentava cinque milioni di italiani, fu tenuto fuori per anni dall’agibilità politica con la truffa dell’’arco costituzionale’, favorendo così tra l’altro la nascita alla sua destra di movimenti realmente eversivi non per le loro idee (ogni idea in democrazia dovrebbe essere legittima, a meno che la democrazia stessa non voglia trasformarsi in un regime totalitario o confessionale) ma perché le voleva far valere con la violenza che essa sì è inaccettabile. Per restare a tempi più recenti anche la prima Lega di Bossi e di Gianfranco Miglio, che era un giurista di primissimo ordine, fu accusata di essere un movimento ‘eversivo’ così come ‘eversivo’ è il movimento di Grillo almeno stando alle parole di Sabino Cassese. Anzi nel caso della Lega dalle parole si passò ai fatti e per la prima volta nella storia della Repubblica italiana la Digos fece irruzione nella sede di un partito politico (i meno giovani ricorderanno, forse, l’immagine di Bossi che sostiene la testa di Roberto Maroni manganellato a sangue). Insomma ogni volta che in Italia compare qualcosa di nuovo che non piace a lorsignori gli ipergarantisti democratici invocano le manette.

Ma la questione non è solo italiana. Donald Trump è stato eletto Presidente degli Stati Uniti d’America secondo le leggi che vigono in quel Paese. Ma sul Corriere della Sera Beppe Severgnini, che interpreta al peggio una certa visione americana della democrazia, concepita in modo che le lobbies e le grandi organizzazioni economiche e finanziarie abbiano sempre la meglio sulla popolazione, afferma, sia pur contorcendosi come un acrobata da strada, perché non può non rendersi conto della contraddizione, che Donald Trump è inaccettabile. Io non so se Trump sia accettabile o no politicamente, so che è il legittimo Presidente degli Stati Uniti.

Si ripete qui, incredibilmente perché siamo nel democratico Occidente, quella concezione totalitaria della democrazia che gli stessi occidentali hanno utilizzato, con le armi, in Paesi ‘altri’. Nel 1991 il FIS (Fronte Islamico di Salvezza) vinse a grande maggioranza le prime elezioni libere in Algeria dopo decenni di dittatura di generali tagliagole. Ma i democratici occidentali appoggiarono immediatamente il colpo di Stato di quelli stessi generali. E fu guerra civile per vent’anni. Nel 2012 i Fratelli Musulmani vinsero le prime elezioni libere in Egitto. Ma immediatamente gli occidentali appoggiarono il golpe del generale Abd al-Fattah al-Sisi e il democraticissimo Matteo Renzi si spinse a definire questo massacratore “un grande statista”.

Insomma per certi democratici, che ci si vergogna a chiamar tali, la democrazia vale quando vincono loro, non vale più se vincono gli altri.

In Italia è molto difficile che il Movimento Cinque Stelle venga espulso ‘manu militari’ ma stando alle dichiarazioni di Giuliano Ferrara, di Sabino Cassese e di altri ‘democratici’ e alla violenza antileghista della polizia nei primi anni Novanta, non è escluso che questo possa avvenire. E allora sarebbe guerra civile. Come in Algeria. Come in Egitto.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 20 gennaio 2017